Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38149 del 18/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 38149 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO TOMMASO N. IL 22/08/1957
DI ROCCO ANTONIO N. IL 20/01/1975
DI ROCCO ANGELO N. IL 20/07/1976
avverso la sentenza n. 3371/2011 CORTE APPELLO di ANCONA, del
26/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 0)-}-R9Y1– L L&oQ99AAA,„e

che ha concluso per

Udito, per la pa civile, l’Avv
Uditi difen •r Avv.

Data Udienza: 18/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di appello di Ancona confermava la condanna di Di Rocco Antonio, Russo Tommaso
e Di Rocco Angelo per i reati di falso e truffa. Si contestava agli imputati Di Rocco Antonio e
Russo Tommaso di avere presentato una falsa denuncia di infortunio all’Inali lucrando la
relativa indennità ed all’imputato Di Rocco Angelo di avere procurato a Di Rocco Antonio
lesioni giudicate guaribili in 30 giorni.

Russo Tommaso che, con due distinti ricorsi, deduceva:
2.1. violazione dell’art. 350 comma 7 cod. proc. pen e correlato vizio di motivazione.
Si deduceva l’inutilizzabilità della testimonianza del maresciallo Cusati laddove riferiva in
dibattimento delle dichiarazioni spontanee rese dall’imputato Russo alla polizia giudiziaria.
Tale parte di testimonianza sarebbe stata illegittimamente utilizzata in dibattimento in
violazione dell’art. 350 comma 7 cod. proc. pen.
2.2. Violazione dell’art. 62 cod. proc. pen. Si deduceva la inutilizzabilità delle dichiarazioni
rese dall’imputato Di Rocco alla volontaria dell’ambulanza (e da questa riversate nel processo)
in quanto le stesse non erano state assunte con le garanzie previste dall’art. 62 cod. proc.
pen.
2.3. Violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione. Si censurava la
mancata valorizzazione delle dichiarazioni del teste Ciocoi Mihai che aveva assistito ai fatti.

3. Ricorreva per cassazione di Di Rocco Angelo, personalmente, che deduceva:
vizio di motivazione. Violazione degli art. 195, 197 bis e 210 cod. proc. pen. Omesso esame
delle deduzioni proposte con l’atto di appello.
3.1. Si deduceva che il referto medico posto alla base dell’accertamento di responsabilità
per il reato di lesioni conteneva non una confessione stragiudiziale, ma delle dichiarazioni de
relato, che non erano state valute nel rispetto delle regole processuali che ne governano
l’utilizzo.
3.2. La testimonianza della teste Buscarini presente sull’ambulanza al momento del soccorso
prestato a Di Rocco Antonio, nella parte in cui si riferiva alle dichiarazioni dell’imputato aveva
la struttura della testimonianza de relato, sicchè doveva essere assunto il teste diretto,
ovvero il Di Rocco Antonio, imputato di reato connesso;
3.3. Si deduceva inoltre

travisamento della prova in quanto il Di Rocco Antonio,

contrariamente a quanto riportato in sentenza, non attribuiva con sicurezza la frattura della
mandibola all’azione aggressiva del fratello Angelo.
3.3. Si deduceva, infine,

la illogicità della motivazione relativa all’attendibilità della

testimonianza del maresciallo Cusati e la mancata motivazione in ordine alla richiesta di
rivalutazione della testimonianza dell’unico teste oculare.
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2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di Di Rocco Antonio e

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso presentato nell’interesse di

è

Di Rocco Antonio e Russo Tommaso

manifestamente infondato.
1.1. Circa Ale censure che si dirigono sulla illegittimità dell’utilizzazione della testimonianza
del teste di polizia giudiziaria (che, nella prospettiva difensiva sarebbe stata resa in violazione
dell’art. 195 cod. proc. pen., con conseguente inutilizzabilità dei relativi contenuti), si

l’accertamento di responsabilità non si fonda su dichiarazioni

de relato, ma solo su contenuti

dichiarativi derivanti da percezione diretta. Segnatamente: il Cusati, come indicato nella
sentenza di primo grado e ribadito nella pronuncia di appello, riferiva dell’intervento
effettuato presso l’abitazione del Di Rocco in seguito alla segnalazione di una lite, riversando
in dibattimento i dati relativi a tale intervento. Si tratta, all’evidenza, di una testimonianza che
non involge alcun contenuto dichiarativo percepito, ma solo dati rilevati attraverso
l’osservazione diretta.
Il divieto di testimonianza indiretta riguarda infatti solo le dichiarazioni di persone che
avrebbero potuto essere assunte come testimoni, ma non si estende ai dati di fatto percepiti
direttamente; e nei “dati percepiti direttamente” devono essere sicuramente inclusi gli stati
emotivi delle persone osservate dal testimone di polizia giudiziaria durante le fasi
dell’intervento del quale riferisce.
1.2. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso che deduce l’inutilizzabilità della
testimonianza della volontaria della autoambulanza nella parte in cui riferisce delle
dichiarazioni rese dall’imputato Di Rocco Antonio nel corso del trasporto all’ospedale. Come
rilevato dai giudici di merito si tratta di dichiarazioni rese prima dell’apertura del procedimento,
che non devono rispettare lo statuto processuale della prova dichiarativa che viene “attivato”
solo con l’apertura del procedimento. Nel caso di specie, le dichiarazioni rese durante il
trasporto dell’imputato in ambulanza hanno natura di confessione stragiudiziale, in quanto
non vi erano, nel momento in cui venivano rese, elementi idonei a giustificare l’iscrizione
degli indagati per i fatti in relazione ai quali si è successivamente proceduto. Sul punto si
condivide la giurisprudenza secondo cui la confessione stragiudiziale dell’imputato assume
valore probatorio secondo le regole del mezzo di prova che la immette nel processo (Cass. sez.
1, n. 17240 del 02/02/2011, Rv. 249960; Cass. sez. 5, n. 38252 del 15/07/2008, Rv.
241572); nel caso di specie l’immissione nel processo delle dichiarazioni del Di Rocco
Antonio avveniva attraverso la testimonianza della volontaria della Croce Gialla, valutata
attendibile da entrambi i collegi di merito.
1.3. Inammissibile è, infine, il motivo di ricorso che invoca la inadeguata valorizzazione delle
dichiarazioni del testimone Ciocoi Mihaí. Il motivo, oltre ad essere generico in quanto non
indica il profilo motivazionale inciso dal dedotto errore di valutazione tende ad offrire alla
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condivide la valutazione effettuata dai giudici di merito che hanno rilevato come

Corte di legittimità una lettura alternativa delle emergenze processuali, notoriamente
irricevibile.
Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a
censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad
individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito,
sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come
carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in

componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
E’ noto infatti che il perimetro della giurisdizione di legittimità è limitato alla rilevazione delle
illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi specifici del percorso
argomentativo, che non possono dilatare l’area di competenza della Cassazione alla
rivalutazione dell’interno compendio indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali
per essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere
idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa. Il vizio di
motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve dunque essere diretto a
censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad
individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito,
sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come
carenza od omissione argomentatíva; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in
carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle
componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Nel caso di specie, come evidenziato in premessa, il ricorrente piuttosto che rilevare vizi
decisivi della motivazione si limitava a offrire una interpretazione degli elementi di prova
raccolti diversa da quella effettuata dai collegi di merito, in contrasto palese con le indicate
linee interpretative.

2. Anche il ricorso proposto nell’interesse di Di Rocco Angelo è inammissibile.
2.1. Con riguardo alla dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni del Di Rocco riversate nel
referto medico si rileva che le stesse (come anche le dichiarazioni rese dal Di Rocco Antonio
alla volontaria della Croce gialla) costituiscono sicuramente una confessione stragiudiziale
dei fatti di truffa e falso a lui contestati veicolate nel processo attraverso una prova
documentale; si tratta di contenuti dichiarativi marcatamente autoaccusatori ma intimamente
connessi alla consumazione delle lesioni contestate al Di Rocco Angelo. La negazione delle
lesioni se costituisce un fatto decisivo per la prova della truffa, non di mekorileva in ordine
all’accertamento di responsabilità relativo’ al reato addebitato al ricorrente (ovvero il reato
di lesioni).

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carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle

La natura extraprocedimentale delle dichiarazioni riversate dal Di Rocco Antonio nel referto
medico estrae le stesse dall’area oée della “dichiarazione processuale”; sicchè esse possono
essere utilizzate a prescindere dal rispetto dello statuto processuale della prova dichiarativa,
dovendo essere valutate in coerenza con le regole che governano l’utilizzabilità e la valutazione
della prova che in concreto le veicola nel processo. Il collegio sul punto ribadisce il
consolidato orientamento della Corte di cassazione secondo cui la confessione stragiudiziale
dell’imputato assume valore probatorio secondo le regole del mezzo di prova che la immette
nel processo (Cass. sez. 1, n. 17240 del 02/02/2011, Rv. 249960; Cass. sez. 5, n. 38252 del

Nel caso di specie le dichiarazioni del Di Rocco Antonio entravano a far parte del compendio
probatorio attraverso il referto medico, ovvero un documento il cui contenuto veniva
ritenuto veritiero (anche) nella misura in cui risultava confermato dalle dichiarazioni della
Buscarini, volontaria della Croce gialla.
2.1. Analoghe considerazioni devono essere effettuate con riguardo alla dedotta mancata
acquisizione delle dichiarazioni del Di Rocco Antonio riversate in dibattimento dalla volontaria
dell’ambulanza: si ribadisce le dichiarazioni del Di Rocco Antonio e, conseguentemente, della
testimone che le ha riversate nel processo non soggiacciono allo statuto della prova
dichiarativa, in quanto sono state rese in un momento in cui non vi erano elementi per avviare
il procedimento in relazione ai fatti che poi sono stati effettivamente contestati. Non vi è stata
dunque alcuna violazione della regola indicata dall’art. 195 cod. proc. pen.
2.3. Il ricorso è inammissibile anche nella parte in cui deduce il travisamento della prova nella
parte in cui il Di Rocco Antonio, contrariamente a quanto riportato in sentenza, non avrebbe
attribuito con sicurezza la frattura della mandibola all’azione aggressiva del fratello Angelo. Il
ricorso, sul punto, non si presenta autosufficiente in quanto pur deducendo un vizio di
travisamento non offre al collegio la fonte di prova travisata allegandola al ricorso.
Il collegio condivide sul punto l’orientamento secondo cui è inammissibile il ricorso per
cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti
specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, così da
rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze. E’ pertanto
inammissibile il ricorso, che pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro
integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, di guisa da
rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze. (Cass. sez. 2, n. 26725
del 01/03/2013 Rv. 256723, Cass. Sez. 1, ord. n.

20344 del 18/05/2006 , Rv. 234115Sez. F,

n.37368 del 13/09/2007, Rv. 237302; Cass. sez. 1, n. 16706 del 18/03/2008, Rv. 240123
Infine: anche il dedotto vizio di motivazione del compendio probatorio con specifico riguardo
alla valutazione dei contenuti dichiarativi del teste di polizia giudiziaria Cusati ed alla mancata
valorizzazione delle dichiarazioni del testimone oculare. Si tratta di un motivo che offre alla
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15/07/2008, Rv. 241572).

Corte un valutazione alternativa delle emergenze processuali senza indicare illogicità del
percorso motivazionale decisive ai fini dell’accertamento di responsabilità.

3. Alla dichiarata inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in C

P.Q.M.
Dichiara inammissibilti i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 18 giugno 2015

Il Presidente

1000,00.

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