Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38137 del 10/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38137 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TASCA ANNA MARIA N. IL 11/01/1968
avverso la sentenza n. 30/2007 GIUDICE DI PACE di BITONTO, del
27/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
O LO
che ha concluso per

R.e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

L /1

Rit”, te_3 1-1-3

Data Udienza: 10/07/2013

Ritenuto in fatto
TASCA Anna Maria ricorre avverso la sentenza del Giudice di pace di cui in epigrafe che
l’ha riconosciuta colpevole del reato di lesioni colpose conseguenti a incidente stradale

Con il ricorso si contesta che il giudice avrebbe inteso porre a fondamento della decisione
una sentenza resa nell’ambito di procedimento civile [rectius, in sede di opposizione alla
sanzione amministrativa contestata a seguito dell’incidente stradale e proposta dalla
odierna persona offesa GIOVE Giandomenico ]. Si assume l’irritualità della
determinazione, sul rilievo che la sentenza non sarebbe stata irrevocabile [mancherebbe
la relativa attestazione] e sarebbe intern un procedimento cui la medesima non
aveva partecipato, cosicché l’utilizzazione della decisione avrebbe leso il proprio diritto di
difesa.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
Emerge in effetti – dalla lettura della motivazione della sentenza- che il giudice di pace
ha inteso dichiarare utilizzabile nel giudizio gli esiti del procedimento di opposizione,
evocando a tal proposito le dichiarazioni rese in quella sede da una testimone, ritenute
rilevanti per la ricostruzione dell’incidente.
Risulta peraltro che la decisione di condanna è supportata anche, in fatto, dalla
ricostruzione dell’incidente fornita dalla persona offesa, definita attendibile, perché lineare
e non contraddittoria. Quanto poi alle lesioni si è riportata la valutazione del consulente
medico legale d’ufficio. Da tali elementi si è inteso ricostruire le modalità di verificazione
dell’incidente, il nesso eziologico tra questo e le lesioni e i profili di colpa [generici e
specifici] da addebitare all’imputata [sub specie, dell’improvvida ed irregolare manovra
di “scarto verso sinistra, mentre sopraggiungeva in fase di sorpasso il veicolo condotto
dalla persona offesa, senza opportuna previa segnalazione e apprezzamento sul
sopraggiungere, appunto, di altri veicoli].
In questa prospettiva, pur a volersi ammettere – con la ricorrente- che la sentenza resa
in sede di opposizione non fosse ancora passata in giudicato [in realtà, il ricorso non è
sul punto supportato dalla necessaria documentazione, in ossequio al principio di
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provocato alla guida del proprio veicolo.

t

autosufficienza; cfr., tra le altre, Sezione VI, 11 dicembre 2012- 14 dicembre 2012 n.
48451, PM Roma in proc. Montenero ed altro: in tema di ricorso per cassazione, in forza
della regola della “autosufficienza” del ricorso, operante anche in sede penale, è onere
del ricorrente, che lamenti l’omessa o travisata valutazione di specifici atti processuali,
provvedere alla trascrizione nel ricorso dell’integrale contenuto degli atti medesimi ovvero
alla allegazione di tali atti al ricorso ovvero, ancora, alla loro specifica indicazione, nei
limiti in cui il relativo contenuto sia ritenuto idoneo a “scardinare” l’impianto
motivazionale della decisione contestata. Ciò in quanto il giudice di legittimità non deve

essendo piuttosto onere di chi impugna e dispone dell’intero incarto processuale mettere
la Corte di legittimità in grado valutare la fondatezza della doglianza], vale, in questa
sede, la considerazione assorbente che la sentenza di condanna è in grado di superare il
vaglio di legittimità in base al principio di resistenza, siccome si regge su argomenti
ulteriori e diversi rispetto a quelli di contestata acquisizione.
Infatti, vale il principio secondo cui anche in sede di legittimità può procedersi alla
cosiddetta prova di resistenza, nel senso di valutare se gli elementi di prova acquisiti
illegittimamente – circostanza, nella specie, comunque da escludersi anche per quanto si
dirà infra

abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito,

controllando in particolare la struttura argomentativa della motivazione al fine di stabilire
se la scelta di una determinata soluzione sarebbe stata la stessa anche senza
l’utilizzazione di quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute di per sé
sufficienti a giustificare l’identico convincimento (tra le tante, Sezione V, 18 novembre
2003, Bonandrini ed altro, rv. 226972; Sezione II, 9 giugno 2011 – 30 giugno 2011, n.
25802, Pellegrino ed altro, non massimata sul punto).
Qui, risulta evidente come la decisione di condanna si sia basata anche sulla dichiarazione
della persona offesa e sugli esiti dell’incidente, e la relativa motivazione non è affetta da
carenza motivazione o illogicità manifeste: la stessa ricorrente sul punto non ne articola
alcuna, limitandosi la censura alla contestazione dell’utilizzazione della sentenza resa in
esito al giudizio di opposizione alla sanzione amministrativa.
Va comunque osservato che su tale decisione si è soffermato il contraddittorio delle parti
[l’imputata risulta avere contestato l’allegazione della sentenza nel fascicolo per il
dibattimento, avendo formalizzato eccezione su cui si è diffusa la sentenza gravata], onde
sul punto si sarebbe potuto attivare lo strumenta.» di cui all’articolo 238, comma 5,
c.p.p.: non va infatti dimenticato che il principio del contraddittorio trova il suo naturale
momento di esplicazione non nell’atto dell’acquisizione, rispetto al quale non sarebbe
neppure ipotizzabile un contraddittorio, ma in quello, successivo, della valutazione e
utilizzazione, sicché una volta che la sentenza sia acquisita, le parti restano libere di
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essere costretto alla “ricerca” di quegli atti che confermerebbero la tesi del ricorrente,

indirizzare la critica che si andrà a svolgere, in contraddittorio, in funzione delle rispettive
esigenze (arg. ex Corte costituzionale, sentenza n. 29 del 2009). Ciò che qui risulta
essere avvenuto, senza pregiudizio per il diritto di difesa.
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa della ricorrente (Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna della ricorrente medesima al pagamento
delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in
favore della cassa delle ammende.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 10 luglio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

P. Q. M.

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