Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38127 del 13/06/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38127 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) ASTARITA SALVATORE, N. IL 9/10/1959,
2) FENTINI GABRIELE, N. IL 22/9/1977,
3) FENTINI FRANCESCO, N. IL 26/2/1946,
4) CAFIERO LUCIANO, N. IL 7/5/1974,
avverso la sentenza n. 691/2011 pronunciata dalla Corte di Appello di Bari
dell’11/10/2011;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Nicola Lettieri, che ha chiesto l’annullamento
con rinvio della sentenza impugnata;
udite le conclusioni dell’avv. Luigi Leonardo Follieri, difensore di Fentini Gabriele,
Fentini Francesco e Cafiero Luciano, il quale ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
RITENUTO IN FATI-0
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Bari ha
confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Foggia, sezione distaccata di
Manfredonia, con la quale Astarita Salvatore, Fentini Gabriele, Fentini Francesco
e Cafiero Luciano sono stati ritenuti responsabili di omicidio colposo in danno di
Florio Elena, commesso il 12 maggio 2004.
Secondo l’accertamento processuale in tale data, nel corso delle operazioni
di ormeggio della motonave “Sorrento jet” alla banchina del molo dell’isola di

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Data Udienza: 13/06/2013

San Domino, Isole Tremiti, svolte in cattive condizioni meteo-marine, questa
urtava la catena di ancoraggio prodiera della motobarca “Gabbiano”, già
ormeggiata in banchina, con l’effetto di produrre il distacco e la proiezione della
bitta destra della motobarca, che andava a colpire mortalmente la Florio mentre
questa cercava di allontanarsi dalla banchina.
All’Astarita veniva ascritto di aver omesso, nella qualità di comandante della
motonave, di informarsi sull’agibilità degli ormeggi e di aver quindi eseguito
imprudenti tentativi di ormeggio nonostante le cattive condizioni meteo-marine,

comune qualità di ormeggiatori presso il molo di San Domino, veniva ascritto di
aver omesso di osservare le disposizioni dell’ordinanza dell’ufficio circondariale
marittimo di Vieste numero 4 del 2004, nella parte in cui imponevano agli
ormeggiatori di predisporre idonee transenne atte ad impedire l’avvicinamento di
persone eventualmente presenti sulla banchina nella zona di pericolo compresa
tra il ciglio della stessa, il mare e la linea gialla.
Secondo la Corte di Appello è risultato accertato che le condizioni
meteorologiche erano tali da dover necessariamente determinare l’Astarita a
desistere dal partire da Termoli; egli, al contrario, decideva di mettersi in
navigazione, tentando poi l’ormeggio pur in presenza di banchina di modeste
dimensioni, presso la quale era già ormeggiato altro natante, senza peraltro
conoscere adeguatamente lo stato dei luoghi. Riteneva il giudice di secondo
grado che il fatto che la motonave fosse riuscita ad ormeggiare regolarmente in
altre occasioni, pure caratterizzate dalle avverse condizioni meteorologiche, non
appariva risolutivo per l’esclusione della responsabilità dell’imputato a titolo di
colpa.
Con riferimento agli ormeggiatori, per i quali si era sostenuto dalle difese
che le disposizioni richiamate erano dettate al fine di far allontanare eventuali
persone presenti sulla banchina in corrispondenza dei punti di ormeggio e di
impedire l’avvicinamento dei passeggeri ai punti di imbarco (e quindi non ad
impedire l’avvicinamento di qualsiasi soggetto a qualsiasi punto della banchina),
la Corte di Appello replicava che le risultanze dibattimentale avevano evidenziato
che era stato omesso di far allontanare eventuali persone presenti sulla banchina
in vicinanza dei punti di ormeggio, di predisporre idonee transenne che impedire
l’avvicinamento ai punti di imbarco dei passeggeri fino all’ultimazione delle
operazioni di ormeggio, non essendo stata predisposta alcuna transenna e non
essendo stato evitato l’accesso di persone non addette ai lavori. Al contrario era
stato proprio il Cafiero ad invitare la Florio a spostare la Gabbiano in quanto la
motonave era in procinto di urtarla.

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dal che derivava l’urto tra la motonave e la motobarca. Ai restanti imputati, nella

Il nucleo dell’addebito mosso dalla Corte di Appello agli ormeggiatori era che
questi non avevano impedito la presenza in banchina di personale non addetto ai
lavori, concorrendo così a determinare l’evento contestato.

2. Ricorre per cassazione l’Astarita e con un primo motivo deduce vizio
motivazionale in ordine all’asserita assenza di elementi probatori relativi alla
circostanza che la motonave avesse più volte ormeggiato nelle medesime
condizioni meteo marine. Si rileva che tale circostanza risulta descritta nella

di interesse.
Si deduce analogo vizio motivazionale in ordine alla prevedibilità dell’evento
dannoso. Si assume che la rottura della falchetta ed il distacco della bitta della
motobarca si inseriscono nel processo causale in modo eccezionale, atipico ed
imprevedibile stante la regola marinaresca riportata nel manuale del Tecnico
navale indicato nell’atto di appello, secondo la quale le bitte vengono calcolate in
modo che al carico di rottura del cavo si abbia una sollecitazione ancora di
sicurezza sulla bitta, tenuto conto degli eventuali rinforzi e dell’indebolimento
dovuto alla chiodatura.
Infine si deduce omessa motivazione in relazione alla rilevanza della
condotta colposa del terzo, facendosi riferimento alla condotta della vittima
medesima, che ebbe ad attraversare la linea gialla delimitante la zona di
sicurezza lungo il ciglio della banchina.

4. Con atto sottoscritto dal difensore ricorrono per cassazione gli imputati
Fentini e Cafiero Luciano.
Con un primo motivo si deduce violazione dell’articolo 590 cod. pen. La
Corte di Appello incorre nell’errore, già operato dal primo giudice, di attribuire al
Cafiero una condotta che venne compiuta da Cafiero Emilio e non dal ricorrente
Cafiero Luciano.
Si censura poi il vizio di omessa motivazione, ricorrente laddove la Corte di
Appello non ha fornito risposta al rilievo mosso dal difensore secondo il quale
l’evento che si era verificato non rappresentava concretizzazione del rischio che
la regola cautelare violata mira a prevenire. Inoltre non si è data risposta alla
domanda circa la concreta idoneità della apposizione delle transenne ad impedire
alla Florio di raggiungere la banchina, nonostante essa fosse fermamente
determinata a portarsi presso l’imbarcazione che utilizzava quotidianamente per
il proprio lavoro. Si afferma poi la imprevedibilità ed inevitabilità dell’evento alla
luce del fatto che questo fu prodotto dall’urto con la bitta.
CONSIDERATO IN DIRITTO

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consulenza tecnica d’ufficio dell’ingegner Molinaro della quale si riporta il passo

5. Il ricorso proposto nell’interesse dell’Astarita è infondato, nei termini di
seguito precisati.
5.1. Le censure che vengono mosse alla motivazione resa dai giudici di
merito a supporto della pronuncia di condanna non sono in grado di scardinare la
struttura essenziale della decisione, che è rappresentata dall’identificazione di
una condotta colposa dell’Astarita, consistente nell’aver ordinato la navigazione e
quindi l’ormeggio della motonave nonostante le avverse condizioni
metereologiche, le quali rendevano prevedibile che le operazioni di ormeggio non

guisa, fossero rientrati nell’area interessata alla manovra.
Rispetto a tale condotta appare di nessun significato che la motonave
avesse o meno ormeggiato nelle medesime condizioni metereologiche anche in
precedenti occasioni, poiché tale circostanza, quand’anche dimostrata, nulla
toglie alla sussistenza della condotta colposa, che si rinviene nel confronto con la
regola cautelare identificata e non con l’evenienza che una precedente violazione
non abbia prodotto eventi pregiudizievoli alle cose o alle persone.
5.2. Quanto al secondo dei rilievi avanzati dall’imputato in parola, la
prevedibilità dell’evento non può essere ricercata guardando allo specifico modo
in cui si è verificato l’evento in concreto, bensì va valutata in rapporto al tipo di
evento verificatosi, che nel caso di specie può essere così definito “grave offesa
alla integrità fisica di persona fisica per effetto della ingovernabilità della
motonave nella fase di ormeggio”. Com’è stato precisato da questa Corte, in
tema di reati colposi, ai fini del giudizio di prevedibilità deve aversi riguardo alla
idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno, non anche alla
specifica rappresentazione “ex ante” in capo all’agente dell’evento dannoso
concretamente realizzatosi (Sez. 4, n. 21513 del 25/02/2009 – dep. 22/05/2009,
Stocchi, Rv. 243983; cfr. anche Sez. 4, n. 40785 del 19/06/2008 – dep.
31/10/2008, Cattaneo e altri, Rv. 241470).
Le specifiche modalità di danneggiamento del natante della Florio risultano
quindi irrilevanti nella prospettiva della prevedibilità dell’evento, una volta che il
danneggiamento di un mezzo di navigazione prossimo alla motonave intenta alle
operazioni di ormeggio e di persone a quella collegate risulta essere una
evenienza possibile, secondo Vid quod plerumque accidit.
5.3. Né muta siffatto giudizio il comportamento assunto nell’occasione dalla
Florio; comportamento che correttamente la Corte di Appello ha ritenuto non in
grado di interrompere la relazione causale tra la condotta antidoverosa degli
imputati e il tragico epilogo perché non eccezionale.
E’ opportuno ricordare, al proposito, che in tema di causalità, la causa
sopravvenuta “da sola sufficiente a determinare l’evento” (art. 41 comma

potessero svolgersi in condizioni di sicurezza per quanti, a vario titolo e in varia

secondo, cod. pen.) può configurarsi anche nel caso di un processo non
completamente avulso dall’antecedente, ma caratterizzato da un percorso
causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed
eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto
imprevedibili a seguito della causa presupposta. (Sez. 4, n. 20272 del
16/05/2006 – dep. 14/06/2006, Lorenzoni ed altro, Rv. 234596).
Ebbene, che il proprietario di un natante la cui integrità sia posta in pericolo
dalla imprudente manovra di ormeggio di un natante di ben maggiore stazza

volontà di preservare il proprio bene è evenienza tutt’altro che imprevedibile o
eccezionale.
In conclusione, il ricorso dell’Astarita è infondato sotto ogni aspetto e di
conseguenza esso va rigettato.

6. Parimenti infondato è il ricorso proposto nell’interesse degli ulteriori
imputati, nell’occasione ormeggiatori addetti al molo presso il quale si determinò
il sinistro che qui occupa.
Il rilievo che evoca l’errore di attribuire a Cafiero Luciano una condotta che
venne compiuta in realtà da Cafiero Emilio incorre nel difetto di autosufficienza,
atteso che il ricorrente si è limitato ad una mera asserzione, senza permettere a
questa Corte di verificare il travisamento della prova in cui sarebbero incorsi i
giudici di merito.
Quanto al fatto che sarebbe stato violato il criterio della concretizzazione del
rischio, correttamente i ricorrenti rammentano la giurisprudenza di questa Corte
per la quale “in tema di delitti colposi, ai fini dell’elemento soggettivo, per potere
formalizzare l’addebito colposo, non è sufficiente verificare la violazione della
regola cautelare, ma è necessario accertare che tale regola fosse diretta ad
evitare proprio il tipo di evento dannoso verificatosi, altrimenti si avrebbe una
responsabilità oggettiva giustificata dal mero

“versari in re illicita”. Ne consegue

che occorre verificare la cosiddetta “concretizzazione del rischio” (“realizzazione
del rischio”), che si pone sul versante oggettivo della colpevolezza, come la
prevedibilità dell’evento dannoso si pone più specificamente sul versante
soggettivo e la relativa valutazione deve prendere in considerazione l’evento in
concreto verificatosi per accertare se questa conseguenza dell’agire rientrava tra
gli eventi che la regola cautelare inosservata mirava a prevenire” (Sez. 4, n.
4675 del 17/05/2006 – dep. 06/02/2007, P.G. in proc. Bartalini e altri, Rv.
235661; Sez. 4, n. 36857 del 23/04/2009 – dep. 22/09/2009, P.C. in proc.
Cingolaní, Rv. 244979; Sez. 4, n. 43645 del 11/10/2011 – dep. 24/11/2011,
Putzu, Rv. 251930).

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possa assumere a sua volta comportamenti imprudenti sotto la spinta della

Tuttavia l’evocazione non risulta correttamente utilizzata, posto che si
connette il menzionato criterio alla valenza del comportamento alternativo lecito
(“all’interrogativo posto e cioè se l’apposizione delle citate transenne sarebbe in
concreto servita ad evitare che la Florio raggiungesse quel punto della banchina,
non è stata data alcuna risposta…”: pg. 4 e s.). Invero, si tratta di aspetti
distinti, sia pure entrambi incidenti nell’accertamento del nesso causale.
Ebbene, quanto al primo profilo, la Corte di Appello ha già dato risposta alle
osservazioni difensive rilevando l’esistenza di un obbligo di controllo dell’intera

4/2004 impone agli ormeggiatori “di far allontanare eventuali persone presenti
sulla banchina e in vicinanza dei punti di ormeggio”.
Pertanto, se si può convenire con i ricorrenti sul fatto che l’art. 10 della
medesima ordinanza fa riferimento ai punti di imbarco dei passeggeri, sì che si
atteggia quale fonte di regola cautelare tendente a vedere messe in campo
cautele per la protezione dei passeggeri e non di chiunque altro soggetto si trovi
sulla banchina, non altrettanto può dirsi per la prescrizione di cui al menzionato
art. 8, che eleva gli ormeggiatori a garanti della sicurezza di quanti si trovano
sulla banchina e nell’area dell’ormeggio (che il fatto sia avvenuto in tale area non
è contestato ed è chiaramente deducibile dalla vicinanza dei due natanti).
Quanto al secondo profilo, appare del tutto evidente che, qualora fossero
state disposte lungo la banchina le transenne ed adeguatamente sorvegliate, non
sarebbe stato possibile portarsi presso il natante Gabbiano mentre erano in corso
le operazioni di ormeggio della motonave, sicché l’evento luttuoso sarebbe stato
evitato.
Infine, i ricorsi prospettano in modo errato il termine di relazione del giudizio
di prevedibilità, che va ricostruito alla luce di quanto evidenziato al precedente
punto 5.2.
In conclusione, i ricorsi vanno rigettati.

7. Segue al rigetto, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13/6/2013.

banchina. Anche la sentenza di primo grado esplicita che l’art. 8 dell’ordinanza

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