Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38121 del 11/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 38121 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAVONE SANTE IVAN N. IL 10/05/1970
avverso la sentenza n. 739/2009 CORTE APPELLO di MESSINA, del
12/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
149–(104~2,11~73
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Udito, per la rte civile, l’Avv
Udit i difénsor Avv.

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Data Udienza: 11/04/2013

-1- Pavone Sante Ivan ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di
Messina, del 12 marzo 2012, che, nel confermare la responsabilità dell’imputato (affermata
dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, sezione distaccata di Milazzo, con sentenza del
28 ottobre 2008) per il reato di lesioni colpose commesse, con violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio del dipendente Moscato Domenico, ha
sostituito la pena detentiva inflitta dal primo giudice con la corrispondente pena pecuniaria.
-2- Secondo l’accusa, condivisa dai giudici del merito, l’imputato, presidente del consiglio
di amministrazione della “SI.C.E.M.”, cooperativa a responsabilità limitata, datore di lavoro
del Moscato, non aveva attuato misure tecniche ed organizzative idonee a ridurre i rischi
connessi con l’uso, da parte dei dipendenti, delle attrezzature di lavoro; in particolare, non
aveva dotato i banconi di lavoro di meccanismi di fissaggio e di ancoraggio dei manufatti in
lavorazione -posti, per necessità operative, in posizione verticale- al fine di evitare che gli
stessi, cadendo, potessero provocare danni ai lavoratori. Come avvenuto nel caso del
Moscato, che ha subito gravi lesioni cagionate dalla caduta di una trave, di m. 1,20 di altezza
e del peso di 25 kg., non ancorata al bancone a dei punti di fissaggio.
-3- Nel suo ricorso, il Pavone deduce:
a) Vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove il giudice del gravame avrebbe
omesso di considerare che l’infortunio era stato conseguenza di un comportamento abnorme
del lavoratore che, nell’eseguire il compito affidatogli, non si era adeguato a quanto previsto
nel manuale delle procedure di sicurezza. In particolare, la corte territoriale non avrebbe
preso in esame le dichiarazioni dello stesso lavoratore;
b) Errato calcolo della pena perché, essendo stato dalla stessa corte territoriale dichiarato
prescritto il reato di cui all’art. 35 co. 2 del d.l.vo n. 626/94, la relativa pena, inflitta dal
primo giudice a titolo di continuazione, avrebbe dovuto essere eliminata.
Considerato in diritto.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
-1- Infondato è il primo motivo di ricorso, alla stregua di quanto sostenuto dal primo
giudice in ordine alle modalità con le quali nell’azienda si procedeva alla lavorazione dei
manufatti.
Chiaro e convincente, in particolare, è stato il primo giudice, alle cui osservazioni e
valutazioni la corte territoriale si è riportata, laddove è stato rilevato che l’infortunio è stato
determinato, non da un’errata o abnorme manovra del Moscato, bensì da un imprudente
posizionamento in verticale, sul banco di lavoro, della trave poi precipitata sul lavoratore;
collocazione certo non addebitabile a quest’ultimo, che non aveva alcun interesse a chiedere
o preferire un tal rischioso posizionamento che, peraltro, certamente non rendeva più
agevole l’espletamento delle mansioni affidategli.
Ancora il primo giudice ha comunque rilevato che, in ogni caso, ove realmente imprudente
fosse stato il lavoratore nell’operare su una stretta trave posta, su richiesta dello stesso, in
senso verticale invece che orizzontale, ciò non avrebbe comportato alcuna attenuazione della
posizione dell’imputato che, nella sua qualità di responsabile della attività produttiva,
avrebbe dovuto intervenire e vietare così rischiose modalità di lavoro e porre in essere ogni
possibile controllo al fine di impedire il perpetuarsi di una prassi che poneva a rischio
l’incolumità dei lavoratori. Considerazione che, evidentemente, individua specifici profili di
colpa in capo all’odierno ricorrente, anche a prescindere dalle pur attendibili dichiarazioni
rese sul punto dal lavoratore infortunato. Mentre all’assenza, sul bancone di lavoro, di
meccanismi di ancoraggio dei manufatti fa specifico e chiaro riferimento lo stesso capo

Ritenuto in fatto.

d’imputazione, di guisa che non può certo sostenersi, con il ricorrente, che tale circostanza
sia frutto di un travisamento dei fatti da parte del giudice del gravame.
-2- Fondato è, viceversa, il secondo motivo di ricorso.
In realtà, la corte territoriale, dopo avere dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui
all’art. 35 co. 2 del d.l.vo n. 626/94, non ha proceduto all’eliminazione della relativa
frazione di pena inflitta a tale titolo dal primo giudice. A tanto può tuttavia provvedere la
Corte, avendo detto giudice individuato la pena base, per il delitto di lesioni, in giorni
sessanta di reclusione, ridotta a quaranta giorni per la scelta del rito, ed in trenta giorni
(ridotta per il rito a venti giorni) la frazione di pena inflitta a titolo di continuazione per il
reato dichiarato estinto dal giudice del gravame. Eliminata, dunque, la pena irrogata a tale
ultimo titolo, rimane solo la pena base di quaranta giorni di reclusione che deve essere
sostituita con la corrispondente pena pecuniaria di 1.520,00 euro di multa.
-3- In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente
alla durata della pena, che deve essere rideterminata in giorni quaranta di reclusione,
sostituita con euro 1.520,00 di multa. Per il resto, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena;
pena che determina in giorni quaranta di reclusione sostituita con euro 1.520,00 di multa.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, l’ 11 aprile 2013.

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