Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38094 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 38094 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Margiasso Enzo, nato a Napoli il 22.8.1974; Massaro Anna, in atti
generalizzata; Albanese Lucia, nata a Napoli il 27.2.1945; Scotti
Grazia, nata Napoli il 16.12.1950; Cosentino Maria, nata a Napoli
il 24.11.1962; Caldarelli Irene, in atti generalizzata; Esposito
Teresa, nata a Napoli il 15.9.1970; Adagio Immacolata, nata a
Napoli il 29.10.1945; Maio Alberto, nato a Napoli 1’8.2.1968;
Criscuolo Maurizio, nato a Napoli il 29.8.1970, Passaro Anna, in
atti generalizzata; Maranta Carmela, nata a Napoli il 5.6.1949,
avverso la ordinanza emessa dal tribunale di Napoli il 29.1.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;

Data Udienza: 20/05/2015

udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto

FATTO E DIRITTO

1. Con ordinanza emessa il 29.1.2015 il tribunale di Napoli, in
funzione di tribunale del riesame, adito ai sensi dell’art. 310,
c.p.p., dal pubblico ministero presso il medesimo tribunale,
annullava l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Napoli del 20.11.2014, applicando
a Margiasso Enzo, Massaro Anna, Albanese Lucia, Scotti Grazia,
Cosentino Maria, Caldarelli Irene, Esposito Teresa, Adagio
Immacolata, Maio Alberto, Criscuolo Maurizio, Passaro Anna,
Maranta Carmela, la misura cautelare degli arresti domiciliari in
relazione ad una serie di reati in materia di falso e truffa, oggetto
dell’imputazione provvisoria elevata nei loro confronti.
2. Avverso la decisione del tribunale del riesame, di cui chiede
l’annullamento, hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione
tutti gli indagati, con autonomi atti di impugnazione, con i quali
hanno articolato distinti motivi di ricorso.
2. I ricorrenti contestano la sussistenza di un grave quadro
indiziario a loro carico in relazione ai reati oggetto della
contestazione, provvisoria, nonché la sussistenza di esigenze
cautelari da soddisfare, con particolare riferimento all’esigenza di
tutela della collettività, di cui, a loro avviso, difettano i requisiti
della concretezza e dell’attualità.

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dei ricorsi.

3.

I ricorsi appaiono fondati e vanno, pertanto, accolti nei

seguenti termini.
4.

Con riferimento alle doglianze relative ai gravi indizi di

colpevolezza (formulate esclusivamente dalla Maranta, dal

principio del ne bis in idem cautelare – dall’Esposito e dal Maio) i
motivi di ricorso appaiono inammissibili, perché generici, in
violazione dell’art. 581, lett.

c),

c.p.p., che nel dettare, in

generale, quindi anche per il ricorso in Cassazione, le regole cui
bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel
relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri,

“i

motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai
sensi dell’art. 591, co. 1, lett. c), c.p.p., determina, per l’appunto,
l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Cass., sez. VI,
30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Cass., sez. VI, 21.12.2000, n.
8596, rv. 219087).
5. Fondate, invece, devono ritenersi le doglianze relative alla
denunciata insussistenza della esigenza cautelare di tutela della
collettività, che è l’unica ritenuta sussistente dal tribunale del
riesame nell’accogliere la richiesta del pubblico ministero.
Al riguardo si osserva che, secondo l’orientamento dominante
nella giurisprudenza di legittimità, in ordine all’applicazione di
misure cautelari coercitive (ovvero alla decisione sulla richiesta di
sostituzione della misura cautelare in atto) la distanza temporale
tra i fatti contestati e il momento dell’emissione della misura
stessa fa apparire più deboli i requisiti di attualità ed intensità
dell’esigenza e, di conseguenza, pone a carico del giudice un più
rigoroso obbligo motivazionale.

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Margiasso, dall’Albanese -che deduce anche una violazione del

Lo specifico riferimento dell’art. 292 comma 2 lett. c) c.p.p. alla
valutazione del “tempo trascorso dalla commissione del reato”,
implica, infatti, che la pregnanza del pericolo di recidiva si
“attualizza” in proporzione diretta con il “tempus comrnissi delicti”,

regola, un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela
(cfr. Cass., sez. VI, 26/02/2013, n. 20112, rv. 255725, relativa ad
una fattispecie in cui i fatti contestati, integranti reati contro la
p.a., erano anteriori di circa tre anni rispetto all’adozione della
misura degli arresti domiciliari; Cass., sez. IV, 21/11/2013, n.
49112, rv. 257880; Cass., sez. un., 24/09/2009, n. 40538, rv.
244377).
Ai fini dell’apprezzamento del rischio di recidiva, dunque, quanto
più ci si distacca dal momento di consumazione del reato e dal
contesto che lo ha caratterizzato, tanto più è stringente l’esigenza
di una motivazione relativa alla permanenza di una concreta ed
effettiva attualità del pericolo di reiterazione, idoneo a giustificare
la misura cautelare, che consideri anche aspetti differenti e
ulteriori rispetto a quelli propri del fatto in sé considerato e tenga
conto, in particolare, delle condotte, dei comportamenti e degli
eventi successivi (cfr. Cass., sez. VI, 13/10/2010, n. 37575).
Tali principi hanno ottenuto una recente consacrazione
nell’intervento del Legislatore, che, nel riformulare, attraverso
l’art. 2, co. 1, lett. a), I. 16 aprile 2015, n. 28, il testo dell’art.
274, lett. c), c.p.p., ha condizionato la configurabilità dell’esigenza
di tutela della collettività alla sussistenza di un pericolo non solo
concreto, ma anche attuale di reiterazione criminosa.
Vero è che in tema di successione di leggi processuali nel tempo,
il principio secondo il quale, se la legge penale in vigore al

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in quanto alla maggior distanza temporale dei fatti corrisponde, di

momento della perpetrazione del reato e le leggi penali posteriori
adottate prima della pronunzia di una sentenza definitiva sono
diverse, il giudice deve applicare quella le cui disposizioni sono più
favorevoli all’imputato, non costituisce un principio

cautelari.
Tale principio, tuttavia, come affermato da un condivisibile arresto
della giurisprudenza di legittimità, è applicabile alla norma
cautelare che, al di là della sua collocazione formale, produce
effetti afflittivi per l’indagato/imputato, qualora, come nel caso in
esame, la modifica successiva, incidendo sulle condizioni di
applicabilità, possa determinare il venir meno di tali effetti (cfr.
Cass., sez. V, 10/06/2014, n. 31839, rv. 260139).
Orbene il provvedimento impugnato non ha minimamente
affrontato il tema dell’attualità del pericolo di reiterazione
criminosa, che, peraltro, come si evince dal testo del
provvedimento impugnato, difetta radicalmente, sia in
considerazione del lungo periodo di tempo trascorso tra la
commissione dei reati in contestazione (collocabili “a cavallo tra il
2008 ed il 2009) ed il momento in cui il tribunale del riesame è
stato investito della richiesta di applicazione della misura
cautelare (novembre 2014), che ha determinato il venir meno
delle esigenze di tutela, sia per la mancanza di elementi da cui
poter desumere l’attualità del pericolo di reiterazione criminoso,
sotto il diverso profilo dell’esistenza di occasioni prossime
favorevoli alla commissione di nuovi reati, che, anzi, appaiono
scongiurate proprio dall’avvenuta scoperta del “giro” di falsi
invalidi, al quale hanno preso parte gli indagati, beneficiari di

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dell’ordinamento processuale, nemmeno nell’ambito delle misure

pensione, con l’integrazione dell’indennità di accompagnamento,
prevista dalla legge, senza essere dotati dei necessari requisiti.
5. Sulla base delle svolte considerazioni l’impugnata ordinanza va,
dunque, annullata, senza rinvio.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Così deciso in Roma il 20.5.2015

P.Q.M.

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