Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38086 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 38086 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VOLPE GIANLUIGI N. IL 07/10/1974
avverso la sentenza n. 6151/2014 CORTE DI CASSAZIONE di ROMA,
del 08/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/05/2015

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr Marilia Di Nardo, conclude chiedendo
l’inammissibilità del ricorso
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Giampiero Russo, il quale chiede l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.

Il difensore di Volpe Gian Luigi propone ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 625

bis del codice di rito, contro la sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione, in data 8 luglio

,

2014, con la quale è stato rigettato il ricorso dell’imputato relativamente all’omicidio di Jipa
Marie’ e il tentato omicidio di Gageanu Mihita.
2.

Il ricorrente deduce la sussistenza di un errore di fatto nella valutazione delle prove, per

avere la Corte considerato che le dichiarazioni accusatorie del coimputato Bouazza fossero
convergenti con quelle di Tardanico Giuseppe, escludendo la sussistenza di motivi di astio in
conseguenza della lite insorta tra il ricorrente e i due dichiaranti e ritenendo erroneamente
riscontrate le dichiarazioni dei due collaboranti da quelle del teste Legzouli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura per inammissibilità del ricorso.
1.

Preliminarmente va rilevato che restano estranee all’ambito del ricorso straordinario
tutte le questioni che concernono l’interpretazione delle norme, sostanziali o
processuali, “l’interpretazione di un fatto storico” e “la valutazione della ricostruzione
compiuta dal giudice di merito”, in quanto “il rigore del principio della intangibilità delle
decisioni della Corte di cassazione resta intatto” e preclude che possano essere fatti
valere “l’error iuris al pari dell’errore di giudizio o valutativo”.

2.

E i “confini” del mezzo straordinario sono “rigidamente segnati dalla circostanza”,
affatto negativa, della assoluta carenza nell’errore sindacabile di “qualsiasi implicazione
valutativa dei fatti” oggetto della pronuncia impugnata.

3.

Sicché non è esperibile il ricorso straordinario nelle ipotesi in cui la Corte di legittimità,
dopo aver esaminato un determinato motivo di ricorso, abbia espresso una valutazione
in ordine alla sussistenza e all’ampiezza del riscontro alle dichiarazioni di un coimputato.

4.

L’approdo ermeneutico è perfettamente coerente con la funzione del mezzo
straordinario ed eccezionale di impugnazione, finalizzato – non già all’inammissibile
riesame dell’intangibile scrutinio di legittimità, per supposti vizi ad esso intrinseci, bensì
– alla rimozione dello sviamento del giudizio, inficiato ab extra dalla fallacia del
pregiudizio di una supposizione irrefutabilmente errata, ovvero dalla disfunzione
percettiva della esistenza di uno, o più motivi di impugnazione.

4.

5.

Sicché lo scrutinio revocatorio non si sovrappone alla pregressa valutazione di
legittimità, cristallizzata nel giudicato, ma si arresta ad limina nell’accertamento della
patologia che inerisce ai presupposti del giudizio, senza penetrare il confine invalicabile
segnato dal perimetro dell’ambito delle considerazioni, delle valutazioni, delle
argomentazioni e dei divisamenti che sorreggono la sentenza impugnata.

6.

La collocazione normativa nella stessa disposizione dei rimedi, per vero diversi, della

menzionati dall’art. 625 bis c.p.p., comma 1, nella stessa locuzione, separati dalla
disgiuntiva: “è ammessa (..) la correzione dell’errore materiale o di fatto …” e indiscutibilmente preordinati alla rimozione delle contrapposte patologie processuali
della fallacia percettiva (errore di fatto) e di quella espressiva (errore materiale), coglie
il dato comune a entrambi gli errori, l’uno e l’altro caratterizzati per il profilo (negativo)
della non inerenza al nucleo intrinseco dello scrutinio di legittimità operato colla
sentenza, oggetto di impugnazione o di correzione
7.

Orbene, nella specie, come risulta palese dal contenuto dell’impugnazione, il ricorrente,
nel prospettare l’errore di fatto, ha tentato di introdurre l’inammissibile sindacato della
decisione di legittimità impugnata, sotto i profili della violazione di legge e/o della
mancanza di motivazione, in relazione a particolari, deduzioni, argomentazioni, atti o
documenti, indicati nei motivi dei ricorsi ordinari e nelle memorie, laddove i ridetti
motivi e le correlate memorie sono stati tutti scrutinati da questa Corte Suprema di
Cassazione con la sentenza impugnata, senza che alcuno di essi sia stato pretermesso a
cagione di una svista materiale (ossia di una disattenzione di ordine meramente
percettivo); e laddove – alla evidenza – le doglianze esposte dal condannato investono il
contenuto del giudizio e delle sottese valutazioni, operati (anche implicitamente o
tacitamente) dal Collegio di legittimità, senza che ex actis emerga che la decisione fu
fondata sulla supposizione della esistenza di un alcun fatto la cui verità sia
incontrastabilmente esclusa, ovvero della inesistenza di altro fatto la verità del quale sia
positivamente stabilita.

8.

Alla luce di quanto precede il primo motivo di doglianza relativo alla contestata
sussistenza di una chiamata in correità omogenea e reciproca da parte di Tandarico e
Bouazza è inammissibile poiché, per quanto detto in premessa, la valutazione relativa
alla sussistenza e all’ampiezza del riscontro alle dichiarazioni del coimputato non
costituisce un errore di fatto che legittima il ricorso ai sensi dell’articolo 625 bis c.p.p.

9.

Al contrario, la doglianza, per come posta, prospetta al più un vizio di motivazione, non
valutabile in questa sede, poiché il ricorrente, nella sostanza, rileva che la narrazione
dei fatti presentava talune divergenze e la vicenda relativa all’incontro con i presunti
mandanti sarebbe raccontata, dai due dichiaranti, con espressioni che la difesa ritiene

correzione dell’errore materiale e (della impugnazione revocatoria) dell’errore di fatto –

contrastanti. È evidente che attraverso tali censure, con riferimento a quanto riportato
dalla Corte di legittimità a pagina 27 della decisione, il difensore tende a impegnare
questa Corte in una valutazione degli elementi di fatto, sostenendo l’inadeguatezza e la
contraddittorietà della motivazione.
10.

Ulteriori profili di evidente inammissibilità presenta il successivo motivo, con il quale la
difesa lamenta l’inadeguata valutazione della presunta persistente sussistenza di motivi

inverosimile la partecipazione di quest’ultimo a riunioni, incontri o appostamenti in vista
della commissione dell’omicidio. Si tratta, peraltro, di censure per le quali la difesa non
rinvia ad alcun passaggio motivazionale del provvedimento impugnato, limitandosi a
richiamare ed allegare il contenuto di verbali dibattimentali.
11.

Infine, anche la terza doglianza è inammissibile. Come si legge a pagina 30 la Corte di
Cassazione esamina espressamente la questione dedotta dalla difesa, secondo cui
Buouazza avrebbe deliberatamente e autonomamente ucciso una persona diversa da
quella designata, rilevando che tale impostazione si scontra con la ricostruzione in fatto,
non sindacabile in sede di legittimità, operata dalle Corti di merito e aggiungendo che
risulta “accertato alla stregua delle dichiarazioni di Buouazza, riscontrate da quelle di
Legzouli, che l’azione omicidiaria si era svolta nei tempi e nei modi contestati, le Corti di
merito hanno dato adeguata risposta alle obiezioni mosse dalle difese”.

12.

Il motivo è, pertanto, inammissibile per una pluralità di ragioni. In primo luogo poiché,
per quanto detto in premessa, la valutazione relativa alla sussistenza e all’ampiezza del
riscontro alle dichiarazioni del coimputato non costituisce un errore di fatto che legittima
il ricorso ai sensi dell’articolo 625 bis c.p.p.

13.

In secondo luogo è inammissibile perché generico, non deducendo la difesa i motivi in
base alle quali la tesi richiamata dalla Corte di Cassazione sarebbe errata, non
allegando le ragioni per le quali le due dichiarazioni non sarebbero convergenti. Il
ricorso, sul punto, è viziato, altresì, da difetto di autosufficienza non avendo, i ricorrenti,
prodotto copia dei verbali delle deposizioni testimoniali per intero.

14.

In ogni caso, il ricorso è inammissibile poiché il giudice di legittimità ha espressamente
precisato che il profilo relativo alle dichiarazioni rese dal teste Buouazza, riscontrate da
quelle di Legzuoli, oggetto della valutazione della Corte di merito, costituisce una
ricostruzione in fatto, insindacabile da parte della Corte di Cassazione.
Conseguentemente non vi è alcuna (ri)valutazione della Corte di legittimità sul punto,
rispetto alla quale possa essere anche solo prospettato un errore di fatto.

15.

Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna di
ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in

di astio e di rancore, da parte dei due collaboranti, verso il ricorrente, che avrebbe reso

favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni
dedotte e della palese inammissibilità delle censure, appare equo determinare in euro
2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso il 5/05/2015

e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.

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