Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38071 del 11/07/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38071 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Crapanzano Giuseppe, n. a Favara il 20/11/1947;

avverso la ordinanza del Tribunale di Agrigento in data 09/01/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, che ha concluso per il rigetto;

RITENUTO IN FATTO

1. Crapanzano Giuseppe ha presentato ricorso avverso l’ordinanza con cui il
Tribunale di Agrigento quale giudice dell’esecuzione ha revocato la sospensione
condizionale della pena irrogata a Crapanzano Giuseppe per inadempimento
dell’obbligo della demolizione del manufatto abusivo cui il beneficio era stato
condizionato in sentenza.

2. Lamenta il ricorrente l’illegittima revoca del beneficio deducendo che, essendo
stato il bene in oggetto acquisito al patrimonio comunale, con conseguente

Data Udienza: 11/07/2013

perdita della titolarità giuridica e materiale dello stesso, non si era potuto
procedere alla demolizione; rileva infatti come l’art. 31 del d.P.R. n. 380 del
2001 preveda che a seguito dell’acquisizione del bene al patrimonio del Comune,
lo stesso è demolito con ordinanza del dirigente o del responsabile del

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
Premesso che nella specie il Tribunale di Agrigento, condannando Crapanzano
per il reato di cui all’art.44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001, aveva disposto, ex
art. 165 c.p., la sospensione condizionale della pena subordinatamente alla
demolizione delle opere abusive nel termine di giorni novanta dal passaggio in
giudicato della sentenza, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento di
revoca della sospensione disposta dal giudice dell’esecuzione sul presupposto
dell’accertata inottemperanza all’obbligo di demolizione suddetto.
In particolare nel ricorso si deduce che, essendo stato il manufatto da demolire
acquisito al patrimonio comunale per effetto della stessa inottemperanza, il
predetto bene non poteva essere demolito.
Tale assunto, oltre a confondere tra loro i ben distinti profili della legittimità
dell’ordine di revoca del beneficio ex art. 163 c.p., unico afferente il merito del
provvedimento impugnato, e della impossibilità di procedere alla demolizione per
effetto dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale, afferente invece la fase
di esecuzione dell’ordine di demolizione, è del tutto infondato oltre che
inammissibilmente contrastante con i dati di fatto emergenti dal provvedimento
impugnato.
Risulta infatti dall’ordinanza del giudice dell’esecuzione che, essendo stato il
termine per procedere alla demolizione indicato a suo tempo in giorni novanta
dal passaggio in giudicato della sentenza (passaggio in giudicato intervenuto il
14/10/2011), lo stesso scadeva in data 14/01/2012; risulta altresì che solo
successivamente, ovvero in data 22/03/2012, il Comune di Favara, preso atto
della accertata inottemperanza, ordinava l’acquisizione gratuita al patrimonio
indisponibile comunale del bene non demolito.
Sicché, in altri termini, e ancor prima di ogni ragionamento, pur svolto nel
provvedimento impugnato, relativamente alla compatibilità tra ordine di
demolizione e acquisizione gratuita del bene, sino alla data del 14/01/2012 il
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competente ufficio comunale.

ricorrente avrebbe certamente potuto procedere alla demolizione senza che a
quel momento fosse intervenuta alcuna acquisizione del bene al patrimonio
comunale che fosse di ostacolo alla necessità di ottemperare all’ordine del
giudice.
Del resto, questa Corte ha affermato che, qualora la sospensione condizionale
della pena sia stata subordinata alla demolizione del manufatto abusivamente

quando (e solo quando) si sia verificata l’impossibilità di adempiere entro il
termine fissato per essere stato l’immobile acquisito al patrimonio del comune, in
tal modo esulando dai poteri del condannato l’adempimento della condizione alla
quale il beneficio stesso era stato sottoposto (Sez. 3, n. 23647 del 16/04/2004,
Moscato ed altro, Rv. 228970).
Di qui, dunque, la piena legittimità della disposta revoca e, correlativamente, per
le ragioni dette, l’inammissibilità del ricorso.

4. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché al pagamento della somma di denaro di euro
1.000 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle
ammende

Così deciso in Roma, l’11 luglio 2013

Il Consiy4iereAst.

Il r dente

realizzato, il giudice dell’esecuzione non può procedere alla revoca del beneficio

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