Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38062 del 16/05/2013

Penale Sent. Sez. 3 Num. 38062 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FIALE ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso l’ordinanza n. 338/2012 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
08/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
ligSe/sentite le conclusioni del PG Dott. L fut3 beteme

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Data Udienza: 16/05/2013

RITENUTO IN FATTO

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Il Tribunale di Milano, con ordinanza dell’8/1/2013, ha deciso sull’istanza di
riesame proposta nell’interesse di A.A. (in proprio e quale
presidente del consiglio di amministrazione della s.r.l. “XX”) avverso
il decreto di sequestro probatorio emesso dal P.M. presso quel Tribunale in data
12/12/2012 avente ad oggetto (anche) supporti e materiale informatico di proprietà della
“XX” in relazione al delitto di riciclaggio di cui all’art. 648 bis cod.
pen. ipotizzato nei confronti di B.B. [per avere compiuto attività
dirette ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del risparmio fiscale
conseguente alla condotta di evasione delle imposte ex artt. 3 e 4 del d.Lgs. n. 74/2000,
utilizzando danaro proveniente da atti di trasferimento formalmente denominati
“donazioni” ricevute da un trust cogestito dalla XX s.r.l. finalizzati a
redistribuire profitti del gruppo di società facenti capo al B.B.. Parte della disponibilità
finanziaria conseguita con tale espediente era stata investita nell’acquisto, presso una
galleria d’arte che esponeva a Parigi, di un dipinto di Lucio Fontana del valore di quasi 4
milioni e mezzo di euro, facendo altresì figurare come acquirente fittizio una società con
sede in Miami amministrata da sua moglie].
Il A.A. aveva proposto il gravame incidentale quale terzo interessato alla
restituzione dei beni ed il Tribunale – previa riqualificazione giuridica dei fatti contestati al
B.B., che ha ricondotto alle fattispecie delittuose di cui agli artt. 3 e 4 del d.Lgs. n.
74/2000 – ha dichiarato “la inammissibilità dell’impugnazione relativamente alla
documentazione informatica acquisita dalla polizia giudiziaria previa esclusiva estrazione
di copia dal server e dai PC detenuti negli uffici della XX s.r.l.” ed ha
confermato il provvedimento impugnato “per gli altri beni sequestrati al A.A.”.

A.A. ha proposto ricorso per cassazione tramite il proprio
difensore.
a) Con un primo motivo ha eccepito violazione di legge “con riferimento alla
ritenuta carenza di interesse ad impugnare il sequestro di tutti i documenti informatici”.
Viene prospettato in ricorso che il Tribunale ha ritenuto la carenza di interesse ad
impugnare il sequestro di tutti i documenti in formato elettronico alla stregua del fatto
che non vi sarebbe stata una materiale asportazione di tali documenti, bensì
esclusivamente la copiatura degli stessi, i cui originali sarebbero rimasti tuttora in
possesso della società. Tale argomentazione, però, non sarebbe corrispondente alla
realtà perché la Guardia di Finanza, in occasione dell’effettuata perquisizione, aveva
.. sottoposto a sequestro, all’interno dei locali della società, “n. 1 chiavetta USB di colore
blu/grigia”, rinvenuta presso l’ufficio del A.A., nonché “n. 1 chiavetta USB di colore
azzurro” e “n. 1 hard disk Lacie”, rinvenuti presso altro ufficio del medesimo stabile. I
supporti anzidetti, mai restituiti, erano stati sequestrati integralmente ed in relazione ad
essi i militari operanti non si erano limitati alla mera estrazione di copie.
b) Con un secondo motivo di gravame è stata eccepita la “totale assenza di
motivazione in relazione al tema della non pertinenza della documentazione informatica
sottoposta a sequestro”: non sarebbe stata operata, infatti, alcuna preventiva selezione
dei documenti registrati sui supporti informatici, omettendosi così la doverosa verifica
della loro attinenza alle contestazioni mosse nel provvedimento con cui era stato disposto
il sequestro.

1

e) Un’ultima eccezione ha riguardato, infine, la omessa notifica al A.A. della
informazione di garanzia, sebbene egli “fosse sostanzialmente (anche se a torto)
individuato dal capo di imputazione come l’autore di presunti illeciti fiscali”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.

,
.

1. Quanto alla prima doglianza deve rilevarsi che il Tribunale ha dichiarato la
inammissibilità dell’impugnazione “relativamente alla documentazione informatica
acquisita dalla polizia giudiziaria previa esclusiva estrazione di copia dal server e dai PC
detenuti negli uffici della XX s.r.l.”, mentre ha confermato il
provvedimento del P.M. “per gli altri beni sequestrati al A.A.”.
Non risulta che il ricorrente abbia chiesto espressamente la restituzione delle due
chiavette USB e dell’hard disk Lacie dianzi specificati dando contezza dell’estraneità di
quanto in essi registrato ai fatti oggetto di indagini e, qualora risultasse dimostrato che il
contenuto di detti supporti informatici riguardi vicende e soggetti assolutamente diversi
da quelli coinvolti nella vicenda per cui si procede, l’interesse alla restituzione (come
rilevato dal Tribunale) potrà essere fatto valere con apposita istanza rivolta all’autorità
giudiziaria procedente.
2. Infondato è pure il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la carenza
assoluta di motivazione quanto alla pertinenza dei documenti informatici acquisiti ai reati
allo stato contestati e quanto alle esigenze probatorie.
Va anzitutto chiarito che, come costantemente affermato da questa Corte, con
riguardo alle misure cautelari reali, il ricorso per cassazione ex art. 325 cod. proc. pen. è
consentito unicamente per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di
motivazione apparente, in quanto integranti il vizio di violazione di legge, e non anche
per mero vizio logico della stessa [ex plurimis, sulla scia di Sez. Unite, n. 25932 del
29/5/2008, Ivanov, vedi, Sez. V, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini; Sez. VI, n. 7472 del
21/1/2009, P.M. in proc. Vespoli].
Nella specie, invece, nessuna motivazione apparente può dirsi sussistente già solo
per il fatto che il Tribunale ha specificamente confutato, con riferimento a fatti concreti,
l’analoga censura mossa con l’istanza di riesame.
I giudici hanno, sul punto, chiarito, infatti, che l’indagato B.B. è stato
destinatario di tre distinti atti di donazione di ingenti importi di denaro tutti eseguiti dal
“The B.B. trust”, costituito in Milano presso lo studio A.A., ove il
trust ha mantenuto il domicilio fiscale anche dopo il trasferimento della sede legale a New
York.
Lo stesso A.A. risulta essere consigliere di amministrazione della
“YY” s.p.a. e (quantomeno fino al dicembre 2011) della s.p.a. “B.B.”. La
“XX” s.r.l. risulta gestire uno dei trust facenti capo all’indagato
B.B..
In una situazione siffatta non può attribuirsi carattere meramente esplorativo al decreto
di sequestro, che invece risulta adottato nell’ambito dell’iniziale ipotesi di reato da cui ha
preso avvio l’indagine in relazione a condotte illecite delle quali è stata ampiamente
illustrata dal Tribunale l’esistenza del fumus.
Da qui la logica conclusione circa la rilevanza del materiale sequestrato a fini
probatori, trattandosi di supporti informatici in uso ad un soggetto direttamente coinvolto
2

nella gestione di un trust utilizzato a fini di frode fiscale, la cui analisi può dunque
certamente servire per acquisire ulteriori elementi probatori sulle ipotesi di reato per cui
si procede.
Tanto basta, quindi, per ritenere del tutto infondata la doglianza del ricorrente,
incentrata, appunto, sulla violazione di legge per mancanza di motivazione.
Infatti – come già rilevato da questa Sezione con la sentenza n. 24561/2012 – “se
è pur vero che è illegittima l’adozione della misura cautelare reale a fini meramente
esplorativi onde acquisire la notitia criminis in ordine ad un eventuale illecito non ancora
individuato nella sua qualificazione giuridica e nella sua specificità fattuale, è altrettanto
innegabile che il sequestro probatorio è, dal codice di rito penale, ricompreso tra i mezzi
di ricerca della prova di cui al titolo 3° del libro III, sicché, proprio in ragione della
fisiologica proiezione del mezzo in vista della acquisizione di elementi probatori, onde per
qualificare come esplorativo il mezzo, è necessario che lo scandaglio probatorio insito nel
mezzo stesso abbia a riguardare fondali fattuali non emersi in precedenza”.
Nella specie, invece, il Tribunale ha evidenziato che quei “fondali” già risultavano
in forza degli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza. La preesistenza di tali
elementi, nitidamente emergenti dal provvedimento impugnato, è, dunque, tale da
escludere che ci si trovi in presenza di un sequestro dettato da fini meramente esplorativi
essendo, invece, significativa del fatto che la finalità perseguita dal P.M. si è in realtà del
tutto fisiologicamente risolta nell’attività di ricerca della prova in relazione a dati fattuali
già emergenti in atti.
Deve rilevarsi, al riguardo, che il sequestro probatorio è legittimo non solo quando
la condotta ipotizzata è riconducibile ad una precisa fattispecie criminosa, ma anche
quando tale riconducibilìtà è discutibile sotto il profilo giuridico, sia nel senso della
possibile esclusione della condotta dall’area dell’illecito penale, sia nell’ipotesi di
configurabilità, sempre in astratto, di fattispecie criminosa diversa da quella indicata nel
decreto di sequestro. Il mezzo di ricerca della prova de quo, che costituisce lo strumento
più idoneo ad accertare la fondatezza della notitia criminis attraverso l’acquisizione del
corpo del reato e delle cose ad esso attinenti, può infatti rendersi necessario per stabilire
gli esatti termini della condotta denunciata o ipotizzata, al fine non solo della
configurabilità o meno di un reato, ma anche dell’inquadramento di tale condotta in una o
in un’altra figura criminosa, in una fase del procedimento, quale quella delle indagini
preliminari, caratterizzata dalla fluidità dell’imputazione, sia sotto il profilo fattuale che
sotto il profilo giuridico (vedi Cass., Sez. II, n. 4306 del 17/10/1995, Mancini).
3,. Anche l’ultimo motivo di ricorso è infondato.
Le Sezioni Unite – con la sentenza 23/2/2000, n. 7, Mariani – hanno affermato il
principio [più volte successivamente ribadito dalle Sezioni semplici: vedi, tra le pronunzie
meno remote, Cass., Sez. II 10/6/2008, n. 25694] secondo il quale non è necessario il
previo inoltro dell’informazione di garanzia ai fini del compimento degli atti diretti alla
ricerca della prova per i quali non sia previsto l’avviso al difensore (c.d. atti “a sorpresa”:
perquisizione, sequestro ed ispezione ex art. 364, comma 5, cod. proc. pen.), né il
pubblico ministero ha l’obbligo, ove l’indagato sia presente, di provvedere
all’informazione contestualmente all’esecuzione degli atti medesimi, contemplando la
legge in tali ipotesi una serie di adempimenti (notifica del decreto motivato, invito a
nominare un difensore di fiducia ovvero, in mancanza, designazione di un difensore
d’ufficio) di questa totalmente assorbenti e, nel concreto, sostitutivi; ove tuttavia la
persona sottoposta alle indagini non abbia assistito all’atto, una volta che questo sia
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4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del grado.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 16.5.2013
Il Consigliere rei.

Il Presidente

compiuto viene ad esaurirsi l’esigenza preclusiva connessa alla “sorpresa”, con la
conseguenza che riemerge l’obbligo del pubblico ministero del tempestivo inoltro
dell’informazione predetta, anche al fine di assicurare all’interessato la pienezza delle
facoltà difensive riconducibili al deposito degli atti previsto dall’art. 366 cod. proc. pen.
(Nell’affermare tale principio la Corte ha altresì precisato che nei casi indicati, non
sussistendo alcun obbligo di comunicazione preventiva, nessuna conseguenza per il
mancato inoltro dell’informazione di garanzia si produce su un atto già compiuto, la cui
validità resta legata soltanto al rispetto delle condizioni specifiche ad esso relative).
Nella fattispecie in esame, però, al A.A. non doveva essere inoltrata alcuna
informazione di garanzia, poiché egli non risultava iscritto nel registro degli indagati, in
quanto a suo carico non erano emersi, a giudizio del P.M., concreti elementi indizianti
idonei a ricondurre le condotte da lui tenute nel novero degli illeciti penali.

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