Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38061 del 16/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38061 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: FIALE ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIULIANI MARIO GERMANO N. IL 26/02/1972
avverso l’ordinanza n. 339/2012 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
10/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 16/05/2013

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 10/1/2013, ha rigettato l’istanza di
riesame proposta nell’interesse di Giuliani Mario Germano avverso il decreto di
sequestro probatorio emesso dal P.M. presso quel Tribunale in data 12/12/2012, in
relazione all’ipotizzato delitto di riciclaggio di cui all’art. 648 bis cod. pen. [per avere
compiuto attività dirette ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del
risparmio fiscale conseguente alla condotta di evasione delle imposte ex artt. 3 e 4 del
d.Lgs. n. 74/2000, utilizzando danaro proveniente da atti di trasferimento formalmente
denominati “donazioni” ricevute da un trust cogestito dalla Severgnini Family Office s.r.l.
finalizzati a redistribuire profitti del gruppo di società facenti capo al Giuliani senza
sottoporli alla tassazione ordinaria. Parte della disponibilità finanziaria conseguita con tale
espediente era stata investita nell’acquisto, presso una galleria d’arte che esponeva a
Parigi, di un dipinto di Lucio Fontana del valore di quasi 4 milioni e mezzo di euro,
facendo altresì figurare come acquirente fittizio una società con sede in Miami
amministrata da sua moglie].
il Tribunale ha proceduto alla riqualificazione giuridica dei fatti contestati, che ha
ricondotto alle fattispecie delittuose di cui agli artt. 3 e 4 del d.Lgs. n. 74/2000.
Il Giuliani ha proposto ricorso per cassazione tramite il proprio difensore, con il
quale ha eccepito violazione di legge, prospettando la indebita mutazione
dell’incolpazione originaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
Rileva il Collegio che il sequestro probatorio è legittimo non solo quando la
condotta ipotizzata è riconducibile ad una precisa fattispecie criminosa, ma anche quando
tale riconducibilità è discutibile sotto il profilo giuridico, sia nel senso della possibile
esclusione della condotta dall’area dell’illecito penale, sia nell’Ipotesi di configurabilità,
sempre in astratto, di fattispecie criminosa diversa da quella indicata nel decreto di
sequestro. Il mezzo di ricerca della prova de quo, che costituisce lo strumento più idoneo
ad accertare la fondatezza della notitia criminis attraverso l’acquisizione del corpo del
reato e delle cose ad esso attinenti, può infatti rendersi necessario per stabilire gli esatti
termini della condotta denunciata o ipotizzata, al fine non solo della configurabilità o
meno di un reato, ma anche dell’inquadramento di tale condotta in una o in un’altra
figura criminosa, in una fase del procedimento, quale quella delle indagini preliminari,
caratterizzata dalla fluidità dell’imputazione, sia sotto il profilo fattuale che sotto il profilo
giuridico (vedi Cass., Sez. II, n. 4306 del 17/10/1995, Mancini).
Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, inoltre, in sede di riesame, il
tribunale può confermare il provvedimento di sequestro anche sulla base di una diversa
qualificazione giuridica del fatto in relazione al quale è stato ravvisato il fumus commissi
delicti, ma non può porre a fondamento della propria decisione un fatto diverso (vedi, ex
plurimis, Cass.: Sez. I, 14/10/2009, n. 41948; Sez. VI, 8/5/2008, n. 24126).
Nella specie non è ravvisabile mutamento del fatto, poiché nel capo provvisorio di
imputazione era già espressamente indicato che il contestato riciclaggio (attuato
attraverso l’acquisto del dipinto) si riconnetteva a condotte di evasione delle imposte ex
artt. 3 e 4 del d.Lgs. n. 74/2000.
1

Erano stati portati a conoscenza dell’indagato gli elementi di accusa riferiti alla
gestione di un trust utilizzato a fini di frode fiscale, per la redistribuzione di profitti del
gruppo di società facenti capo al Giuliani senza sottoporli alla tassazione ordinaria, sicché
in relazione a tali elementi gli era stato reso possibile l’esercizio del diritto di difesa.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del grado.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 16.5.2013
Il Consigliere rei.

Il Presidente

P.Q.M.

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