Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38046 del 27/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38046 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Speranza Leo

nato il 2.7.1978

avverso la sentenza dell’11.6.2012
del Tribunale di Teramo, sez. dist. di Acri
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Aldo Policastro, che ha
chiesto dichiarsi inammissibile il ricorso

1

Data Udienza: 27/06/2013

1. Con sentenza dell’11.6.2012 il Tribunale di Teramo, sez. dist. di Acri, in composizione
monocratica, condannava Speranza Leo, applicata la diminuente per la scelta del rito, alla pena
di euro 1.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 256 comma 2 D.L.vo n.152/2006 per
avere, in qualità di amministratore della ditta “R.C.S.L. di Speranza Leo” abbandonato e
comunque depositato in modo incontrollato, sull’area adiacente l’ex mattatoio comunale in via
Nazionale di Roseto degli Abruzzi (TE), rifiuti speciali non pericolosi costituiti da “rubinetteria,
attrezzature alberghiere metalliche e plastiche in disuso nonché sdraio da mare, ecc…” tutti
beni provenienti dall’Hotel Albatros di Roseto degli Abruzzi dove Speranza Leo stava
eseguendo lavori di ristrutturazione e tinteggiatura.
Assumeva il Tribunale che in data 22.4.2010 il Nucleo di Polizia Ambientale aveva accertato
che nell’area adiacente all’ex mattatoio erano stati depositati i rifiuti speciali non pericolosi
indicati nell’imputazione; dalle successive indagini emergeva che tali rifiuti erano riferibili
all’Hotel Albatros che aveva incaricato per lo smaltimento degli stessi la ditta RCSL di
Speranza Leo.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale che fosse configurabile il reato contestato, trattandosi di
deposito incontrollato e abbandono di rifiuti, non ricorrendo le condizioni normative di un
deposito temporaneo.
2. Avverso la predetta sentenza proponeva appello Speranza Leo, a mezzo del difensore,
assumendo che essa era viziata da errori motivazionali ed era illogica in ordine alla
configurabilità del reato contestato sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
Il Tribunale non aveva tenuto conto che dagli atti non emergeva alcuna prova della riferibilità
della condotta contestata all’imputato, il quale, con scrittura privata con l’Hotel Albatros t si era
impegnato solo ad effettuare lavori di ristrutturazione ma non certo a smaltire i rifiuti, che,
comunque, non potevano essere certo qualificati, contrariamente a quanto ritenuto dal
Tribunale, come provenienti da demolizioni.
Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di discarica, smaltimento di rifiuti,
stoccaggio, deposito temporaneo, assumeva che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto che
la condotta posta in essere non fosse riconducibile all’ipotesi di cui all’art.255 D.L.vo 152/2006.
Né il Tribunale aveva tenuto conto che, comunque, non sussisteva l’elemento soggettivo del
reato.
3. Non essendo la sentenza appellabile, gli atti venivano trasmessi a questa Corte ex art.568
co.5 c.p.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché vengono proposte doglianze manifestamente infondate e
attinenti al merito della decisione impugnata, come del resto emerge dal fatto che si intendeva
proporre appello.

RITENUTO IN FATTO

2. Il Tribunale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto che dalle
risultanze processuali, emergesse che a depositare i rifiuti nell’area fosse stato lo Speranza. Ha
fatto riferimento in proposito agli accertamenti svolti dagli Agenti del Nucleo Polizia ambientale
ed alle dichiarazioni rese da Di Carlo Michele, titolare dell’Hotel Albatros, ed alla scrittura
privata tra l’Hotel e RCSL in data 5.2.2010 che prevedeva, contrariamente a quanto sostenuto
dal ricorrente, anche lo “smaltimento di ddetti rifiuti”.
Del resto lo stesso ricorrente riconosce che, a mezzo di scrittura privata, si era impegnato a
svolgere lavori di ristrutturazione per conto dell’Hotel Albatros.
Che poi si trattasse di rifiuti speciali non pericolosi non può essere minimamente revocato in
dubbio. Irrilevante pertanto è che essi fossero stati depositati in un’area nelle vicinanze di
cassonetti, non trattandosi certamente di rifiuti solidi urbani.
3. Le censure, peraltro generiche (in particolare in relazione all’elemento soggettivo), sollevate
dal ricorrente non tengono conto che il controllo demandato alla Corte di legittimità va
I

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4. Quanto alla configurabilità del reato contestato, il Tribunale ha rilevato che si era in
presenza, senza dubbio alcuno,di deposito incontrollato di rifiuti, non ricorrendo le condizioni
previste dalla normativa vigente per poter parlarsi di deposito temporaneo.
Questa Corte ha, invero, più volte affermato che in tema di deposito di rifiuti, si ha deposito
temporaneo, come tale lecito, quando i rifiuti sono raggruppati, in via temporanea ed alle
condizioni previste dalla legge, nel luogo della loro produzione; si ha stoccaggio, che richiede
l’autorizzazione o la comunicazione in procedura semplificata, quando non sono rispettate le
condizioni previste dal D.L.vo n,22 del 1997, art.6 lett.m) per il deposito temporaneo di rifiuti;
si ha invece deposito incontrollato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi
viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori dalla sfera di
controllo del produttore: tale ultima condotta è sanzionata penalmente, se posta in essere da
soggetti titolari di impresa o da responsabili di enti, mentre è sanzionata in via amministrativa,
quando sia effettuata da persone fisiche diverse da quelle precedentemente indicate (cfr. ex
multis Cass.pen.sez.3 n.21024 del 25.2.2004 -Eoli).
Anche, a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 152/2006, pur riconoscendosi che, al fine di
qualificare il deposito quale temporaneo, il produttore dei rifiuti può alternativamente e
facoltativamente scegliere di adeguarsi al criterio quantitativo o a quello temporale, ovvero
può conservare i rifiuti per tre mesi in qualsiasi quantità, oppure conservarli per un anno
purchè la loro quantità non raggiunga i venti metri cubi” (cfr. Cass.pen. Sez.3 30.11.2006
n.39544; Cass.sez.3 19.4.2007 n.15997), si è ritenuto che deve, comunque, trattarsi di un
raggruppamento temporaneo effettuato prima della raccolta nel luogo in cui i rifiuti sono
prodotti, nel rispetto delle condizioni fissate dall’art.183 D.L.vo 152/06 e nel rispetto dei
principi di precauzione e di azione preventiva (cfer.Cass.pen.sez.3 30.11.2006 n.39544 cit.).
5. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle
ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi
dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 27.6.2013

esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il
tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilità di verificare se i
risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni
probatorie risultanti dagli atti del processo. E’ necessario cioè accertare se nell’interpretazione
delle risultanze processuali siano state applicate le regole della logica, le massime di comune
esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la
giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr.ex
multis Cass.pen.sez.1 RV214567).

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