Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 38039 del 20/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 38039 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARO ADAMO GIUSEPPE N. IL 16/03/1969
avverso la sentenza n. 626/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
19/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. U. 0 1,4t.J.&,,..t,*3
che ha concluso per A_ tie.„5:0 Lo.k A.:.c.•21.4.
,G

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 20/06/2013

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Lecce, con sentenza del 19.12.2012, ha riformato,
concedendo il beneficio della non menzione della condanna nel certificato
penale, la decisione con la quale, in data 4.3.2010, Il Tribunale di Lecce – Sezione
Distaccata di Casarano, aveva riconosciuto

Adamo Giuseppe FERRARO

opere edilizie in totale difformità del permesso di costruire.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la nullità del decreto di citazione
per il giudizio di primo grado, osservando di aver dichiarato il domicilio per le
notificazioni presso la propria residenza in Casarano, contrada Spagnolo s.n.c. E
di aver successivamente nominato un difensore di fiducia mantenendo il
suddetto domicilio.
In data 10.6.2009 il difensore rinunciava al mandato con atto depositato
presso l’autorità procedente la quale emetteva, 1’11.6.2009, il decreto di
citazione a giudizio, disponendone la notificazione presso il domicilio dichiarato.
Dalla relata redatta dall’ufficiale giudiziario risultava che la notifica non era
andata a buon fine ritenendo l’indirizzo insufficiente ed il destinatario
sconosciuto, cosicché la notifica dell’atto veniva effettuata presso il difensore ai
sensi dell’art. 161, comma 4 cod. proc. pen.
Tale circostanza determinava, ad avviso del ricorrente, la nullità della
notificazione in quanto effettuata presso il difensore che aveva già rinunciato al
mandato e permanendo comunque l’idoneità del domicilio come dimostrato dalle
valide notifiche degli atti successivi ivi effettuate.
Rileva, pertanto, che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere valida la
notifica sulla scorta di quanto disposto dall’art. 107, comma 3 cod. proc. pen., il
quale stabilisce che la rinuncia al mandato non ha effetto finché l’imputato non
risulti assistito da un nuovo difensore.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta il vizio di motivazione in
relazione alla medesima circostanza, evidenziando che la Corte del merito non
avrebbe motivato sul rilievo che la rinuncia al mandato era intervenuta prima
dell’emissione del decreto di citazione a giudizio.

4. Con un terzo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge in relazione

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responsabile del reato di cui all’art. 44, lett. b) d.P.R. 380\01 per l’esecuzione di

alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla dosimetria della
pena, che avrebbe dovuto essere contenuta entro il minimo edittale.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Dall’esame degli atti del procedimento, la cui consultazione non è preclusa a
questa Corte stante la natura processuale dell’eccezione proposta, emerge che, il
26.6.2008, il ricorrente ha dichiarato il proprio domicilio in Casarano, contrada
Spagnolo s.n.c., nominando successivamente, con atto depositato in data
8.4.2009, il difensore di fiducia nella persona dell’Avv. Luigi Pennetta. Il 10.6.2009
veniva depositata presso la Procura della Repubblica la rinuncia al mandato del
difensore, mentre il decreto di citazione a giudizio reca la data del giorno
seguente, 11.6.2009.

6. Ciò premesso, deve ricordarsi che, ai fini dell’applicabilità dell’art. 161,
t
comma 4 cod. proc. pen., l’impossibilità della notificazione non si ritne integrata
dall’assenza o l’allontanamento temporaneo dell’imputato stesso dal luogo
indicato, occorrendo un elemento ulteriore che consenta di ritenere l’elezione di
domicilio mancante od insufficiente, ovvero che l’imputato si sia trasferito
altrove.
In tal senso si è infatti espressa la prevalente giurisprudenza di questa Corte
(Sez. Il n. 48349, 28 dicembre 2011; Sez. I n. 36235, 11 ottobre 2010; Sez. IV n.
36966, 26 settembre 2003) confutando il diverso indirizzo che ritiene sufficiente
il requisito della temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso
dell’ufficiale notificatore, senza che sia necessario procedere ad una verifica di
vera e propria irreperibilità, così da qualificare come definitiva l’impossibilità di
ricezione degli atti nel luogo dichiarato o eletto dall’imputato, considerati gli
oneri imposti dalla legge a quest’ultimo (Sez. VI n. 42699, 18 novembre 2011;
Sez. V n. 22745, 7 giugno 20119).
Nella fattispecie, quell’ulteriore elemento richiesto risultava sussistente,
avendo l’ufficiale notificatore non soltanto evidenziato l’insufficienza
dell’indirizzo, ma anche la circostanza che il destinatario era comunque
sconosciuto.
E’ di tutta evidenza che tale verifica da parte dell’ufficiale giudiziario
costituisce una situazione di fatto certificata dal pubblico ufficiale all’esito di

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5. Il ricorso è infondato.

adempimenti caratterizzati da precise formalità che tuttavia, come è già stato
affermato da questa Corte (Sez. III n. 35048, 28 settembre 2010), va valutata con
riferimento al momento e alle circostanze in cui essa si prospetta all’ufficiale
giudiziario medesimo.
Sull’esito di tale accertamento si basa, dunque, la notificazione poi effettuata
presso il difensore, la cui validità non può essere inficiata da circostanze
successivamente verificatesi, quali la effettuazione di valide notifiche al domicilio
originariamente dichiarato o eletto, ben potendo tale evenienza dipendere anche

determinarsi a procedere alla notificazione presso il difensore in base a quanto
verificato al momento, non potendo egli prevedere quale potrebbe essere l’esito
di eventuali successivi accessi presso il domicilio dichiarato o eletto.

7. Verificata pertanto la possibilità di applicare, nella fattispecie, il disposto
dell’art. 161, comma 4 cod. proc. pen., resta da accertare se la notifica effettuata
al difensore che aveva precedentemente rinunciato al mandato poteva o meno
ritenersi valida per essere ancora efficace la precedente nomina.
L’art. 107, comma 3 cod. proc. pen., cui si riferisce il provvedimento
impugnato nel rigettare l’eccezione, stabilisce che la rinuncia del difensore
all’incarico conferitogli non ha effetto finché la parte non risulti assistita da un
nuovo difensore di fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso il termine
eventualmente concesso a norma dell’articolo 108. Il successivo comma 4
estende l’applicabilità della richiamata disposizione anche nel caso di revoca.
La disposizione ha lo scopo evidente di assicurare continuità nella difesa
(oltre ad evitare un utilizzo strumentale della rinuncia o della revoca del
mandato) ed è stata interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso
che la comunicazione all’autorità giudiziaria della rinuncia al mandato deve
essere effettuata in tempo utile a consentire la sostituzione del difensore con uno
nominato d’ufficio senza causare rinvii del processo. La comunicazione si
considera tempestiva quando non determina rinvii dell’udienza già fissata e
rinnovazione delle notificazioni già effettuate, in definitiva quando non provoca
alcun ritardo nella definizione della causa (così Sez. III n. 47441, 22 dicembre
2008).
8. Nella fattispecie, l’atto di rinuncia risulta depositato negli uffici di Procura
il giorno antecedente a quella della sottoscrizione, da parte del Pubblico
Ministero, del decreto di citazione a giudizio, la predisposizione del quale,
peraltro, unitamente all’individuazione della data dell’udienza con provvedimento
di fissazione secondo quanto stabilito dagli artt. 160 e 132 disp. att. cod. proc.

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da fatti sopravvenuti e dovendo necessariamente l’ufficiale giudiziario

pen., era avvenuta certamente in un tempo precedente, così come è plausibile
che la effettiva conoscenza dell’atto di rinuncia da parte del magistrato che lo ha
sottoscritto sia avvenuta successivamente alla formazione del decreto di
citazione, come si desume dall’annotazione manoscritta che ne dispone l’invio al
giudice del dibattimento.
Tale stato di cose, determinato dalle modalità di organizzazione interna
dell’ufficio giudiziario, non può certo assumere rilievo per l’imputato o il suo
difensore e la conoscenza della revoca prima della sottoscrizione dell’atto altro

nominativo di un nuovo difensore, senza apprezzabile ritardo nello svolgimento
delle successive attività.
Ciò che invece rileva è l’esigenza di assicurare la difesa all’imputato senza
soluzione di continuità, che il richiamato art. 107 cod. proc. pen. garantisce,
dovendo trovare applicazione, ad avviso del Collegio, anche quando, come nel
caso in esame, non vi sia alcuna certezza dell’effettiva conoscenza della
comunicazione di revoca da parte dell’autorità giudiziaria procedente poiché, in
caso contrario, l’imputato resterebbe privato della difesa fino alla nomina del
nuovo difensore.
Deve dunque ritenersi che il difensore che aveva rinunciato al mandato
doveva ritenersi ancora onerato della difesa dell’imputato fino alla nomina del
difensore d’ufficio poi effettuata dal giudice del dibattimento e, quindi,
validamente effettuata la notifica a sue mani del decreto di citazione con le
modalità in precedenza indicate.
Va peraltro rilevato che la ricezione dell’atto da parte dell’ufficiale
giudiziario, il quale ha proceduto alla notifica con le forme ordinarie e non a
mezzo del servizio postale, non è stata rifiutata dal difensore, né risulta dagli atti
che questi si sia in qualche modo attivato, dopo la consegna, per segnalare
l’accaduto all’imputato o all’ufficio giudiziario o, quanto meno, per assicurarsi che
fosse stato nominato un nuovo difensore e, conseguentemente, fosse venuto
meno ogni obbligo derivante dal mandato ancora efficace per effetto del più
volte richiamato art. 107 cod. proc. pen.
Il primo e secondo motivo di ricorso risultano pertanto infondati non essendo
la sentenza impugnata affetta dai vizi denunciati.

9. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per quanto attiene al terzo motivo
di ricorso
Per quanto riguarda, infatti, la dosimetria della pena, occorre rilevare che i
giudici del gravame hanno ritenuto adeguata la pena stabilita dal primo giudice
in quanto proporzionata a dimensioni, consistenza e caratteristiche dell’abuso

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non avrebbe comportato se non l’annotazione, per la successiva notifica, del

edilizio.
Tali argomentazioni risultano del tutto sufficienti a giustificare il corretto
esercizio del potere discrezionale di determinazione della pena e dei criteri di
valutazione fissati dall’articolo 133 cod. pen. non essendo richiesto al giudice di
procedere ad una analitica valutazione di ogni singolo elemento esaminato, ben
potendo assolvere adeguatamente all’obbligo di motivazione limitandosi anche
ad indicarne solo alcuni o quello ritenuto prevalente (v. Sez. Il n. 12749, 26 marzo
2008).

loro concessione presuppone la sussistenza di positivi elementi di giudizio e non
costituisce un diritto conseguente alla mancanza di elementi negativi connotanti
la personalità del reo, cosicché deve ritenersi legittimo il diniego operato dal
giudice, come nel caso in esame, in assenza di dati positivi di valutazione (Sez. III
n. 19639, 24 maggio 2012; Sez. I n. 3529, 2 novembre 1993; Sez. VI n. 6724, 3
maggio 1989; Sez. VI n. 10690, 15 novembre 1985; Sez. I n. 4200, 7 maggio
1985).

10. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni
indicate in dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento.
Così deciso in data 20.6.2013

Parimenti giustificato risulta il diniego delle attenuanti generiche, poiché la

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