Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3803 del 17/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3803 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VINCI LUCIANO N. IL 07/02/1987
avverso la sentenza n. 817/2010 CORTE APPELLO di MESSINA, del
13/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO
o
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per Q ‘

C+;

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/12/2014

RITENUTO IN FATTO

Il tribunale di Messina, a seguito di giudizio abbreviato, condannava Vinci Luciano alla pena di
mesi otto di reclusione ed euro 300 di multa in quanto ritenuto colpevole del reato di cui agli
articoli 110 del codice penale e 95 d.p.r. 115/2002 per aver falsamente dichiarato, nell’istanza
di ammissione al gratuito patrocinio, che nell’anno di imposta 2006 il nucleo familiare non
aveva percepito redditi superiori al limite di legge, omettendo di dichiarare redditi percepiti da

Il fatto era stato commesso in Messina il 6 novembre 2007.
Secondo l’accusa Vinci Luciano aveva avanzato richiesta di ammissione al patrocinio a spese
dello Stato in relazione al procedimento penale numero 5507/07 R.G.N.R. e la Guardia di
Finanza, all’esito degli accertamenti, aveva comunicato che Vinci Carmelo, padre del
richiedente, aveva percepito nell’anno 2006 un reddito significativamente superiore a quello
indicato nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che egli stesso aveva sottoscritto e
che era stato allegato all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata dal
figlio Vinci Luciano. In particolare, Vinci Carmelo aveva omesso di dichiarare il reddito diverso
da quello ritratto dall’attività lavorativa svolta per un importo pari ad euro 4293,00. Il gip
aveva, pertanto, revocato con efficacia retroattiva l’ammissione di Vinci Luciano al beneficio
ottenuto ed aveva disposto la trasmissione di copia degli atti al pubblico ministero per
l’esercizio dell’azione penale. Il procedimento a carico di Vinci Carmelo era esitato in un
patteggiannento mentre il figlio Luciano aveva chiesto di essere giudicato nelle forme del rito
abbreviato. Rilevava il giudicante che la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto
in contestazione era da ritenersi provata in quanto la prospettazione difensiva secondo la quale
egli non era stato a conoscenza dei redditi percepiti dal padre appariva radicalmente carente di
ogni verosimiglianza in quanto il sostenere che Vinci Carmelo potesse aver scientemente
occultato in ambito familiare la percezione di un reddito tutt’altro che modesto contrastava con
il fatto che le condizioni del nucleo familiare, composto dal genitore dichiarante e da quattro
figli maggiorenni privi di disponibilità, erano modeste e nell’anno di riferimento Vinci Carmelo si
era intestato un’autovettura Smart sicché, se realmente egli avesse inteso celare l’avvenuta
percezione di un reddito ulteriore rispetto a quello che ritraeva dall’attività lavorativa, si
sarebbe ben guardato dal dar corso ad una spesa così impegnativa che avrebbe destato
attenzione in capo dei figli conviventi. Peraltro l’imputato era meritevole della concessione delle
attenuanti generiche da ritenersi equivalenti rispetto alla circostanza aggravante contestata
avendo ottenuto l’ammissione al patrocinio.
Avverso la sentenza della corte d’appello di Messina in data 13 novembre 2013, che ha
confermato quella di primo grado, propone ricorso per cassazione Vinci Luciano svolgendo due
motivi.
Con il primo motivo deduce genericamente violazione dell’art. 606 cod. proc. pen. in quanto la
corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado senza accertarsi se il falso fosse
1

Vinci Carmelo ( padre convivente ) per euro 16.582 e conseguendo, così, il gratuito patrocinio.

attribuibile anche al ricorrente ovvero al solo padre convivente che in quell’anno aveva
percepito, all’insaputa del figlio, la maggior somma, rispetto al reddito dichiarato, di euro
4.293,00. Sosiene il ricorrente che, qualora si affermi che il dichiarantè responsabile delle
dichiarazioni rese dai membri della sua famiglia, si incorrerebbe in affermazione di
responsabilità oggettiva non conforme al dettato di cui all’art. 27 della Costituzione.
Diversamente egli non potrebbe essere ritenuto responsabile di una falsa dichiarazione
rilasciata dal padre.

attenuanti generiche equivalenti a una contestata aggravante che non è stata contestata,
ragion per cui il riconoscimento delle attenuanti generiche dovrebbe condurre all’irrogazione di
una pena più lieve.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Osserva la corte che il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Invero, a tacer del fatto che il ricorrente neppure ha specificato per quale delle violazioni
elencate nell’art. 606 cod. proc. pen. intende censurare la sentenza di merito, per il che il
motivo sarebbe per ciò solo inammissibile, non è ravvisabile contrasto alcuno della norma di
cui all’art. 95 d.p.r. 115/2002 con il dettato costituzionale riguardante la personalità della
responsabilità penale, tenuto conto che la norma non attribuisce a titolo di responsabilità
oggettiva il mendacio posto in essere dai membri della famiglia, diversi dall’istante, nelle
attestazioni dei redditi da essi percepiti ma presuppone l’accertamento della consapevolezza, in
capo all’istante medesimo, della non rispondenza al vero delle dichiarazioni rese dai terzi. Sul
punto della consapevolezza, peraltro, il tribunale ha dato ampia ed esaustiva motivazione che
non è stata censurata in questo giudizio di legittimità sotto il profilo della mancanza o
contraddittorietà.
Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile. Invero le attenuanti generiche sono
state ritenute equivalenti all’aggravante di cui all’art. 95, secondo periodo, d.p.r. 115/2002,
contestata nel capo di imputazione, per avere il richiedente ottenuto l’ammissione al patrocinio
a spese dello Stato, beneficio poi revocato. E la graduazione della pena, anche in relazione agli
aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito che la esercita, così come per fissare la pena base, in
aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile
la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità
della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia
sorretta da sufficiente motivazione ( Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014,
Ferrario, Rv. 259142).
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle
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Con il secondo motivo deduce violazione di legge per aver il giudicante riconosciuto le

spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore
della cassa delle ammende.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 17.12.2014.

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