Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3802 del 17/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3802 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOSSI FRANCESCO GIORGIO N. IL 15/06/1989
avverso la sentenza n. 3806/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 17/12/2014

RITENUTO IN FATTO

La corte d’appello di Milano, con sentenza in data 12 luglio 2013 riformava parzialmente la
sentenza emessa dal tribunale di Milano in data 9 marzo 2012 con cui Bossi Francesco Giorgio
era stato condannato, a seguito di giudizio abbreviato, alla pena di anni tre e mesi quattro di
reclusione, oltre al risarcimento dei danni esistenziali patiti dalle parti civili da liquidarsi in
separata sede, per il reato di cui all’articolo 589, commi 1, 2 e 3 numero 1 e 4, del codice

avendoli investiti, mentre si trovava alla guida di autoveicolo, quando questi stavano
percorrendo l’attraversamento segnalato dalle strisce pedonali e si trovavano a circa metà
della carreggiata; all’imputato era stato contestato, altresì, il reato di guida in stato di
ebbrezza alcolica misurata in grammi 1,51 per litro. Il fatto era stato commesso a Milano il 29
aprile 2010.
La corte d’appello riduceva la pena inflitta all’imputato ad anni due e mesi otto di reclusione
rilevando che la pena base stabilita dal primo giudice in cinque anni di reclusione poteva
essere ridotta a quattro anni per effetto delle circostanze generiche, cui andava applicata la
diminuente per il rito. La corte d’appello, infine, condannava l’imputato a rifondere alle parti
civili le spese del grado e confermava nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza della corte d’appello proponeva ricorso per cassazione Francesco Giorgio
Bossi a mezzo del proprio difensore svolgendo quattro motivi.
Con il primo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la corte
d’appello, con motivazione mancante, illogica e contraddittoria, oltre che in palese contrasto
con la giurisprudenza delle sezioni unite civili della corte di cassazione, aveva negato
all’imputato la concessione dell’attenuante del risarcimento del danno di cui all’articolo 62
numero 6 cod. pen.. Ciò in quanto la corte d’appello, benché avesse dato atto che l’imputato
aveva risarcito il danno alle parti civili in modo che la somma versata a ciascuna di esse, in
aggiunta a quella corrisposta dalla compagnia assicuratrice, raggiungeva il massimo previsto
dalle tabelle in vigore presso il tribunale di Milano, aveva ritenuto, senza fornire adeguata
motivazione sul punto, che gli interventi economici integrativi compiuti da Francesco Bossi, in
una con gli indennizzi assicurativi, non potevano ritenersi integralmente risarcitori rispetto al
danno esistenziale benché dovessero essere valutati ai fini della concessione delle attenuanti
generiche.
Con il secondo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza
impugnata nella parte in cui la corte territoriale aveva ridotto la pena base, determinata in anni
cinque di reclusione, di un solo anno per effetto delle riconosciute attenuanti generiche pur
avendo dato atto della disponibilità mostrata con l’integrazione, in maniera sostanziosa, dei
bassi indennizzi assicurativi. La corte d’appello, invero, da un lato aveva considerato
eccezionale e meritevole di considerazione il fatto che fosse stato versato un sì ingente

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penale per aver cagionato il decesso di Martiniello Marco e lesioni personali a Nuzzi Francesca

risarcimento, dall’altro aveva concesso una diminuzione di pena dipendente delle attenuanti
generiche estremamente ridotta.
Con il terzo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il giudice di
secondo grado era pervenuto alla determinazione della pena con una motivazione del tutto
apparente, contraddittoria ed illogica. Invero gli elementi citati in sentenza a sostegno della
configurabilità di un grado di colpa elevato erano costitutivi del reato aggravato contestato e la
corte non aveva adeguatamente considerato tutta la documentazione prodotta in ordine alle

Con il quarto motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza
impugnata nella parte in cui la corte d’appello lo aveva condannato al pagamento delle spese
processuali nei confronti delle parti civili Maio Maria Grazia, Martiniello Enzo, Martiniello Marina
e Nuzzi Francesca senza tener conto del fatto che, come pur rilevato al fine di escludere
l’ipotesi aggravata dell’articolo 589, comma 4, cod. pen., Francesca Nuzzi non aveva sporto
querela nei confronti del Bossi e, dunque, non poteva essere parte civile nel processo penale
non avendo proposto un’istanza punitiva che la rendesse titolata a partecipare al processo.
Dunque la corte d’appello, errando, non aveva provveduto a dichiarare l’inammissibilità della
domanda della parte civile Nuzzi Francesca.

CONSIDERATO IN DIRITTO

In ordine al primo motivo di ricorso, osserva la corte che la circostanza attenuante prevista
dall’art. 62, n. 6, cod. pen., per la sua portata generale, può essere riconosciuta anche
quando, come nel caso che occupa, il danno risarcibile sia di natura psichica o morale, ben
potendo anche quest’ultimo essere suscettibile di quantificazione e di riparazione ( Sez. 3, n.
28753 del 19/03/2013, M, Rv. 256671 ). Ciò che rileva, peraltro, è che la riparazione del
danno sia integrale e, quindi, effettiva. Sul punto la corte di legittimità, con giurisprudenza del
tutto costante, ha rilevato, infatti, che l’attenuante in esame è soggettiva quanto agli effetti, ai
sensi dell’art. 70 cod. pen., ma non anche ai fini del suo contenuto, per il quale deve
qualificarsi come oggettiva, sicché nel conflitto di interessi tra reo e vittima del reato, la
prevalenza dell’interesse di quest’ultima all’integralità della riparazione non lascia alcuno
spazio a pur eloquenti manifestazioni di ravvedimento del reo. Il legislatore, ha, invero, inteso
dare prevalenza alla figura della persona offesa ed all’esigenza che il pregiudizio da questa
subito a causa del comportamento criminoso del colpevole sia interamente ristorato sicché
l’attenuante non può sussistere se il riequilibrio patrimoniale non risulti pieno ( Sez. 2, n.
9143 del 24/01/2013, Corsini e altri, Rv. 254880; Sez. 2, n. 12366 del 24/03/, Sola, Rv.
246673 ).
Ora, la corte territoriale ha dato atto del fatto che il Bossi ha corrisposto a ciascuna delle parti
civili la somma che, unita a quella versata dalla compagnia assicuratrice, era pari al massimo
previsto dalle tabelle per il risarcimento del danno in uso al tribunale di Milano ma non ha
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condizioni psichiche del reo ed al percorso personale post factum.

fornito motivazione alcuna delle ragioni per le quali il risarcimento integrale del danno
concretamente patito dalle parti civili presupponesse il versamento di somma maggiore di
quella prevista dalle tabelle stesse in considerazione della particolarità delle condizioni
psichiche e relazionali in cui le stesse si erano venute a trovare in conseguenza del grave
evento luttuoso subito.
Invero sul punto va considerato che la corte di legittimità ha affermato che le tabelle per la
liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all’integrità psico-fisica

fini della valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ., laddove la fattispecie concreta non
presenti circostanze tali da richiedere la relativa variazione in aumento o in diminuzione. Ove,
peraltro, si tratti di dover risarcire anche i c.d. “aspetti relazionali” propri del danno non
patrimoniale, il giudice è tenuto a verificare se i parametri delle tabelle in concreto applicate
tengano conto pure del c.d. “danno esistenziale”, ossia dell’alterazione/cambiamento della
personalità del soggetto che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell’esistenza, e cioè in
radicali cambiamenti di vita, dovendo in caso contrario procedere alla c.d. “personalizzazione”,
riconsiderando i parametri anzidetti in ragione anche di siffatto profilo, al fine di debitamente
garantire l’integralità del ristoro spettante al danneggiato ( Sez. 3 civ., Sentenza n. 14402 del
30/06/2011, Rv. 618049 ). Dunque se le citate tabelle costituiscono un riconosciuto valido
parametro di riferimento per il risarcimento del danno, la corte territoriale avrebbe dovuto
esplicitare le ragioni per le quali nel caso concreto la somma in essa prevista quale ristoro del
danno patito dovesse essere considerata maggiore per la particolare gravità delle sofferenze
patite dalle parti civili rispetto a quelle che generalmente conseguono ad un similare evento
luttuoso. La sentenza va, perciò, annullata con rinvio per nuovo esame sul punto alla corte
d’appello di Milano.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso rimangono assorbiti.
Il quarto motivo di ricorso è fondato.
Invero è illegittima la sentenza impugnata nella parte in cui, pur avendo la corte d’appello
accertato che l’azione penale per il reato di lesioni patite da Nuzzi Francesca era improcedibile
per mancanza di querela fin dalla pronuncia di primo grado, ha condannato l’imputato alla
rifusione delle spese processuali dalla stessa sostenute nel giudizio di appello, con ciò
implicitamente affermando che vi era stata valida costituzione di parte civile, mentre mancava
la condizione di procedibilità che legittimava la Nuzzi all’azione civile nel processo penale ( cfr.
Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142).
Il giudice del rinvio procederà, dunque, alla sola liquidazione delle spese processuali in favore
delle altre parti civili validamente costituite.

P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza con rinvio alla corte d’appello di Milano per nuovo esame.
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predisposte dal Tribunale di Milano costituiscono valido e necessario criterio di riferimento ai

Così deciso il 17.12.2014.

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