Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37985 del 15/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37985 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LA MARCA GIUSEPPE N. IL 17/12/1972
avverso l’ordinanza n. 284/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
28/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
-lette/sentite le conclusioni del PG Dott.Rer,u)
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 15/07/2013

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 28 gennaio 2013, il Tribunale del riesame di Napoli,
deliberando ex art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza del G.I.P. dello
stesso Tribunale che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere
a La Marca Giuseppe per i delitti di lesioni volontarie in danno di Diego Del
Vecchio e di detenzione e porto in luogo pubblico di armi comuni da sparo, reati
aggravati dalla commissione del fatto avvalendosi del metodo mafioso.

cautelare e ritenuta fondata dai giudici del riesame, il Del Vecchio, alle ore 23,00
del 18 giugno 2012, aveva subito un’aggressione all’interno del bar “Rosa Blu” in
Saviano, di cui era gestore.
Tale aggressione, secondo le dichiarazioni della persona offesa, inizialmente
a dir poco reticenti, sarebbe stata posta in essere da tale Paolo Amato, il quale,
presentatosi nel locale accompagnato da due sconosciuti, lo avrebbe colpito,
unitamente ai suoi accompagnatori, più volte con calci e pugni al volto,
interrompendo il pestaggio e dandosi alla fuga, verosimilmente, solo a seguito
della copiosa fuoriuscita del sangue determinata dalla frattura del setto nasale.
L’aggressione, secondo la persona offesa, era da ricollegare alla circostanza
che circa una settimana prima, l’Amato – sovente ubriaco e dedito all’uso di
sostanze stupefacenti – era stato da lui allontanato dal bar, in quanto aveva
iniziato ad infastidire alcuni avventori, venendo nell’occasione, una volta
rientrato poco dopo nell’esercizio, anche schiaffeggiato, certamente da lui, e
forse, da tale Biagio detto “Lupin”, il quale, del resto, poco prima del pestaggio
del Del Vecchio, trovandosi anch’egli nel bar, era stato anche lui ripetutamente
percosso dagli aggressori, uno dei quali, nella circostanza, aveva mostrato una
pistola e profferito frasi minacciose (state tranquilli se no vi facciamo vedere
cos’è il terrore) rivendicando la sua appartenenza ad un clan camorristico (nuje
appartenimmo e’ fabbrocin).
1.2 Relativamente poi al concorso nel reato del La Marca, quanto meno
morale (nella forma cioè del rafforzamento del proposito criminoso), esso,
secondo i giudici di merito, doveva ritenersi sufficientemente acclarato, sulla
base delle dichiarazioni rese in sede d’interrogatorio dai coimputati Cozzolino
Luigi, Sepe Salvatore, Scotti Paolo, Amato Paolino e Lancetta Antonio, da cui
emergeva, sostanzialmente, che l’imputato aveva partecipato alla cena presso
l’abitazione del Cozzolino in cui si decise la spedizione punitiva; era presente
presso il bar di Saviano, dove venne realizzata l’aggressione fisica; era presente,
altresì, presso il bar di Piazzolla di Noia, dove i coindagati si recarono subito
dopo “a festeggiare”.

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1.1 Secondo la ricostruzione dell’episodio delittuoso operata nell’ordinanza

Il dato della partecipazione del La Marca, del resto, secondo i giudici del
riesame ha trovato conferma anche nel contenuto di alcune intercettazioni,
telefoniche ed ambientali (la n. 972, la n. 949, la n. 7159) riferibili a familiari
dell’indagato (la sorella Colonna, la madre), ricavandosi dalle stesse la
preoccupazione e meraviglia degli stessi e dell’indagato, relativamente alla
mancata adozione di una misura cautelare nei confronti del loro congiunto.
Al riguardo, nell’ordinanza impugnata si evidenzia, per altro, come nella
richiesta di riesame il difensore dell’indagato aveva contestato la sussistenza di

aggravante dell’art. 7 del d.l. n. 152/1991, di cui si chiedeva l’esclusione con
conseguente applicazione di una misura cautelare meno afflittiva.
Sul punto specifico, il Tribunale, illustrati gli approdi ormai consolidati della
giurisprudenza in tema di configurabilità dell’aggravante di cui trattasi, ha
ritenuto, di contro, che gli indagati avevano senz’altro posto in essere una
condotta riconducibile ad una delle forme in cui detta aggravante può atteggiarsi
(l’agire con metodo mafioso) e ciò in considerazione delle modalità dell’azione,
compiuta da cinque sei persone, e della circostanza che una di esse,
pronunciando la frase

nuje appartenimmo e’ fabbrocin,

aveva inteso

espressamente alludere all’omonimo clan camorristico radicato in quel territorio,
ingenerando sia nella vittima della violenza che nei presenti un effetto
intimidatorio amplificato dall’avere i correi evocato di essere inseriti in ambiti
criminali di stampo camorristico.
1.3 Quanto infine al profilo delle esigenze cautelari, i giudici del riesame
ritenevano che il La Marca, al di là dell’unico precedente per spaccio di sostanze
stupefacenti, fosse portatore di elevatissima pericolosità sociale, desumibile dalle
modalità di esecuzione del reato, «non avendo l’indagato esitato, unitamente ai
suoi complici, a recarsi di sera, in armi, in un pubblico ed affollato locale, per
vendicare l’affronto subito qualche giorno prima dall’Amato», comportamento
ritenuto sintomatico dell’adesione dello stesso a biechi modelli comportamentali.

gravi indizi di colpevolezza a carico del La Marca limitatamente alla contestata

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il La Marca,
personalmente, deducendone l’illegittimità per mancanza ed illogicità della
motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza relativamente all’aggravante ex art. 7 legge n. 203/1991.
Nel ricorso, muovendo dal presupposto che il principale elemento indiziante
a carico del ricorrente è rappresentato dalle dichiarazioni dei coimputati che si
configurerebbero, a suo dire, quali chiamate in correità, si sostiene che
mancherebbero nel caso in esame elementi di riscontro specifici ed
individualizzanti, non potendosi considerare tali né il complesso delle
intercettazioni né le dichiarazioni dei testi che assistettero ai fatti.

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2

,e

Al riguardo si fa rilevare come l’ordinanza impugnata mentre contiene una
diffusa illustrazione degli elementi dimostrativi dell’esistenza della spedizione
punitiva, si limiti invece a dichiarare non ammissibili i rilievi critici prospettati
dalla difesa per confutare l’assunto di una partecipazione del La Marca e per
giunta armato, all’azione, di contro affermata dai giudici del riesame, pur in
assenza di effettivi elementi dimostrativi, e sebbene qualcuno degli indagati
abbia riferito che l’imputato al momento del pestaggio, non sarebbe stato

Considerato in diritto

1. L’impugnazione proposta da La marca Giuseppe è inammissibile.
È opportuno premettere alla valutazione dei rilievi critici mossi all’ordinanza
impugnata che il controllo del provvedimento cautelare in sede di legittimità è
condotto al fine di verificare, “in relazione alla peculiare natura del giudizio di
legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato
adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita
del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della
motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze
probatorie” – così, S.U., n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv.
215828 -.
Deve ancora aggiungersi, quanto agli approdi interpretativi di questa Corte,
che la valutazione delle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia ove pure si vogliano assimilare alle stesse le dichiarazioni rese nel presente
procedimento da alcuni coindagati – devono sì misurarsi lungo le direttrici
dell’attendibilità oggettiva del narrato e delle credibilità soggettiva del
dichiarante, ma tale verifica non deve essere scomposta secondo un ordine di
progressione logico – cronologica che impedisca una valutazione unitaria e
complessiva dell’apporto collaborativo. Si consideri, inoltre, quanto alla necessità
di riscontri individualizzanti alle stesse, che le dichiarazioni accusatorie rese da
due o più collaboranti possono anche riscontrarsi reciprocamente, posto che l’art.
192 comma terzo cod. proc. pen. non pone alcuna limitazione per quanto
riguarda l’individuazione dei riscontri, che possono consistere in elementi di
qualsivoglia natura purché, pur non avendo autonoma forza probante, siano in
grado di corroborare la chiamata in correità, conferendole la credibilità piena di
qualsiasi elemento di prova (in tal senso ex multis, Sez. 1, n. 46954 del
04/11/2004 – dep. 02/12/2004, P.G. in proc. Palmisani ed altro, Rv. 230592).
Non può allora essere fondatamente censurata l’ordinanza impugnata in
riferimento alla ritenuta configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. n.

3

9

presente all’interno del bar.

152/1991, basandosi tale decisione sulla ricostruzione del fatto offerta dalle
convergenti dichiarazioni dei coimputati e da quanto riferito dai testi, ed in
particolare dalle modalità dell’azione, compiuta da almeno cinque o sei persone,
uno dei quali ebbe anche a menzionare la propria appartenenza al clan
camorristico radicato nel territorio, con ciò ingenerando sia nella vittima della
violenza sia nei presenti, un effetto intimidatorio amplificato dall’avere i correi
evocato di essere inseriti in ambiti criminali di stampo camorristico.

deduzioni difensive ivi svolte, deve essere dichiarato inammissibile con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e non ricorrendo ipotesi di esonero in mancanza di elementi indicativi dell’assenza
di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000) – al versamento alla Cassa delle
ammende di una somma congruamente determinabile in € 1000,00.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94,

o
cc

comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen..

P.Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di € 1000,00 alla Cassa delle
ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente
provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma
1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2013.

2. In conclusione il ricorso, risultando manifestamente infondate tutte le

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