Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37984 del 07/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37984 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: MICHELI PAOLO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PIERIBONI GIOVANNI nato il 08/04/1961 a CORBEIL( FRANCIA)

avverso la sentenza del 21/09/2015 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere PAOLO MICHELI;

Data Udienza: 07/03/2018

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FATTO E DIRITTO

Giovanni Pieriboni ricorre personalmente avverso la sentenza emessa nei suoi
confronti, il 28/10/2015, dalla Corte di appello di Venezia: la declaratoria di penale
‘responsabilità dell’imputato riguarda un addebito di furto aggravato.
Nell’odierno ricorso si lamentano carenze motivazionali della sentenza impugnata,
nonché violazione degli artt. 133, 99, 62-bis e 69 cod. pen., in ordine al trattamento

a fronte di precedenti penali molto risalenti e della sua regolare condotta di vita negli
ultimi anni, mentre avrebbe meritato la concessione delle attenuanti generiche (anche in
regime di prevalenza) avendo confessato gli addebiti e provveduto a risarcire il danno
cagionato. La pena inflitta, fissata in termini assai rigorosi anche per una presunta e
non dimostrata familiarità del Pieriboni con contesti criminali, sarebbe comunque
eccessiva.
Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
Va infatti ricordato che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del
giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai
principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che,
nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena (v.
Cass., Sez. III, n. 1182/2008 del 17/10/2007, Cilia). Analogamente, «la sussistenza di
circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di
fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni
preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non
contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse
dell’imputato» (Cass., Sez. VI, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419). E’ stato
altresì affermato che «ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti
generiche il giudice può limitarsi a prendère in esame, tra gli elementi indicati dall’art.
133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il
riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del
colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere
Sufficiente in tal senso» (Cass., Sez. II, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv 249163).
Inoltre, in punto di giudizio di bilanciamento, le Sezioni Unite di questa Corte hanno
affermato che le relative statuizioni, implicando una valutazione discrezionale tipica del
giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale
dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a
ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Cass.,
Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo).

sanzionatorio: il Pieriboni si duole della omessa disapplicazione della contestata recidiva,

Nel caso di specie, appaiono pertanto ineccepibili le determinazioni dei giudici di
merito nel fondare le proprie determinazioni, fra l’altro:
– sulla presa d’atto dell’esistenza di numerosi precedenti penali dell’imputato, anche
per reati eterogenei e di notevole gravità (ivi compresa una violenza sessuale),
indicando egli una pericolosità sociale non affievolitasi neppure all’esito
dell’espiazione delle pene pregresse;
– sulla circostanza che le ammissioni di responsabilità erano state conseguenti
all’arresto del Pieriboni in flagranza di reato, mentre il risarcimento del danno era

cod. pen.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’imputato al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla volontà del ricorrente
medesimo (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in favore della
Cassa delle Ammende della somma di C 2.000,00, così equitativarnente stabilita in
ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 07/03/2018.

stato comunque valutato ai fini della concessione dell’attenuante ex art. 62 n. 6

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