Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37981 del 15/07/2013
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37981 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO
SENTENZA
sul conflitto di competenza sollevato da:
GUP TRIBUNALE MILANO nei confronti di:
GUP TRIBUNALE MONZA
con l’ordinanza n. 8646/2012 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
18/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott. F.
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sollevava parziale conflitto negativo di competenza in riferimento a quanto
deciso in data 21.6.2012 - con sentenza - dal GUP presso il Tribunale di Monza.
La vicenda procedimentale può essere così sintetizzata :
- in sede di esercizio dell'azione penale vengono elevate plurime imputazioni nei
confronti di diciannove soggetti, sette dei quali raggiunti dalla accusa di
associazione per delinquere descritta al capo A, con a capo Baronchelli Achille, associazione finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti di
turbativa d'asta di cui all'art. 353 cod. pen. ;
- vengono altresì elevate contestazioni relative ai reati scopo (in numero di 18)
tutti consistenti nel delitto di turbativa d'asta di cui all'art. 353 cod. pen.,
commessi in diverse località lombarde;
- tali delitti scopo risultano essere contestati sia ai componenti - secondo la
prospettazione - della associazione per delinquere descritta al capo A della
rubrica che, in parte, a soggetti cui non risulta contestato il reato associativo.
Il GUP di Monza, investito della richiesta di rinvio a giudizio, osservava che :
- sussistono evidenti ragioni di connessione tra tutti i diversi reati contestati, sia
in riferimento all'ipotesi di cui alla lettera a dell'art. 12 cod. proc. pen. (reati
commessi in concorso) che in riferimento all'ipotesi di cui alla lettera b del
medesimo articolo di legge (medesimezza del disegno criminoso) il che porta ad
applicare la disposizione normativa di cui all'art. 16 cod. proc. pen. ;
- il reato più grave risulta essere pacificamente quello contestato al capo A della
rubrica ossia l'ipotesi di associazione per delinquere;
- detta associazione risulta avere la sua «base operativa» in Milano, luogo in cui
ha operato il Baronchelli unitamente ai suoi più stretti collaboratori e dove risulta
posta in essere la programmazione della attività delittuosa attraverso le
compagini societarie collegate al Baronchelli medesimo.
Da ciò derivava l'attribuzione della competenza territoriale al Tribunale di Milano
in rapporto all'intera regiudicanda.
Il GUP di Milano, sollevando il parziale conflitto negativo, non contestava
l'individuazione in Milano del luogo di «consumazione» del reato associativo.
Osservava tuttavia che le ragioni di connessione non potevano dirsi presenti in
rapporto a tutti i capi di imputazione, posto che in taluni casi i delitti scopo
risultano attribuiti anche a soggetti non raggiunti dalla contestazione associativa.
In particolare risultano commessi nel territorio rientrante nella competenza del
Tribunale di Monza i delitti di cui ai capi H- R-S -T- U, contestati anche a
soggetti non associati, il cui trattamento processuale, in tema di individuazione
2 0 del giudice competente, non potrebbe essere correlato alla previsione normativa
di cui all'art. 16 cod. proc. pen. non essendo ravvisabile - per detti soggetti l'ipotesi di connessione di cui all'art. 12 comma 1 lettera b. Da ciò deriva,
limitatamente a detti capi di imputazione, la declinatoria di competenza con
proposizione del conflitto. CONSIDERATO IN DIRITTO attribuzione della competenza per territorio, in relazione ai capi H -R-S-T-U
alla cognizione del GUP presso il Tribunale di Monza.
La disciplina della connessione - criterio normativo, originario e autonomo di
attribuzione della competenza, in quanto tale rispettoso del principio
costituzionale di cui all'art. 25 comma 1 Cost. - è improntata alla necessità di
attribuzione al medesimo giudice di più fatti delittuosi, lì dove sussistano le
tassative ipotesi descritte all'articolo 12 del codice di rito, norma peraltro
sottoposta a più interventi di riscrittura da parte del legislatore rispetto al suo
testo originario.
Nella attuale configurazione normativa risultano connessi i procedimenti ove il
reato risulta commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro (o se
più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento) nonchè i
procedimenti contestati al medesimo soggetto e caratterizzati dalla intervenuta
violazione di più disposizioni di legge commesse con una sola azione o con più
azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed i
procedimenti relativi a reati (anche se commessi da soggetti, in parte, diversi)
posti in rapporto di dipendenza funzionale (l'uno commesso per eseguire o per
occultare l'altro).
Al di fuori di dette ipotesi il codice di rito prevede l' ipotesi della riuinione (art.
17) che risulta possibile solo ove i distinti processi risultino pendenti - nello
stesso stato e grado - davanti al medesimo giudice e siano caratterizzati da
correlazioni meno intense rispetto alle ipotesi di connessione (descritte dall'art.
371 comma 2 lettera b cod. proc. pen.) .
Ora, nella elaborazione dei criteri applicativi della connessione il legislatore ha
previsto in modo specifico l'ipotesi del rapporto tra giudice ordinario e giudice
speciale, nell'ipotesi in cui alcuni dei procedimenti siano in astratto di
competenza dell'uno e dell'altro (art. 13) ed ha previsto altresì le ipotesi del
rapporto tra procedimenti attribuiti al giudice ordinario e quelli attribuiti alla
particolare competenza del tribunale per i minori, nonchè le regole in punto di
competenza per materia (art. 15) e per territorio (art. 16) determinate da
3 1. Ad avviso di questa Corte il parziale conflitto negativo insorto va risolto con ragioni di connessione. In tale ultima norma si considera il caso in cui più
procedimenti risultino connessi e si attribuisce la cognizione dell'intera
regiudicanda al giudice competente per il reato più grave o, in caso di parità, al
giudice competente per il primo reato.
L'interpretazione di tali dati normativi è stata tendenzialmente realizzata - nella
presente sede di legittimità - in modo restrittivo ed aderente ai dati testuali di
riferimento, sì da evitare che lo spostamento del luogo «naturale» di
celebrazione del processo (luogo di consumazione del reato ai sensi dell'art. 8 connessione, posto che tale conclusione risulterebbe non rispettosa del principio
di naturalità e precostituzione del giudice.
Il tema, ovviamente, risulta per sua stessa natura complesso ed ha dato luogo a
non poche oscillazioni di orientamento, dovute anche alle diverse «filosofie di
intervento legislativo» che si sono succedute nel tempo (già con il d.lgs. n. 367
del 20.11.'91, ove si modificò l'originario testo dell'art. 12 mediante
l'introduzione dell'ipotesi di continuazione nell'ambito della lettera b e venne
sopresso il riferimento monosoggettivo originariamente inserito nella previsione
della lettera c) sino ad arrivare alla attuale formulazione dovuta alla legge n. 63
del 1.3.2001.
Può dirsi tuttavia che risulta radicato l'orientamento per cui il giudice di merito in
sede di individuazione della competenza territoriale derivante da ragioni di
connessione non può «incrociare» le diverse ipotesi previste dalla norma
regolatrice, nel senso che - eccettuato il caso previsto dalla lettera c dell'art. 12
ed impostato su ragioni obiettive - i diversi imputati coinvolti nella verifica
devono essere ciascuno raggiunto dalle ipotesi previste dalla norma.
In altre parole, non può determinarsi l'attribuzione all'unico giudice (diverso da
quello previsto dall'art. 8) del reato commesso da un soggetto, pur se in
concorso, cui siano «estranee» le ragioni di connessione che determinano lo
spostamento della competenza nei confronti del concorrente.
Tale regola - di elaborazione giurisprudenziale - tende a preservare il soggetto
non raggiunto dal «caso» di connessione rispetto al cumulo delle regiudicande e
può essere derogata esclusivamente nell'ipotesi in cui si registri l'esistenza di un
nesso «strumentale» tra le diverse fattispecie, ai sensi dell'art. 12 lettera c cod.
proc. pen, secondo un recente orientamento da ritenersi del tutto condivisibile
(Sez. VI n. 37014 del 23.9.2010, rv 248746 ove si è stabilito che ai fini della
configurabilità della connessione teleologica - art. 12 lett. c - non è richiesto che
vi sia identità tra gli autori del reato fine e quelli del reato mezzo).
Ciò posto, va osservato che nel caso qui in esame il GUP di Monza non ha
ravvisato la particolare ipotesi di cui alla lettera c dell'art. 12 (che avrebbe
4 comma 1) finisca con il coinvolgere soggetti non raggiunti da specifiche ipotesi di imposto la celebrazione di un unico processo per tutte le fattispecie) ma ha
ravvisato le ipotesi di connessione di cui alla lettere a nonchè b dell'art. 12
ritenendo reato più grave quello di associazione per delinquere contestato al
capo A.
Tuttavia, come correttamente ossservato dal GUP di Milano nella ordinanza con
cui è stato sollevato il conflitto parziale, detto capo A non risulta essere
contestato a tutti i soggetti tratti a giudizio. In particolare, non ne rispondono gli
imputati di taluni capi (H - R - S - T - U) cui è estranea, pertanto, la ragione di pen. (si veda pag. 21 dell'ordinanza emessa in data 18.3.2013) .
Detti capi, alla luce di quanto sinora affermato, non possono pertanto essere
attratti dalla ravvisata connessione perchè ciò determinerebbe una ingiustificata
deroga al criterio di competenza territoriale previsto dall'art. 8 cod. proc. pen.
nei confronti di tali soggetti. Vanno attribuiti pertanto alla cognizione del GUP
presso il Tribunale di Monza, nella loro interezza. P.Q.M.
Dichiara la competenza del GUP Tribunale Monza, in relazione ai reati di cui ai
capi H-R-S-T -U, cui dispone trasmettersi gli atti.
Così deciso il 15 luglio 2013 connessione «per continuazione» di cui all'art. 12 comma 1 lettera b cod. proc.