Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37968 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37968 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: ROMBOLA’ MARCELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DERINALDIS GIUSEPPE ROSARIO N. IL 08/05/1980
LIPPOLIS ANTONIO N. IL 03/12/1964
avverso l’ordinanza n. 53/2013 TRIB. LIBERTA’ di TARANTO, del
18/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCELLO
ROMBOLA’;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditfildifensore Avv.ró

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Data Udienza: 05/07/2013

Ritenuto in fatto

Gli indizi. Riferiva la parte lesa (dichiarazioni del 14/1/13, a precisazione di quelle del 15/1/12)
che nell’aprile-maggio 2010 aveva negato al Lippolis la possibilità di pascolare le sue pecore
all’interno della propria azienda, ricevendone in replica un’oscura minaccia (“poi vediamo”),
mentre il De Rinaldis, genero del Lippolis e già proprio dipendente fino al 2009, era stato
licenziato per essere stato scoperto come autore del furto di un non trascurabile quantitativo di
olive e di gasolio. I due, inoltre, erano stati da lui riconosciuti all’interno della sua azienda nella
videoripresa registrata la notte dell’incendio. Proprio a loro, infine, sì riferiva in alcuni dialoghi
intercettati con Sozzi Pietro (21/2/12), Ingrosso Santo e Lovascio Domenico. In atti un’analoga
conversazione con Corciulo Giuseppe (25/2/12). Confermate anche le esigenze cautelari.
Ricorrevano per cassazione il De Rinaldis e il Lippolìs con distinti atti a loro firma.
Il De Rinaldis deduceva: 1) violazione di legge processuale per la mancata notificazione a un
difensore dell’avviso dell’udienza per l’oggettiva difficoltà della stessa a mezzo fax, laddove si
sarebbe potuta usare l’utenza cellulare del professionista, evidentemente assente dallo studio;
2) vizio di motivazione per l’incerta individuazione dell’indagato sulla base della “movenza” del
soggetto ripreso dalla videocamera e/o della sua corporatura (“uno piccolino”) e dello stesso
movente (adombrato dalla p.o. un non meglio chiarito intento estorsivo, in forte contrasto col
preteso risentimento per il licenziamento posto che il De Rinaldis aveva continuato a lavorare
saltuariamente per il Chiera fino al marzo 2011); 3) violazione di legge sulla qualificazione del
reato, contestato come incendio e non come danneggiamento seguito da incendio, visti i più
punti (otto nell’oleificio, tre nel deposito) in cui il fuoco era stato appiccato, forse proprio per il
danneggiamento a fini estorsivi evocato dalla p.o._ Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.
Il Lippolis deduceva violazione di legge processuale e vizio di motivazione: 1) il riconoscimento
dell’indagato era fondato su fotogrammi dove le figure erano solo ombre o ectoplasmi (tanto
da doversi affidare a loro generiche e non meglio specificate “movenze”); era indicato dalla
p.o. con un soprannome (u rizzu) che non gli apparteneva; l’indicazione dei due riconosciuti in
due captazioni ambientali con tali Lazzaro Pasquina e Sozzi Pietro come “genero e suocero” era
l’espressione di un mero sospetto della p.o.; il contatto del Chiera col Lippolis era stato fugace
e risaliva ad un anno prima; il Lippolis, inifne, non era un pastore (possedeva solo tre capre),
ma un agricoltore e coltivatore diretto e non aveva mai avuto a che fare con il Chiera; 2) molte
le causali alternative a quella individuata a carico del Lippolis (riferibili al pastore Paglialunga, a
tale Morleo e, al pari del predetto, ad altri dipendenti del Chiera da lui definiti “marmaglia”); 3)
irrilevante il rapporto col coindagato De Rinaldis, fidanzato della figlia; 4) assenti altri elementi
indizianti a suo carico; 5) privo di valenza indiziaria il verbale di s.i.t. del Chiera del 14/1/13,
solo confermativo di elementi già acquisiti in atti. Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.
All’udienza camerale fissata per la discussione il PG chiedeva il rigetto dei ricorsi. La difesa del
Lippolis raccoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1

Con ordinanza 18/2/13 il Tribunale di Taranto in sede di riesame confermava l’ordinanza
911113 del Gip di quel Tribunale che disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di
De Rinaldis Giuseppe e di Lippolis Antonio (recidivo nel quinquennio) per il reato (in Avetrana,
il 14/1/12) di incendio aggravato dal fatto commesso su impianti industriali (il frantoio oleario,
con annesso deposito e stabilimento di produzione di noccioline e vivaio, di Chiera Armando,
legale rappresentante della soc. a r.l. Società ionica Agricola Avetranese nonché del Consorzio
Salentino Società Cooperativa Agricola).

Il ricorsi, infondati, vanno respinti.
Manifestamente infondato il primo motivo di ricorso del De Rinaldis. Le modalità semplificate di
notificazione o di avviso al difensore a mezzo di mezzi tecnici idonei previste dagli artt. 148,
co. 2 bis, 149 e 150 cpp quali il fax o il telefono o il telegrafo presuppongono comunque come
destinatario lo studio del professionista (dovendo essere garantita la conoscenza dell’atto: art.
150 cpp) e non anche (come ipotizza il ricorrente) il professionista medesimo eventualmente a
mezzo della sua utenza cellulare privata. Il tentativo ripetutamente effettuato dal cancelliere a
mezzo fax nei confronti del (secondo) difensore dell’indagato soddisfa pertanto appieno quanto
previsto dal codice (si veda, ad es., Cass., V, sent. n. 37283 dell’1/7/10, rv. 248637).

E’ giurisprudenza pacifica di legittimità in tema di misure cautelari personali (Cass., S.U., sent.
n. 11 del 22/3/00, dep. 2/5/00, rv. 215828, Audino), che “allorché sia denunciato, con ricorso
per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in
ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Suprema Corte spetta il compito di
verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai
canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento dei risultati probatori”.
E ancora (Cass., sez. V, sent. n. 46124 dell’8/10/08, rv. 241997, Pagliaro; Cass., sez. VI, sent.
n. 11194 dell’8/3/12, rv. 252178, Lupo): “In tema di impugnazione delle misure cautelari
personali il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche
norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i
canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino
la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito”.
E’ quanto avvenuto nella specie, il giudice di merito avendo rappresentato in modo adeguato,
logico e corretto la gravità del quadro indiziario nei riguardi di entrambi i ricorrenti. La p.o.
Chiera ha individuato con sicurezza nei due odierni indagati gli individui video ripresi all’interno
della sua proprietà la notte dell’incendio e il grado di certezza e la genuinità del riconoscimento
sono avvalorati dagli spontanei sfoghi telefonici avuti con alcuni conoscenti il mese dopo i fatti
e la loro conferma anche al cospetto dell’autorità inquirente nelle s.i.t. dell’anno successivo. Si
noti: l’incendio è del 14/1/12; conversando in auto il 21/2/12 con l’imprenditore Pietro Sozzi di
Ostuni il Chiera afferma con decisione che pur non avendoli visti in faccia aveva riconosciuto il
suo ex operaio ed il suocero e individua la causale nell’azienda agricola Monte Ruga che aveva
in gestione; la causale si precisa meglio nella conversazione di poco successiva del 25/2/12
con Giuseppe Corciulo, presidente della cooperativa agricola di cui il Chiera era socio, dove
questi, oltre a ribadire il riconoscimento dei due incendiari (l’andatura, la statura.. “uno che lo
conosce..”), riferisce di essere stato avvicinato dall’ex dipendente, che l’esortava a non lasciare
l’azienda di Monte Ruga (come aveva sentito essere sua intenzione), ma di farlo subentrare di
fatto nella gestione. Solo il 14/1/13 le s.i.t. ai Carabinieri, dove, pur sottacendo la questione di
Monte Ruga, conferma il riconoscimento e rappresenta le ragioni di astio che i due avevano nei
suoi confronti
Indiscussa la natura dolosa dell’incendio, è inoltre evidente che il fuoco, appiccato in più punti,
mirava a un incendio devastante e tale è risultato (i danni all’azienda, peraltro assicurata, sono
2

Nel merito, relativamente ad entrambi i ricorsi.

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23

n. l 12.r L. 8-8-95 n. 332

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stati stimati in un importo superiore al miliardo di euro). Eloquente anche la facilità con cui si
sono mossi gli incendiari, che utilizzarono anche una bombola di GPL già presente in loco.
A fronte di questi rilievi, non scalfiscono la gravità del quadro indiziario le osservazioni dei due
ricorrenti, che si limitano (entrambi) a mettere in dubbio la sufficienza indiziaria dell’accusa e a
proporre (specificamente il Lippolis) indistinte causali alternative.
Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali (art.
616 cpp).

Pqm
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto
penitenziario ai sensi dell’art. 94, co. 1-ter, n. att. cpp_
Roma, 5/7/13
Il
Il Presidente

Trattandosi di soggetti in custodia cautelare in carcere, va disposto ai sensi dell’art. 94, co. Iter, n. att. cpp_

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