Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37958 del 01/03/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37958 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARZILLI ELIO FERDINANDO N. IL 29/09/1952
avverso la sentenza n. 459/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
14/04/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e u..,..: c. £€L
che ha concluso per g a.,___ Q,e,

Udito, per la pa civile, l’Avv
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D.9 n < /il C i ,e. Data Udienza: 01/03/2013 ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 1.3.2013, questa Corte revocava la sentenza emessa il 16.3.2012 dalla quinta sezione della Cassazione, che aveva dichiarato erroneamente inammissibile per tardività il ricorso interposto da MARZILLI Elio Ferdinando, avverso la sentenza della corte d'appello di Firenze, emessa in data 14.4.2010 di riforma solo in punto pena (la sanzione veniva ridotta da quindici a il reato di cui all'art. 73 dpr 309/90. A seguito dell'annullamento veniva disposto che il processo venisse trattato in pubblica udienza. 2. La corte d'appello di Firenze aveva confermato il giudizio di colpevolezza del Marzilli per i reati a lui contestati, avendo ritenuto che il medesimo aveva operare come skipper che si occupava della guida delle imbarcazioni a vela con cui veniva occultato e trasportato lo stupefacente destinato alla diffusione presso terzi nel nostro territorio, dapprima operando il trasporto del fumo dal Marocco e poi il trasporto della cocaina dal sud America. Il compendio probatorio risultava integrato da una doppia chiamata in correità del Marzilli ad opera di Amoroso Vincenzo e Bindi Roberto, organizzatori degli approvvigionamenti; dalle convergenti dichiarazioni rese dal coimputato Balestri Roberto, nonché dal fatto che al momento dell'arresto dell'Amoroso il 17.3.1995, il Marzilli venne trovato in sua compagnia , con 30 milioni di lire in contanti (che secondo l'Amoroso erano un acconto della somma di 200 milioni di lire, quale compenso per il trasporto della cocaina nel 2004). Allo stesso vennero sequestrati documenti contenenti una serie di numeri telefonici relativi ad utenze nella disponibilità del coimputato Do Nascimento Omar, tra cui un diario dove venivano descritti i viaggi in Sudamerica per gli illeciti trasporti. Lo stesso imputato risultava aver spedito un fax dal sud America al Bindi con cui lo informava dell'arresto dell'Amoroso. Non solo, ma medio tempore, era passata in giudicato la sentenza che aveva condannato Menapace Fabrizio per gli stessi reati contestati al Marzilli, in concorso con il medesimo, sentenza che era stata acquisita ai sensi dell'art. 238 cod.proc.pen. Secondo la corte d'appello, le dichiarazioni dell'Amoroso e del Bindi, che si avvalsero della facoltà di non rispondere in dibattimento, vennero utilizzate con le regole processuali vigenti in quel momento (non si dimentichi che un primo atto di appello contro la sentenza di primo grado era stato dichiarato inammissibile, ma poi l'imputato era stato restituito nel termine per appellare) e che quanto sequestrato al Marzilli dava ampio riscontro non solo della attendibilità delle dichiarazioni rese dai due a suo carico, ma del suo pieno coinvolgimento nei fatti contestati. 2 dieci anni di reclusione ) della sentenza del Tribunale di Livorno, del 24.2.1997, per Quanto ai profili procedurali che erano stati eccepiti veniva sostenuto che la irritualità di nomine effettuate in successione di difensori d'ufficio con conseguenti nullità delle notificazioni, andavano ritenute superate con il provvedimento di rimessione in termini per impugnare; che nulla portava a ritenere che vi fossero stati abbandoni o rifiuti di difesa. 3. Avverso tale pronuncia ha interposto ricorso per cassazione il difensore 3.1 Violazione delle disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato, in relazione agli artt. 161, 171 lett. d) ed e) , 178 lett. c) , 179, 185 cod. proc. pen. Secondo la difesa quando il 16.3.1995, durante il fermo dell'Amoroso l'imputato fu perquisito, non gli venne chiesto di nominare un difensore; il decreto di sequestro gli venne notificato presso l'abitazione in Livorno, a mani di Mattei Luisa, (madre dell'imputato) non convivente con il medesimo. Nella relata di notifica, non sarebbe stata fatta menzione né al rapporto di parentela, né al rapporto di convivenza. Il successivo decreto di latitanza emesso il 21.9.1995, era a sua volta viziato, perchè la latitanza era stata erroneamente dichiarata poiché il Mazzilli non sapeva di essere ricercato e dunque non si sottrasse volontariamente alla cattura, essendosi trasferito in Spagna. Tale erronea dichiarazioni avrebbe prodotto effetti a cascata su tutti gli atti conseguenti notificati, quali la citazione a giudizio e la sentenza pronunciata. Non solo, ma secondo la difesa irrituale sarebbe stata anche la nomina dei difensori di ufficio: infatti la richiesta di rinvio a giudizio veniva effettuata presso l'avv.to Alessandro Rossi del foro di Firenze, che però non compariva all'udienza, senza giustificato motivo, cosicchè in sede di udienza preliminare il gip nominava l'avv. Rodolfo Lena, presso cui veniva notificato il decreto che dispone il giudizio. Al dibattimento, il tribunale ritenendo che il Mazzilli fosse privo di difensore, nominava l'avv.to Roberto D'Ambra del foro di Livorno. Veniva opposto che tutte le notificazioni dovevano essere effettuate presso l'avv.to Alessandro Rossi che era stato nominato dal gip. Pertanto l'assunto della corte secondo cui il motivo era superato dal provvedimento di rimessione in termini sarebbe inadeguato, poiché la questione riguardava la regolarità del processo di primo grado e come tale era stato dedotto con l'atto di appello. Né conducente poteva ritenersi l'altro passaggio della sentenza, secondo cui non risultavano abbandoni o rifiuti di difesa, non essendo stata intentata alcuna procedura ai sensi dell'art. 105 cod.proc. pen., poiché la questione non riguardava la condotta dei difensori, bensì l'invalidità della notifica effettuata al sostituto del difensore di ufficio, invece che al titolare della difesa d'ufficio che deve restare immutato, attesa l'infungibilità del ruolo. Del resto agli atti non risultano provvedimenti di revoca dell'incarico conferito all'avv. Alessandro Rossi, cosicchè è da considerarsi nulla la 3 del prevenuto, per dedurre tre motivi di ricorso: notificazione dell'estratto contumaciale operato al difensore d'ufficio irritualmente nominato, in luogo di quello originariamente designato. 3.2 Violazione di norme processuali e conseguente illogicità legale della motivazione; mancata assunzione di prova decisiva in relazione alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'esame dei collaboratori Amoroso e Bindi. Le dichiarazioni dei due chiamanti in correità sono state considerate decisive per affermare la colpevolezza dell'imputato, ma gli stessi non vennero citati in 7.8.1997, prevedeva che ove la parte interessata lo avesse richiesto, era disposta la rinnovazione parziale del dibattimento, al fine di ottenere la citazione di coloro che avevano reso dichiarazioni. La rinnovazione si imponeva vieppiù, secondo la difesa, considerando che l'imputato non potè intervenire al giudizio di primo grado poiché non ne ebbe conoscenza, essendo stato il decreto che dispone il giudizio notificato al sostituto del difensore d'ufficio. Di qui l'erroneità della sentenza per non avere proceduto alla rinnovazione dell'esame dibattimentale dei collaboratori. Gli elementi di riscontro non avrebbero una loro sufficienza sotto il profilo accusatorio, poiché riguardano semmai la conoscenza del ricorrente con i coimputati e l'antica dedizione a viaggi per mare dell'imputato, non collegandosi invece ai fatti addebitati, avendo la sentenza ribaltato l'onere probatorio, allorquando è stato scritto che l'imputato non avrebbe fornito tesi alternative a quelle emergenti dalle dichiarazioni di Amoroso e Bindi. 3.3 La pena doveva essere ulteriormente ridotta poiché nel frattempo era stato abbassato il minimo edittale, nessun accenno venne fatto al condono , laddove la pena era stata in parte dichiarata estinta con la sentenza di primo grado. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e merita accoglimento quanto al motivo preliminare di ordine processuale, che riveste carattere assorbente. L'ordinanza in data 15.7.2008 della corte d'appello di Firenze che fu chiamata a pronunciarsi sulla istanza dell'imputato di restituzione nel termine per impugnare, in sede di giudizio di rinvio dalla corte di cassazione, aveva evidenziato come il Mazzilli fosse sempre stato difeso in prime cure da difensore d'ufficio, che la notifica dell'atto di convalida di sequestro a mani della madre non portava a presumere la conoscenza del procedimento a suo carico e che dagli atti non risultava provato che il Marzilli avesse volontariamente e consapevolmente rinunciato a comparire nel procedimento, il medesimo era stato rimesso in termini per impugnare la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Livorno. 4 dibattimento, laddove la norma transitoria della I. 267/1997 entrata in vigore il Con l'atto di appello, la difesa aveva sollevato questioni afferente la nullità del decreto di latitanza dell'imputato, nonché delle notificazioni degli atti successivi, anche in ragione della irritualità delle nomine di più difensori di ufficio succedutesi. In proposito, la corte territoriale affermava che le censure sul decreto di latitanza erano superate dall'intervenuta acquisizione del verbale di vane ricerche del 12.8.1995, che aveva dato luogo all'emissione del provvedimento di cui all'art. 296 cod.proc.pen., ricerche che erano state ritenute sufficienti; quanto all'asserita superata dal provvedimento di restituzione in termini. I due passaggi del discorso motivazionale non sono corretti. In primis va ricordato che per quanto la situazione del latitante non sia sovrapponibile giuridicamente a quella dell'irreperibile, entrambe le situazioni - come è stato scritto in un recente arresto , Sez. III, 10.1.2012, n.6679, rv.242444- richiedono che le notifiche effettuate per fictio juris siano sorrette da esaustive ricerche sulla impossibilità di procedere nei modi ordinari e sulla effettiva volontà dell'interessato di sottrarsi al processo e/o alla cattura. Una diversa soluzione colliderebbe con i principi costituzionali e sovranazionali (art. 111 Cost., art. 6 Convenzione Europea dei diritti dell'uomo) primo dei quali quello che riguarda la possibilità dell'imputato di essere messo in condizione di intervenire al processo (sentenza Sez. I, 4.3.2010, n. 17703, rv 247061). Nel caso concreto, non poteva non essere rilevata l'inadeguatezza del verbale di vane ricerche, sicuramente non esaustivo ai fini della dichiarazione di latitanza, poiché veniva dato atto che il Matzilli era stato ricercato nel comprensorio livornese con esito negativo, senza maggiore dettaglio dei dati che avevano portato a ritenerlo "verosimilmente" fuggito all'estero, "forse a Santo Domingo". Non poteva non essere dato conto dell'esito delle informazioni da assumere doverosamente presso i familiari, residente in Livorno, circostanza che portava a ritenere non effettuato questo tipo di ulteriore ricerca. Tale inadeguatezza appare ancora più evidente, se solo si consideri che proprio nell'ordinanza che aveva restituito il Matzilli nei termini per impugnare, era stato detto che non risultava dagli atti "affatto provato" che Marzilli avesse volontariamente e consapevolmente rinunciato a comparire nel detto procedimento. Di conseguenza, il relativo decreto non solo fu erroneamente posto in essere in assenza di esaustive ricerche in merito alla volontaria irreperibilità qualificata dalla consapevolezza del provvedimento restrittivo, ma risultava in contrasto con l'accertata mancanza di conoscenza del procedimento. Sul punto è di tutta evidenza come la risposta motivazionale non sia appagante, perché non in linea con i principi espressi da questa corte, secondo cui il provvedimento che dichiara la latitanza presuppone il verbale di vane ricerche che la polizia giudiziaria redige a seguito della mancata esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare, indicando in modo specifico le indagini svolte nei luoghi in cui si 5 irritualità delle nomine di più difensori d'ufficio, la corte territoriale riteneva che fosse presume l'imputato possa trovarsi, ancorchè senza essere vincolata, quanto ai luoghi di ricerca, dai criteri indicati in tema di irreperibilità. Detto provvedimento è subordinato al ritenuto carattere esaustivo delle ricerche eseguite, sulla base di una valutazione ispirata a un criterio di certezza "rebus sic stantibus", dovendo avere attitudine dimostrativa della volontarietà della sottrazione alla esecuzione della misura cautelare dell'interessato , laddove la stessa corte territoriale aveva affermato che anche a volere considerare in capo all'imputato una conoscenza del preprocessaule, il Marzilli non risultava che avesse volontariamente rinunciato a comparire nel procedimento. Né può ritenersi appagante la motivazione nel secondo passaggio della sentenza, in cui è stato detto che il susseguirsi di nomine di difensori d'ufficio ( laddove il difensore nominato al momento della dichiarazione della latitanza era l'avv.to Alessandro Rossi, ma altri furono nominati sia in sede di udienza preliminare, che in sede di decreto di rinvio a giudizio, che in sede di notifica dell'estratto contumaciale), non poteva dirsi sanato dalla restituzione in termini, atteso che la riconosciuta facoltà di impugnare la sentenza di primo grado costituì il mezzo per fare valere i profili di nullità, che andavano adeguatamente valutati, essendo stati fatti oggetto di puntuale motivo di gravame con la deduzione della violazione del principio dell'immutabilità della difesa. La violazione delle norme processuali stabilite a pena di nullità, quanto alla dichiarazione dello stato di latitanza, inficia la validità della citazione a giudizio che è da considerare "tamquam non esset" e travolge ogni atto successivo, imponendo la regressione del procedimento dinanzi al giudice dell'udienza preliminare. Ne deve seguire l'annullamento non solo della sentenza impugnata , ma anche di quella di primo grado e del decreto che dispone il giudizio. Gli atti vanno quindi trasmessi al gup del tribunale di Firenze. p.q.m. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata , nonché la sentenza di primo grado ed il decreto che dispone il giudizio e dispone la trasmissione degli atti al gup del Tribunale di Firenze. Così deciso in Roma, addì 18 luglio 2013. procedimento, essendo stato sottoposto a provvedimento di sequestro a carattere

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