Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37953 del 15/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37953 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIGNATA BIAGIO N. IL 14/05/1953
avverso la sentenza n. 5813/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
10/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ke,, t,c,
che ha concluso per 2_

Udito, per la parte civile, l’Avv treck4 1,;),„1,0 raacc:GAb—i
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Avv.

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Data Udienza: 15/07/2013

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 10 aprile 2012, la Corte di Appello di Milano, pronunciando
quale giudice di rinvio, confermava la decisione emessa dal Tribunale di Varese il
24 aprile 2008 con la quale Pignata Biagio era stato ritenuto colpevole del furto
aggravato di oltre una tonnellata di code di alluminio sottratte il 24 febbraio
2006 all’interno dello stabilimento frigoriferi della Whirpool s.r.l. di Biandronno, di
cui il predetto imputato era dipendente, quale addetto allo scarico dei camion,

La Corte di rinvio esponeva che il tribunale aveva condannato il Pignata per tale
reato – commesso in concorso con Perini Leandro, autotrasportatore addetto alle
consegne alla Whirpool di componenti in acciaio per conto di una ditta fornitrice
– alla pena di otto mesi di reclusione e di Euro 200,00 di multa, nonché al
risarcimento del danno morale cagionato alla parte civile Whirpool; che, in
accoglimento dell’impugnazione proposta dal Pignata, costui era stato assolto dal
reato di furto contestatogli, perché il fatto non sussiste; che la Corte di
Cassazione aveva accolto i ricorsi proposti dal Procuratore Generale presso la
Corte di Appello di Milano e dalla costituita parte civile, pronunciando
l’annullamento con rinvio della sentenza di appello in ordine alla ritenuta
inutilizzabilità delle dichiarazioni del Pignata di aver aiutato il Perini a caricare le
code di alluminio su di un automezzo, per avergli costui promesso un compenso
in denaro. Ciò premesso, nella sentenza impugnata veniva ritenuto che gli
elementi probatori disponibili – tra i quali la dichiarazione del Perini, sentito ex
art. 197 bis cod. proc. pen., che aveva riferito di aver promesso al Pignata per il
suo aiuto la metà del ricavato – giustificava la condanna dell’imputato per il
concorso nel furto degli scarti della lavorazione dell’alluminio e che tale
conclusione trovava conferma nelle dichiarazioni rese dal Pignata nel corso delle
indagini preliminari ed acquisite agli atti ed utilizzabili, in quanto usate per le
contestazioni, ai sensi dell’art. 503 comma 5 cod. proc. pen., costituendo atto al
quale il difensore aveva diritto di assistere.

2. Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione chiedendo
l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi: violazione di legge penale, in
riferimento all’art. 627 comma 3 cod. proc. pen., all’art. 125, comma 3, cod.
proc. pen. ed all’art. 533 comma 1 cod. proc. pen., nonché vizio della
motivazione (inesistente o meramente apparente), sull’assunto che la Corte
territoriale non si è uniformata alla sentenza della Suprema Corte remittente e
ha ritenuto la penale responsabilità dell’imputato «senza aver soppesato ogni
elemento di ragionevole dubbio in ordine alla sussistenza del delitto ascritto in
imputazione».

tramite carrello elevatore.

Secondo il ricorrente, in assenza di ulteriori elementi di prova, la Corte
territoriale avrebbe dovuto ritenere non adeguatamente provata, al di là di ogni
ragionevole dubbio, la sussistenza in capo al Pignata dell’elemento soggettivo del
dolo, il quale, inconsapevolmente, aveva prestato, del tutto occasionalmente, la
sua collaborazione al Perini nel caricare le materie di scarto risultate oggetto di
trafugamento, dietro promessa di un regalo, risultando assolutamente
indimostrata l’esistenza di un’intesa illecita con il preteso concorrente nel reato,
persona conosciuta dal ricorrente solo in quanto soggetto costantemente

Considerato in diritto

1. Preliminarmente la Corte ha rigettato l’istanza del difensore del ricorrente, con
la quale è stato chiesto il rinvio dell’udienza ad altra data in ragione dell’adesione
del predetto avvocato all’astensione proclamata dall’Organismo Unitario
dell’Avvocatura.
Il rinvio non poteva essere concesso, conformemente alle regole di autodisciplina
della proclamata astensione, attesa l’imminenza della data di prescrizione del
reato (24 agosto 2013).
1.1 Quanto al merito dell’impugnazione, la stessa è basata su motivi
manifestamente infondati e ne va pertanto dichiarata l’inammissibilità.
Vale al riguardo il principio di legittimità secondo cui il giudice di rinvio, pur
conservando la libertà di determinare il proprio convincimento di merito
mediante un’autonoma valutazione della situazione di fatto concernente il punto
annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare il giudice il cui
provvedimento è stato cassato, deve giustificare il proprio convincimento
secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di
annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione
delle risultanze processuali ovvero al compimento di una determinata indagine,
in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, o ancora
all’esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio
conclusivo, con l’unico limite di non ripetere i vizi della motivazione rilevati nella
sentenza annullata (Cass. 1^ 15.1.07 n. 7963 depositata 26.2.07, rv. 236242).
Il giudice del rinvio è cioè tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo
lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di
annullamento (Cass. 1^ 6.5.04 n. 26274, depositata 10.6.04, rv. 228913; Cass.
1^ 16.5.00 n, 3572, depositata 26,6.00, rv. 216279).
Tanto ha correttamente seguito la Corte di Milano che nel valutare
l’impugnazione proposta dal Pignata avverso la sentenza di condanna del primo
giudice, ha tenuto conto, tra gli altri elementi di giudizio, anche delle

presente presso la ditta Whirlpool in ragione di trasporti di merce da eseguire.

dichiarazioni rese dal predetto nella fase delle indagini preliminari, ritenendo così
riscontrata la circostanza che Perini avesse promesso al ricorrente, quale
ricompensa per l’aiuto prestato nel carico delle code di alluminio, la metà del
ricavato della vendita. Con ciò la Corte territoriale si é adeguata al principio di
diritto statuito in sede di legittimità, valutando l’intero quadro probatorio, come
imposto dalla decisione di annullamento, che necessariamente non ha dettato
ulteriori criteri specifici per valutare gli elementi di prova acquisiti al processo.
1.2 Le restanti doglianze relative alla prova di responsabilità si sostanziano in

inammissibile diversa valutazione dei dati probatori non illogicamente valutati dal
giudice del rinvio.
Al riguardo l’indagine di legittimità ha un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del
legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza
possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali. Il compito del giudice di legittimità é quello di stabilire se il giudice
di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro
corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle
deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare
la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6″ 6 giugno
2002, Ragusa). Esule infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una
diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione e’ riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa
integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione
delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U.
2.7,97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone).
Nella concreta fattispecie la corte territoriale ha compiutamente valutato le
risultanze processuali, le quali per altro, a prescindere dal dato non controverso
che il Pignata ebbe effettivamente ad aiutare il Perini a caricare le code di
alluminio con il carrello elevatore da lui manovrato, non si esaurivano nelle
dichiarazioni del Perini e dello stesso imputato, ma si basavano altresì sulle
dichiarazioni dei testi Cipollaro, Gozzetti, Ambroggi ed in particolare su quelle del
responsabile della vigilanza interna Renato Martini, che aveva riferito
dell’anomala presenza del Pignata, nel punto dello stabilimento in cui si svolsero
le operazioni di carico delle code di alluminio di cui è processo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost,
sent. n. 186 del 2000) – al versamento alla Cassa delle ammende di una somma
congruamente determinabile in € 1000,00, nonché alla refusione delle spese

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censure all’apparato motivazionale della decisione e propongono una

sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, liquidate in dispositivo, con la
precisazione che non può farsi luogo alla liquidazione delle spese sostenute nel
precedente giudizio di legittimità, posto che la loro determinazione era stata
demandata al giudice di rinvio e che la mancata pronuncia sul punto da parte
della Corte territoriale, non ha formato oggetto di specifica impugnazione della
costituita parte civile.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di € 1000,00 alla Cassa delle
ammende, nonché alla refusione delle spese sostenute nel presente giudizio
dalla parte civile, che liquida nella somma di € 3000,00 oltre spese generali, IVA
e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2013.

P.Q.M.

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