Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37951 del 15/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37951 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAKARI SAID N. IL 01/01/1979
avverso la sentenza n. 108/2011 GIUDICE DI PACE di FERMO, del
23/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. P. 6t..Q.12Tro ott( x
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 15/07/2013

RITENUTO IN FATTO
1. In data 23.5.2011 il Giudice di Pace di Fermo emetteva sentenza di condanna
alla pena di euro 3.500,00 di ammenda (previo riconoscimento delle circostanze
attenuanti di cui all’art. 62-bis cod. pen.) nei confronti di Zakari Said, di
nazionalità marocchina, ritenuto responsabile del reato previsto e punito dall’art.
10-bis comma 1 d. Igs. 25.7.1998 n. 286 (da ora in poi T.U. imm.). In
particolare, l’affermazione di responsabilità per il soggiorno illegale nel territorio

contratto matrimonio con persona comunitaria richiedeva il permesso di
soggiorno per motivi familiari. Dall’esame del passaporto si constatava l’assenza
del visto di ingresso in Italia . Ad avviso del Giudice di Pace la condotta tenuta
dall’imputato risulta punibile essendo stata accertata la permanenza illegale sul
territorio dello stato dopo l’entrata in vigore della norma incriminatrice, non
potendosi ritenere che la circostanza del successivo matrimonio operi quale
causa di esclusione della punibilità.

2. A seguto della proposizione da parte dell’imputato di atto di appello, il Giudice
di Pace con provvedimento del 4 giugno 2012 trasmetteva gli atti a questa Corte
in applicazione dell’art. 568 comma 5 cod. proc. pen. . Nell’atto si esprimono i
seguenti motivi .
– violazione del principio di irretroattività della legge penale in virtù del fatto che
l’ingresso di Zakari Said nel territorio italiano sarebbe avvenuto prima del luglio
2009 e pertanto non potrebbe essere punito in forza di una legge entrata in
vigore successivamente, legge – peraltro – priva di un termine per regolarizzare
la condizione del soggetto;
– omessa applicazione dell’art. 34 del d. Igs. n. 274 del 28.8.2000 in tema di
particolare tenuità del fatto. Ad avviso del ricorrente, che sostiene di aver
espressamente chiesto l’applicazione di detta norma, le condizioni soggettive
maturate in virtù del contratto matrimonio avrebbero giustificato l’emissione di
sentenza di improcedibilità per la particolare tenuità del fatto, ricorrendone i
presupposti. In ogni caso sul punto vi sarebbe completa assenza di motivazione
del diniego;
– mancata applicazione dell’art. 5 cod. pen. in tema di efficacia scusante della
ignoranza della legge penale. Si sostiene che lo Zakari non avrebbe, per errore
scusabile, compreso i contenuti del precetto introdotto dal legislatore nell’art.

10-bis TU imm. .

2

dello stato si ricollega al fatto che lo Zakari in data 20.1.2011 dopo aver

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni che seguono.
Va premesso che la norma che incrimina le condotte di ingresso e permanenza
illegale nel territorio dello Stato – art. 10 bis d.lgs. n. 286 del 1998 – ha di

recente superato il vaglio di compatibilità costituzionale: il Giudice delle leggi,
con sentenza n. 250 del 2010, ha precisato che la norma non punisce una
«condizione personale e sociale» – quella, cioè, di straniero «clandestino» (o, più

persona. Essa, invece, punisce uno specifico comportamento, costituito dal
«fare ingresso» e dal «trattenersi» nel territorio dello Stato, in violazione delle
disposizioni di legge. Si è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta
attiva istantanea (il varcare illegalmente i confini nazionali) e una a carattere
permanente di natura omissiva, consistente nel non lasciare il territorio
nazionale. La condizione di “clandestinità” è, in questi termini, la conseguenza
della condotta penalmente illecita e non già un dato preesistente ed estraneo al
fatto, e la rilevanza penale si correla alla lesione del bene giuridico individuabile
nell’interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, secondo
un determinato assetto normativo: si tratta di un bene “strumentale”, per mezzo
della cui tutela si accorda protezione a beni pubblici “finali” di sicuro rilievo
costituzionale. Per queste ragioni non è stata una scelta arbitraria la
predisposizione di una tutela penale di siffatto interesse, che si atteggia a bene
giuridico di “categoria”, capace di accomunare buona parte delle norme
incriminatrici presenti nel testo unico del 1998. Sulla base di questo nucleo
argomentativo la Corte costituzionale ha dunque sancito la compatibilità della
norma qui in rilievo con alcuni principi della Carta fondamentale, specificamente
e principalmente con quelli desumibili dagli artt. 2 e 3.
Da ciò deriva che non possono trovare accoglimento le censure avanzate dal
ricorrente in tema di violazione del divieto di irretroattività, posto che la norma
incrimina in ogni caso il «trattenimento» illegale, che nel caso qui in esame è
pacificamente avvenuto in epoca successiva alla sua entrata in vigore, così come
non può trovare accoglimento il motivo relativo alla mancanza di adeguata
conoscenza del precetto, data la doverosità della conoscenza delle norme
regolatrici l’ingresso nel territorio di un paese straniero e la estrema semplicità
espressiva del precetto medesimo.
Piuttosto, vero è che l’art. 34 del d. Igs. n. 274 del 28.8.2000 in tema di
particolare tenuità del fatto – norma che esclude la procedibilità quando rispetto
all’interesse tutelato la esiguità del danno (anche in rapporto al grado della
colpevolezza) non giustifica l’esercizio dell’azione penale – è stato ritenuto da
3

propriamente, «irregolare») – e non criminalizza un «modo di essere» della

questa Corte applicabile anche ai procedimenti relativi all’art. 10-bis TU imm.
(Sez. I n. 13412 del 8.3.2011, rv 249855) stante la generale previsione valevole
per tutti i reati attribuiti alla competenza del Giudice di Pace . Tuttavia, dagli atti
non risulta espressamente formulata detta richiesta in sede di definizione del
giudizio di merito, il che rende non valutabili le doglianze relative alla omessa
motivazione circa tale aspetto nella decisione qui impugnata. Nè appare possibile
sostenere che la norma in questione dovesse necessariamente applicarsi in virtù
del successivo matrimonio dell’ìimputato con una cittadina italiana. Tale

in rapporto alla condotta antecedente nè determina le condizioni per un
incondizionato riconoscimento della tenuità del fatto, che va in ogni caso
rapportato ad una analisi concreta di tutti gli indici fattuali indicati nella norma
regolatrice.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 luglio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

condizione, infatti, non determina – di per sè – alcuna esclusione della punibilità

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