Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37914 del 06/07/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37914 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI LILLO ANTONIO MARIO nato a PIEDIMONTE MATESE il 17/04/1964

avverso la sentenza del 10/05/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO FILIPPINI;

Data Udienza: 06/07/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
fr

La CORTE APPELLO di FIRENZE, con sentenza in data 10/05/2016, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di LUCCA, in data 03/02/2015, nei confronti
di DI LILLO ANTONIO MARIO in relazione al reato di cui all art. 635 CP.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio
di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato, fondata su riconoscimento
fotografico da ritenere inutilizzabile perché effettuato in udienza senza il rispetto delle garanzie
difensive e non supportato da altre risultanze (deposizione del teste “fonte” Biagi Giacomo) .
Il motivo è inammissibile; quanto alla pretesa violazione delle garanzie difensive, per effettuazione
ricognizione di persona, evidente è la manifesta infondatezza del motivo.
Quanto alla attendibilità della individuazione, va osservato che, secondo il costante insegnamento
di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata
al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una
diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez.
Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del
02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante
criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente
da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 ,che ha riconosciuto la
possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali
specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di
cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicchè gli atti eventualmente indicati,
che devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso,
devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente
incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del
provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere tali
da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta, comunque, esclusa la possibilità di
una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di
merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa
ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova.
E’ stato ulteriormente precisato che la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto
della legge n. 46 del 2006, non consente alla Cassazione di sovrapporre la propria valutazione a
quella già effettuata dai giudici di merito mentre comporta che la rispondenza delle dette
valutazioni alle acquisizioni processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento
della prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e
sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ‘ictu oculi’,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza,
senza che siano apprezzabili le minime incongruenze. (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia,
Rv. 234099).
Peraltro il motivo ripropone stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi dunque considerare non specifico. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve
essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche

della individuazione fotografica senza l’osservanza delle procedure normativamente previste per la

per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c),
all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n.
39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270,
Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
Infatti, la Corte territoriale ha evidenziato come la sicura attendibilità del riconoscimento è data dal
riscontro fornito dal numero di targa della vettura sulla quale l’autore del fatto si trovava al
momento del fatto. E, rispetto a tale dato, il ricorrente neppure tenta di confrontarsi con la c.d.
prova di resistenza.
L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/07/2018

successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266)

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