Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37905 del 06/07/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37905 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TOSCANO ELENA nato a PESCARA il 12/06/1967

avverso la sentenza del 09/11/2016 della ‘CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO FILIPPINI;

Data Udienza: 06/07/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di L’AQUILA, con sentenza in data 09/11/2016, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal GIP TRIBUNALE di PESCARA, in data 17/09/2015, nei
confronti di TOSCANO ELENA in relazione al reato di cui all’ art. 628 CP.
Propone ricorso per cassazione l’imputata, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla affermazione di sussistenza della
aggravante di cui all’art. 62 n. 5 CP in considerazione della grave disabilità motoria della vittima,
ritenuta invece indimostrata e insussistente;
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento

refurtiva pari ad euro 450,00 ;
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio,
eccessivamente severo, e alla mancata prevalenza delle pur concesse attenuanti generiche.
Tutti i motivi sono inammissibili.
Quanto a sussistenza dell’aggravante e diniego dell’attenuante, la sentenza di appello, alle pagg. 3
e 4 , contiene congrua e non illogica motivazione, che dunque risulta non sindacabile nella presente
sede.
Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di
cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le
più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante
criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente
da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 ,che ha riconosciuto la
possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali
specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di
cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicchè gli atti eventualmente indicati,
che devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di autosufficienza del ricorso,
devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente
incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del
provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere tali
da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta, comunque, esclusa la possibilità di
una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di
merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa
ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova.
E’ stato ulteriormente precisato che la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto
della legge n. 46 del 2006, non consente alla Cassazione di sovrapporre la propria valutazione a
quella già effettuata dai giudici di merito mentre comporta che la rispondenza delle dette
valutazioni alle acquisizioni processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento
della prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e
sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ‘ictu oculi’,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza,

dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 CP, dovendosi considerare particolarmente tenue il valore della

senza che siano apprezzabili le minime incongruenze. (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia,
Rv. 234099) .
Peraltro, quanto all’aggravante, del tutto congrua è la dimostrazione di una condizione di difficoltà
di deambulazione, che giustifica pienamente la circostanza in parola.
Quanto all’attenuante, invece, secondo un orientamento ormai consolidato di questa Corte (Sez. 2,
n. 50987 del 17/12/2015, Salamone, RV. 265685 n.19308 del 20/01/2010, Uccello, RV. 247363;
n.12456 del 04/03/2008, Umina RV.239749; n.41578 del 22/11/2006, Massimi, RV. 235386;
n.21872 del 06/03/ 2001, Contene, RV. 218795), ai fini della configurabilità dell’attenuante del
danno di speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile
sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi
connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia,

libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Nel caso
di specie, neppure ricorre il modestissimo valore, come argomentato dalla Corte territoriale.
Quanto alla pena, del tutto congrua è la motivazione, incentrata sulla pluralità dei precedenti
penali. Peraltro trattasi di pena di poco superiore al minimo edittale. La graduazione della pena,
anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed
attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare
la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è
inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della
congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico
(Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata,
specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia
di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a
dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: ‘pena congrua’,
‘pena equa’ o ‘congruo aumento’, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a
delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596) .
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/07/2018

attesa la natura plurioffensiva del delitto de quo, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la

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