Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37888 del 06/07/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37888 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TORRES ROBERTO nato a PALERMO il 15/11/1974

avverso la sentenza del 03/07/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO FILIPPINI;

Data Udienza: 06/07/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di PALERMO, con sentenza in data 03/07/2017, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal GIP TRIBUNALE di PALERMO, in data 21/04/2016, nei
confronti di TORRES ROBERTO in relazione al reato di cui all art. 628 CP (più grave) ed altro.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione dell’attenuante
di cui all’art. 62 n. 4 CP;
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla quantificazione della pena;
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento della
Tutti i motivi sono inammissibili.
Quanto al primo, secondo léorientamento ormai consolidato di questa Corte (Sez. 2, n. 50987 del
17/12/2015, Salamone, RV. 265685 n.19308 del 20/01/2010, Uccello, RV. 247363; n.12456 del
04/03/2008, Umina RV.239749; n.41578 del 22/11/2006, Massimi, RV. 235386; n.21872 del
06/03/ 2001, Contene, RV. 218795), ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di
speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia
di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla
lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura
plurioffensiva del delitto de quo, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità
fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Nella fattispecie, la Corte
territoriale ha escluso, con ragionamento adeguato e logico, già la ricorrenza della tenuità del
danno (relativo a monili in oro e cellulari)
Quanto al secondo, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni
previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di
merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli
artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di
cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014,
Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre, avendo la Corte territoriale valutato
le plurime e recenti condanne per reati contro il patrimonio, ragione per la quale è stata applicata la
recidiva.
Quanto al terzo, ai fini del riconoscimento della continuazione in sede di cognizione, incombe
comunque sull’interessato l’onere di allegazione degli specifici elementi dai quali possa desumersi
l’identità del disegno criminoso (Sez. 6, n. 43441 del 24/11/2010, Podda, RV. 248962). Nel ricorso
non si indicano tali elementi, se non genericamente, né si afferma di averli dedotti in maniera più
specifica ai giudici di merito. Di conseguenza, apparendo adeguata e non illogica la motivazione
dell’appello sul punto (occasionalità dei fatti, distanza temporale, irrilevanza della condizione di
alcol dipendenza), generico e aspecifico risulta il motivo, che è fondato su argomenti che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi
gli stessi considerarsi non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere
nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez.
4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv.

continuazione tra le due violazioni ascritte.

230634; Sez. 4, 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv.
236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Così deciso il 06/07/2018

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

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