Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37886 del 06/07/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37886 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BRANCACCIO GIOVANNI nato a CASERTA il 22/09/1967 ,

avverso la sentenza del 17/05/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO FILIPPINI;

Data Udienza: 06/07/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di NAPOLI, con sentenza in data 17/05/2016, parzialmente riformando la
sentenza pronunciata dal TRIB.SEZ.DIST. di CASERTA, in data 12/10/2011, nei confronti di
BRANCACCIO GIOVANNI, confermava la condanna per il reato di ricettazione di una polizza
assicurativa, mentre dichiarava l’intervenuta abrogazione dell’ipotesi di reato ex art 489 CP in
relazione all’utilizzo di detta polizza.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dello sconto di
pena connesso al rito abbreviato; invero il primo giudice ha illegittimamente negato l’ammissione al

perché, a seguito del trasferimento del processo dalla sede giudiziaria di S.M. Capua Vetere a
Caserta, il giudizio ha subito una sorte di regressione di fase, con implicita rimessione in termini;
– violazione di legge e vizio di motivazione rispetto a difetto di valida querela della Compagnia
assicuratrice in relazione al reato ex art. 489 CP;
– violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla mancata concessione della prevalenza
delle attenuanti generiche nel giudizio di bilanciamento.
Il ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondato è il primo motivo: la Corte territoriale correttamente evidenzia come
nella fattispecie, nella quale si verte in tema di giudizio a citazione diretta, la richiesta di rito
abbreviato è avvenuta oltre il termine di cui all’art. 550 CPP e successivamente alla emissione della
ordinanza ammissiva dei testi, dunque tardivamente. Nessuna regressione di fase si è verificata,
essendo solamente intervenuto, in corso di causa, il mutamento dell’ufficio giudiziario competente
per il dibattimento, con avviso all’imputato della nuova data e luogo di prosecuzione del giudizio.
Né è mai intervenuta alcuna istanza di rimessione in termini, né indicazione delle relative ragioni.
Non consentito è il secondo motivo; la doglianza non risulta essere stata previamente dedotta come
motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod.
proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata,
che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se
incompleto o comunque non corretto. Né si tratta di questione comunque rilevabile in sede di
legittimità, in quanto l’accertamento dei relativi presupposti in fatto, presupponendo diretto accesso
agli atti , deve ritenersi precluso nella presente sede. In ogni caso, il motivo è generico, dal
momento che non se ne indica la rilevanza a fronte della sopravvenuta abrogazione del reato
dichiarata dal giudice di appello.
Inammissibile è pure il motivo sul giudizio di comparazione tra opposte circostanze. Le decisioni sul
punto, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato
di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da
sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione
dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata
in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931), come nella fattispecie.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

detto rito premiale per la ritenuta tardività della relativa richiesta, da considerare invece tempestiva

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/07/2018

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