Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37883 del 06/07/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37883 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MERCURI ANDREA nato a TRADATE il 15/04/1987

avverso la sentenza del 08/03/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO FILIPPINI;

Data Udienza: 06/07/2018

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di MILANO, con sentenza in data 08/03/2017, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di COMO, in data
10/03/2016, nei confronti di MERCURI ANDREA in relazione al reato di cui all’ art. 55 DL n. 231 del
2007
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al rigetto della istanza di ammissione al
rito abbreviato (condizionato all’esame della persona offesa), essendo stato ritenuto superfluo tale
adempimento perché comunque non avrebbe potuto portare alla concessione dell’attenuante di cui

CP;
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione alla
fattispecie, per via analogica, della previsione di cui all’art. 649 CP.
Quanto al primo motivo, la censura è manifestamente infondata a proposito della questione dell’art.
62 n. 6 CO, avendo la Corte territoriale risposto sul punto con argomentazione esauriente e
conforme alla consolidata giurisprudenza; generica, invece, quanto alla possibile finalizzazione ai
sensi dell’art. 133 CP, non essendo state neppure indicate in ricorso le ragioni con le quali, dinanzi
al primo giudice, la richiesta di integrazione istruttoria era stata avanzata.
Quanto al secondo motivo, la condivisa giurisprudenza (Sez. 2, Sentenza n. 15834 del 08/04/2011,
Rv. 250516) afferma che non è applicabile l’esimente di cui all’art. 649 cod. pen. (fatti commessi in
danno di congiunti) al reato di illecito uso di una carta di credito (art. 12 del D.L. 3 maggio 1991,
convertito in I. 5 luglio 1991, n. 197, successivamente abrogato e trasferito sotto la previsione di
cui all’art. 55, comma nono, del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231), nell’ipotesi in cui la condotta
delittuosa sia stata posta in essere da un familiare del titolare della carta, stante la natura
plurioffensiva del reato “de quo”, la cui dimensione lesiva trascende il mero patrimonio individuale
per estendersi, in modo più o meno diretto; a valori riconducibili all’ambito dell’ordine pubblico,
economico e della fede pubblica, mentre la previsione di cui all’art. 649 cod. pen. concerne
esclusivamente i delitti contro il patrimonio ed ha una natura eccezionale che ne preclude
l’applicazione in via analogica. Nello stesso senso, si veda la massima precedente conforme n.
41317 del 2006 Rv. 235761.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 06/07/2018

all’art. 62 n. 6 CP, mentre poteva comunque introdurre elementi utili ai fini del giudizio ex art. 133

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