Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3788 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3788 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POLVERINO CARMELA N. IL 13/07/1973
avverso l’ordinanza n. 2291/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
06/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Air

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 07/11/2013

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con ordinanza del 6 maggio 2013 il Tribunale di Napoli, in
funzione di giudice del riesame, confermava, rigettando il relativo
gravame, il rigetto della istanza di dissequestro deciso in data 21
novembre 2012 dal Tribunale partenopeo in danno di Polverino
Carmela, imputata del reato di cui all’art. 12-quinquies d.l. 356/92
quale intestataria di comodo, per conto del marito Cammarota
Salvatore e del padre, Polverino Antonio, coimputati, tra gli altri,
del reato di cui all’art. 416-bis c.p.p, di quote della società “il vostro
fornaio”. Il sequestro per cui è causa riguarda immobili edili e
terreni intestati alla Polverino e risulta finalizzato alla confisca ai
sensi dell’art. 12 sexies D.L. 306/1992 convertito in L. 356/1992.
A sostegno del provvedimento il Tribunale territoriale osservava:
analoga istanza è stata rigettata dal tribunale il 25 maggio 2012;
occorre pertanto valutare se rispetto a detta decisione risultano
addotti elementi nuovi di giudizio; il sequestro è stato operato sia
per il reato in ordine al quale la Polverino risulta imputata (quale
intestataria di comodo di quote societarie relative ad un esercizio
commerciale per la produzione e vendita di pane) sia ai sensi
dell’art. 12-sexies 1. 356/1992 in riferimento al marito ed al padre
incriminati del reato associativo detto; di qui l’applicazione delle
regole normative proprie di questo istituto in ordine alla irrilevanza
del nesso di pertinenzialità tra cose sequestrate e reato, alla non
influenza dell’epoca degli acquisti e la necessità, viceversa di una
accertata sproporzione tra valore dei beni e capacità reddituale del
condannato; tale dimostrazione è stata data, mentre per converso
risulta accertata la mafiosità del marito e del padre della medesima;
dette circostanze scoloriscono il valore del precedente del 2004,
quando la richiesta di misura di prevenzione in danno di Polverino
Antonio, padre della ricorrente, venne rigettata perché non provato
lo status di mafioso del proposto; la Polverino negli anni 19961997, epoca di acquisizione dei beni immobili sequestrati (immobili
abitativi e fondi agricoli) ancorchè non ancora coniugata col
Cammarota, non godeva di redditi giustificativi degli acquisti.

2. Ricorre avverso tale ordinanza la Polverino, assistita dal
difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento giacchè viziata,
secondo difensiva prospettazione, da violazione di legge e difetto
della motivazione.

1

2.1 Denuncia, in particolare, la difesa ricorrente: alla Polverino
viene contestato il reato di cui all’art. 12-quinquies d.l. 356/1992
perché in concorso e previo accordo, per fini elusivi delle norme in
materia di prevenzione patrimoniale, riceveva dal padre, in data
6.11.1993, la quota pari a 27.000.000 milioni di lire relativa alla
società “Il vostro Fornaio spa”; in relazione al sequestro impugnato
la ricorrente è terzo intestatario dei beni per i quali non ricorre
alcuna ipotesi di reato; detti beni non sono pertanto confiscabili; i
beni, comE da inoppugnabile documentazione, sono stati acquistati
prima del matrimonio della ricorrente con il Cammarota; a carico
della Polverino, terza intestataria, non opera la presunzione di
illecita provenienza, di guisa che la ritenuta fittizietà degli acquisti
andrebbe rigorosamente provata, prova nello specifico mai data; per
le quote del panificio giova rammentare, attesa altresì l’omissione
sul punto della motivazione impugnata, che con provvedimento del
5.7.2011 il tribunale del riesame ebbe ad escludere la riferibilità
dello stesso al clan Polverino; non risulta acquisita agli atti alcuna
prova in ordine alla disponibilità dei beni sequestrati da parte di
Polverino Antonio; a tutto concedere, anche in riferimento all’art.
321 c.p.p., le condotte del padre contestate nel processo non hanno
alcuna rilevanza con gli acquisti dei beni sequestrati da parte della
figlia; nulla dice comunque sul punto l’ordinanza impugnata anche
in riferimento ai tempi delle condotte delittuose e degli acquisti
sequestrati.
3. Il ricorso appare fondato.
Ed invero giova chiarire che la ricorrente è imputata del reato di cui
all’art. 12-quinquies d.l. 306/1992 in relazione ad un panificio
escluso dal sequestro impugnato e che nella motivazione il
Tribunale ha chiarito che, comunque, il sequestro degli immobili
diversi dalle quote societarie di detto panificio riguarda sia il reato
detto che la posizione del padre e del marito della Polverino ai sensi
dell’art. 12 sexies d.l. citato.
Tanto premesso non può non rilevarsi in primo luogo la palese
incongruenza dell’argomentare di merito, che richiama due fonti
normative sul piano logico incompatibili ai fini della decisione
adottata: il reato di interposizione fittizia di persone relativa a certi
beni estranei al sequestro per cui è causa, la norma contestata alla
Polverino, da una parte, ed una ipotesi particolare di confisca quale
sanzione accessoria obbligatoria in caso di condanna per il reato di

2

cui all’art. 416-bis c.p. (per quanto di interesse) quella tipizzata
all’art. 12-sexies d.l. 306/1992, relativa però, giova ribadirlo, a beni
diversi dai primi.
Tanto premesso osserva altresì la Corte che la Polverino, rispetto a
tali ultimi beni, immobili di vario genere acquisiti tra il 1996 ed il
1997, assume processualmente la posizione del terzo proprietario,
sicchè trova applicazione alla fattispecie il principio in forza del
quale, nell’ipotesi di intestazione fittizia a terzi di beni che si
assumano di provenienza illecita, incombe sull’accusa l’onere di
dimostrare, ai fini dell’operatività nei confronti del terzo del
sequestro e della successiva confisca, l’esistenza di situazioni che
avallino concretamente l’ipotesi di una discrasia tra intestazione
formale e disponibilità effettiva del bene, sicché possa affermarsi
con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità
apparente al solo fine di favorire la permanenza dell’acquisizione
del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo
della confisca; spetta al giudice, poi, esplicare le ragioni della
ritenuta interposizione fittizia, utilizzando allo scopo non solo
circostanze sintomatiche di mero spessore indiziario, sibbene
elementi fattuali, dotati dei crismi della gravità, precisione e
concordanza, idonei a sostenere, anche in chiave indiretta, l’assunto
accusatorio (Cass., Sez. I, 05/02/2001, Di Bella e altri) con
l’ulteriore precisazione che, ai fini della valutazione della
sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito dichiarato o
all’attività economica esercitata, i termini di raffronto dello
squilibrio vanno fissati nel reddito dichiarato o nelle attività
economiche non al momento della applicazione della misura sui
beni presenti nel patrimonio del soggetto, ma al momento dei
singoli acquisti e al valore dei beni di volta in volta acquisiti (Cass.,
Sez. VI, 26/09/2006, n. 721).
Sul punto non può non rilevarsi pertanto l’equivocità e le omissioni
della motivazione impugnata, sia per quanto già innanzi precisato,
sia perché l’acquisizione dei beni sequestrati da parte del terzo
risale ad epoca in cui la Polverino non era coniugata con
Cammarota Salvatore, nel provvedimento in esame indicato, con
Polverino Antonio, come reale beneficiario di quei beni, profilo
questo non adeguatamente chiarito dal tribunale.
4. Alla stregua delle illustrate motivazioni l’ordinanza impugnata va

annullata, con rinvio, per nuovo esame alla luce dei principi di
diritto innanzi illustrati.

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P. Q. M.

la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al
Tribunale di Napoli.
In Roma, addì 7 novembre 2013

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