Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37860 del 24/04/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 37860 Anno 2018
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PADULA LUCIANO nato a PARMA il 21/09/1964 parte offesa nel procedimento
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IGNOTI

avverso l’ordinanza del 06/07/2017 del GIP TRIBUNALE di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere GRAZIA MICCOLI;
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e conclusioni del PG

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Data Udienza: 24/04/2018

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, nella persona della dott. Elisabetta Ceniccola,
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento del 6 luglio 2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Genova ha disposto l’archiviazione del procedimento iscritto a carico di ignoti per i reati di cui
agli artt. 595, 476 e 479, 48 e 615 ter cod. pen.; il giudice ha al contempo trasmesso gli atti al
Pubblico Ministero per quanto di sua competenza, in relazione all’ipotesi di calunnia, per il
contenuta della denuncia-querela presentata dalla persona offesa LUCIANO PADULA.

deducendo l’abnormità del provvedimento di archiviazione sotto molteplici profili:
– l’archiviazione del procedimento, accompagnata dalla contestuale sollecitazione di “diverse
determinazioni dell’organo di accusa”, costituirebbe atto funzionalmente abnorme in quanto tale
decisione sarebbe suscettibile di determinare una stasi procedurale, nel caso in cui ìl Pubblico
Ministero non dovesse attivarsi nella direzione indicata dal giudice;
– la riduzione a semplici “sospetti” delle indicazioni fornite dal querelante e la contestuale
privazione del potere di investire l’organo pubblico delle investigazioni reputate opportune al fine
di corroborare le proprie ipotesi, finirebbe per porre a carico del privato cittadino l’onere
probatorio riservato al Pubblico Ministero;
– le determinazioni “chieste, suggerite e/o imposte” al Pubblico Ministero in relazione all’iscrizione
del querelante nel registro delle notizie di reato per il delitto di calunnia ed all’effettuazione delle
relative indagini, costituirebbero esercizio di un potere esorbitante dalle funzioni di impulso e
controllo riconosciute al Giudice per le indagini preliminari in sede di archiviazione; spetta infatti
al solo Pubblico Ministero di individuare negli atti una notizia di reato;
– attraverso l’adozione di un provvedimento “salvifico” per il querelato e “punitivo” per il
querelante, il giudice si sarebbe arrogato il ruolo di risolutore nel merito di interessi contrapposti;
ciò esulerebbe dal compito assegnato al Giudice per le indagini preliminari nell’ambito del
procedimento di archiviazione, consistente nel garantire la legalità in merito all’esercizio
dell’azione penale;
– le argomentazioni del Giudice per le indagini preliminari si presenterebbero totalmente
illogiche: egli infatti, una volta ritenuti i fatti denunciati “palesemente irrilevanti”, non potrebbe
far discendere da tale valutazione la causa di giustificazione della mancata iscrizione nel registro
notizie di reato della persona querelata e, al contempo, la ragione per configurare .una calunnia
a carico del querelante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Merita anzitutto premettere, ai fini di un corretto inquadramento delle censure di “abnormità”
formulate dal PADULA, che questa Corte ha da tempo individuato due distinte categorie di
abnormità.

2

2. Propone ricorso per cassazione la persona offesa, con atto sottoscritto dal proprio difensore,

Un provvedimento, infatti, può risultare abnorme sotto il profilo strutturale quando, per la
singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale,
dovendosi invece parlare di abnormità funzionale qualora l’atto, pur non risultando estraneo al
sistema normativo, determini stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (Sez. U, Sentenza
n. 17 del 10/12/1997, Rv. 209603; Sez. 2, Sentenza n. 27716 del 05/06/2003, Rv. 225857).
2. Stando alle prospettazioni difensive, l’ordinanza impugnata sarebbe affetta da abnormità
funzionale, in quanto il giudice per le indagini preliminari, nell’archiviare il procedimento,
“sollecitando diverse determinazioni dell’organo di accusa”, avrebbe causato una stasi

dal giudice stesso.
Nel far ciò, quest’ultimo avrebbe esercitato un potere esorbitante dalle funzioni di impulso e di
controllo riconosciutegli in sede di archiviazione, poiché spetta al solo organo dell’Accusa
individuare negli atti una notizia di reato.
3. Le censure così formulate dal ricorrente sono manifestamente infondate: non si è infatti
determinata alcuna stasi, dal momento che il procedimento – con l’accoglimento della richiesta
del Pubblico Ministero – è stato in effetti definito con l’archiviazione.
Del resto, in materia di archiviazione, i poteri conferiti al giudice per le indagini preliminari sono
correlati al controllo del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale, quali
“strumento di garanzia contro l’inerzia del pubblico ministero” (Corte cost. sent. n. 88 del 1991).
Si è pertanto affermato che il sindacato affidato al Giudice deve riguardare la integralità dei
risultati dell’indagine.
In seguito alla formulazione della richiesta di archiviazione, il Giudice non è quindi tenuto a
pronunciarsi su di una specifica domanda, essendo dotato del ben più ampio potere di apprezzare
se, in concreto, le risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari siano o
meno esaurienti ai fini della legittimità della “inazione” del pubblico ministero (Corte cost. sent.
n. 478 del 1993).
Peraltro questa Corte ha già avuto modo di affermare che non é abnorme l’ordinanza del G.i.p.
che, accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini la trasmissione degli atti al P.M. segnalando
l’esistenza di ulteriori reati procedibili d’ufficio che non hanno formato oggetto della richiesta
(Sez. 3, n. 24060 del 13/05/2010, P.M. in proc. brio, Rv. 249305).
E’ evidente, infatti, come tale provvedimento sia autonomo rispetto alla disposta archiviazione,
al pari dell’ordinanza con cui il giudice del dibattimento, all’esito del processo, disponga la
trasmissione degli atti al P.M., segnalandogli ulteriori reati emersi nel corso del giudizio.
Ed è altrettanto evidente che spetti, poi, solo al Pubblico Ministero la valutazione se procedere
all’iscrizione nel registro notizie di reato del soggetto segnalato dal G.I.P. in relazione alla
prospettata condotta di calunnia (si vedano Sez. 6, n. 36685 del 30/06/2015, P.O. in proc.
Lemma, Rv. 26466901; Sez. 6, n. 45206 del 16/07/2013, P.O. in proc. Curaggi e altro, Rv.
25738101).

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procedurale, superabile solo a condizione che il Pubblico Ministero si attivasse nel senso indicato

4. Sulla base di quanto precede, non è stato ritenuto abnorme, e pertanto ricorribile per
cassazione, il provvedimento con il quale, il G.i.p., all’esito dell’udienza camerale fissata
sull’opposizione della persona offesa per il mancato accoglimento della richiesta di archiviazione
del P.M., ordini l’iscrizione nel registro delle notizie di reato di altri soggetti, mai prima indagati
e per i quali il P.M. non abbia formulato alcuna richiesta, disponendo altresì la prosecuzione delle
indagini (Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, P.M. in proc. Minervini, Rv. 231162), ovvero
imponga al P.M. di formulare l’imputazione per il medesimo fatto, ma in relazione ad altro titolo
di reato (Sez. 6, n. 34284 del 22/06/2011, P.G. in proc. Polese, Rv. 250836), in quanto trattasi

criminis.
5. Non è diverso il caso in esame, in cui il Giudice non ha certo imposto la formulazione coatta
dell’imputazione in relazione al reato di calunnia, avendo solo disposto la restituzione degli atti
al Pubblico Ministero “per quanto di sua competenza”, dopo aver pienamente e legittimamente
esercitato il potere di controllo in sede di archiviazione sulla originaria notizia di reato.
Non è quindi stato eluso il principio che riserva al pubblico ministero l’esercizio dell’azione penale,
avendo il Giudice solo ipotizzato che “possono ravvisarsi gli estremi del reato di calunnia”.
Insomma si tratta di situazione diversa da quella oggetto di altra decisione di questa Corte, con
la quale si è affermato che è «abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p. contestualmente
deliberi l’archiviazione del procedimento e disponga la trasmissione degli atti al P.M. ordinandogli
di formulare l’imputazione in relazione ad una persona non indagata (nella specie, il denunciante)
e per un fatto non oggetto della “notitia criminis”. (Fattispecie relativa a denuncia di supposto
contenuto calunnioso)» (Sez. 6, Sentenza n. 3891 del 12/01/2012, Rv. 251578).
6. Quanto agli altri profili di ricorso, va evidenziato che l’ordinanza impugnata è stata emessa a
seguito dell’opposizione del ricorrente, nonché all’esito della rituale instaurazione e celebrazione
dell’udienza partecipata in camera di consiglio.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte «l’ordinanza. di archiviazione è impugnabile
soltanto nei rigorosi limiti fissati dal comma sesto dell’art. 409 cod. proc. pen.; tali limiti
sussistono, quale che sia il procedimento a conclusione del quale essa sia stata pronunciata. La
citata norma, nel fare espresso e tassativo richiamo ai casi di nullità previsti dall’art. 127, comma
quinto, cod. proc. pen., legittima il ricorso per cassazione soltanto nel caso in cui le parti non
siano state poste in grado di esercitare le facoltà ad esse attribuite dalla legge» (Sez. U, n. 24
del 09/06/1995, Bianchi, Rv. 201381; Sez. 6, n. 436 del 05/12/2002, Mione; Sez. 1, n. 8842
del 07/02/2006, P.O. in proc. Laurino, Rv. 233582).
Si è, inoltre, affermato che «il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di archiviazione
emesso all’esito dell’udienza camerale, è consentito nei soli casi di mancato rispetto delle regole
poste a garanzia del contraddittorio formale e, pertanto, non possono essere oggetto di censura
le valutazioni poste a fondamento dell’ordinanza di archiviazione, essendo al riguardo il giudice
del tutto libero di motivare il proprio convincimento anche prescindendo dalle valutazioni

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di decisioni che rientrano nei poteri di controllo a lui devoluti dalla legge sull’intera notitia

dell’organo titolare dell’accusa e da quelle esposte dalla persona offesa in sede di opposizione»
(Sez. 4, n. 51557 del 16/11/2016, Rv, 268343).
Osta a una diversa lettura il principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione.
Non v’è, inoltre, ragione di un ampliamento della piattaforma dei vizi denunziabili mediante
ricorso, considerata la natura, <

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