Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37858 del 12/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37858 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA

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sul ricorso proposto da

SCIUME’ Giuseppe, nato a Favara il 2/2/1951
SORCE Giuseppina, nata a Favara il 2/4/1955
avverso l’ordinanza del 4/3/2013 del Tribunale di Agrigento che ha respinto
l’istanza di riesame avverso il provvedimento del Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale in sede in data 29/1/2013 col quale è stato convalidato
il sequestro preventivo disposto dal Pubblico ministero su tre manufatti di
proprietà dei sigg. Sciumé e Sorce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gioacchino Izzo, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4/3/2013 il Tribunale di Agrigento ha respinto l’istanza
di riesame avverso il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale in sede in data 29/1/2013 col quale è stato convalidato il sequestro
preventivo disposto dal Pubblico ministero su tre manufatti di proprietà dei sigg.
Sciumé e Sorce.

Data Udienza: 12/06/2013

2. Osserva in sintesi il Tribunale: a) che le opere sequestrate presentano
difformità consistenti rispetto al progetto assentito; b) che tali difformità hanno
comportato anche il mutamento di destinazione d’uso dei manufatti; c) che non
si è in presenza di opere precarie, così che non può essere invocata la
disposizione dell’art.20 della legge Regione Siciliana 16 aprile 2003, n.4,
disposizione che deve, in ogni caso, essere interpreta in linea coi principi della
legislazione nazionale; d) che la destinazione abitativa dei manufatti, così come
risultante dalle opere eseguite, contrasta con l’originaria destinazione agricola e

mora” giustificante il sequestro.
3. Avverso tale decisione i sigg. Sciumé e Sorce propongono ricorso tramite
il Difensore, in sintesi lamentando:
a.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per non
essere la decisione del Tribunale del riesame intervenuta nel termine di
dieci giorni dalla data di trasmissione degli atti da parte del Pubblico
ministero;

b.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per avere il
Tribunale del riesame ritenuto di poter colmare il vizio di motivazione del
provvedimento cautelare originario;

c.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere il
Tribunale omesso di considerare che le opere sono state precedute da
richiesta di autorizzazione al Comune e da questi autorizzate, anche se la
procedura non è ancora definita per una parte di esse; difetta, quindi,
ogni contrasto con la normativa vigente e non sussiste alcun “periculum
in mora”.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e merita di essere rigettato, nei termini di seguito
specificati.
2. E, infatti, con recente sentenza delle Sezioni Unite penali (sentenza
emessa su ricorso Cavalli alla udienza del 28/3/2013) questa Corte ha superato il
contrasto interpretativo esistente in ordine all’applicazione degli artt.324, comma
7, e 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen. e accolto l’interpretazione maggioritaria
che esclude che il mancato rispetto da parte del tribunale del riesame dei termini
fissati dall’art.309 cod. proc. pen. comporti la perdita di efficacia della misura
cautelare reale. Si tratta di principio che, alla luce della motivazione del
provvedimento, ha portata generale in relazione alle differenze esistenti fra

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comporta un aggravio di carico urbanistico, così che sussiste il “periculum in

misure cautelari personali e reali, e dunque opera sia per i termini di
trasmissione degli atti da parte del Pubblico ministero sia per i termini della
decisione.
2. Manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso: la giurisprudenza
di legittimità è costante nell’affermare che, a differenza di quanto previsto per il
sequestro probatorio, in caso di sequestro preventivo non privo radicalmente di
motivazione è consentito al tribunale del riesame di integrare e perfino
parzialmente sostituire la motivazione presente nell’ordinanza cautelare, e ciò in

cod. proc. pen..
3. Infine, manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso. Risulta
evidente dalla motivazione dell’ordinanza del Tribunale che i coniugi ricorrenti
hanno inizialmente presentato una istanza di autorizzazione per riattare una
struttura destinata a ricovero di attrezzi e per realizzare una vasca per la
raccolta delle acque; interventi compatibili con la destinazione agricola dell’area
e con il vincolo esistente sull’area stessa. Risulta, poi, che i medesimi hanno
proceduto a successivi interventi, per cui sono state richieste singole
autorizzazioni, che hanno comportato la trasformazione del manufatto destinato
a deposito in manufatto destinato ad abitazione, la trasformazione della vasca di
raccolta acque in una piscina, munita di box doccia, e la realizzazione di tettoie
chiuse su tre lati e “protette dal vento” sul lato aperto. Appare evidente da
quanto sopra che la conclusione cui è giunto il Tribunale circa il mutamento
illecito di destinazione degli immobili da agricolo in abitativo risulta logicamente
motivata e con essa il “funnus” di reato.
4. Altrettanto deve dirsi per l’esistenza di un “periculum in mora”: il
maggior carico urbanistico di una unità abitativa rispetto ad un deposito di
materiale agricolo non appare sottoponibile a dubbio.
5. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere
respinto e i ricorrenti condannati, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle
spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 12/6/2013

applicazione del chiaro testo delle disposizioni contenute negli artt.309 e art.324

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