Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37847 del 14/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37847 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
SORINI Laura, nata a Torino il 14/10/1957
avverso l’ordinanza del 19/1/2013 del Tribunale di Savona, che ha confermato il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Savona in data 5/12/2012 in relazione al reato ex art.44, lett.c), del
d.P.R. 6 giugno 2001, n.380;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito per la ricorrente l’avv. Andrea Scella in sostituzione dell’avv. Fausto
Mazzitelli, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 19/1/2013 il Tribunale di Savona, che ha confermato il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Savona in data 5/12/2012 in relazione al reato ex art.44, lett.c), del
d.P.R. 6 giugno 2001, n.380.
A carico della sig.ra Sonni, quale legale rappresentante della “Rivalmare
S.r.l.”, viene ipotizzata l’esistenza di violazioni relative al piano di lottizzazione,

Data Udienza: 14/05/2013

oggetto di convenzione stipulata 1’8/3/2010 e di successivo permesso di costruire
in data 21/5/2010, relativo alla edificazione di sei villette in località Villanova
d’Albenga.
In particolare, le volumetrie autorizzate risulterebbero molto maggiori di
quelle consentite dalla legge regionale n.1 del 2008 e dagli strumenti urbanistici
in vigore, non potendosi applicare alle nuove costruzioni la disciplina che
nell’anno 2001 aveva inteso “regolarizzare” gli interventi effettuati nei sottotetti
escludendo che la relativa volumetria fosse da computarsi in quella complessiva

P.R.G. mediante il rinvio operato dall’art.10).
2. Avverso tale decisione la sig.ra Sonni propone ricorso in sintesi
lamentando:
a.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. in relazione
all’arti°, comma 1, delle N.T.A al P.R.G. e alla legge Regione Liguria n.24
del 6/8/2001, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto che la disposizione
in materia di sottotetti e relative volumetrie sia da interpretarsi come
applicabile unicamente agli spazi esistenti al momento dell’entrata in vigore
della legge in parola, e dunque alla data del 6/9/2001. Si tratta di
interpretazione restrittiva che viola i principi in tema di interpretazione: il
richiamo alla legge regionale è stato operato dalle N.T.A al chiaro scopo di
individuare i requisiti che consentono di destinare, a titolo oneroso, gli spazi
sottotetto ad uso residenziale. Il fatto che il Tribunale consideri “irrazionale”
la interpretazione adottata dal Comune e sostenuta dai privati introduce un
elemento di valutazione di opportunità non consentito al giudice. Infine, il
parere favorevole del Comitato tecnico per il territorio circa la variante
integrale al P.R.G. conforta la lettura del citato art.10 sostenuta dal Comune;

b.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. di legge in
relazione all’art.42 cod. pen. e all’art.321 cod. proc. pen. in quanto nel caso
in esame appare evidente la buona fede di chi ha agito in conformità al
permesso di costruire emanato dall’ente territoriale, con conseguente
assenza dei presupposti di illiceità della condotta e di emanabilità del
sequestro preventivo; errata sul punto la motivazione dell’ordinanza che
richiama il rispetto dell’art5 cod. pen. in un caso in cui il Comune ha
applicato l’arti° in modo conforme a precedenti decisioni, così che sussiste
un ragionevole affidamento del privato nella correttezza dell’operato della
pubblica amministrazione. Operano, così, i principi in tema di confiscabilità
fissati dalla C.e.d.u. con riferimento ai presupposti ex art.7 della Convenzione
di una misura che ha natura sanzionatoria (Sez.3, n.447 del 28/9/2011)

2

(il richiamo è alla legge regionale n.24 del 2001, poi recepita dalle N.T.A del

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene che l’esame del ricorso debba prendere le mosse dal
principio, affermato dalla giurisprudenza di questa Sezione, secondo cui “la non

conformità dell’atto amministrativo alla normativa che ne regola l’emanazione
alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico edilizia e alle
previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l’atto sia
illecito e, cioè, frutto di attività criminosa, ma anche nell’ipotesi in cui
l’emanazione dell’atto medesimo sia espressamente vietata in mancanza delle

condizioni previste dalla legge o nel caso di mancato rispetto delle norme che
regolano l’esercizio del potere” (Sez. 3, n. 40425 del 28/09/2006, Consiglio, rv
237038).
2. Versandosi in tema di misura cautelare, va considerato che, per quanto in
presenza di misure ablative finalizzate a futura confisca debba aversi la
necessaria attenzione alla presenza del “fumus” di reato che deriva dalla natura
sostanzialmente sanzionatoria del provvedimento atteso, il controllo che è
demandato al giudice del riesame e, quindi, alla Corte di cassazione non può
spingersi fino all’analisi del merito della contestazione e alla completa
valutazione anche dell’elemento soggettivo del reato. Senza dimenticare che in
ipotesi di edificazione che violi i limiti fissati dagli strumenti urbanistici il
sequestro preventivo ha la finalità di impedire l’aggravarsi della situazione di
illegalità e di offrire tutela ai beni aggrediti dalla violazione, così che non può
cedere di fronte alle pretese di buona fede del costruttore che non si sostanzino
nella assoluta e “icto oculi” evidente estraneità all’illecito.
3. Venendo la caso in esame, non può dirsi allo stato decisivo il tema se la
disposizione dell’arti° delle N.T.A sia “norma autonoma”, come sostenuto dalla
Difesa in sede di discussione, e dunque prescinda dal rinvio alla legge regionale,
ovvero sia disposizione che trova giustificazione proprio nella disciplina regionale
sopra richiamata.
4.

La Corte ritiene pacifico che la innovazione contenuta nella legge

regionale n.24 del 2001 avesse ad oggetto gli edifici già esistenti e mirasse a
regolarizzare una situazione di fatto diffusa e ritenuta meritevole di un intervento
di favore. Ritiene, altresì, evidente che una disciplina di generalizzata
indifferenza rispetto ai volumi realizzati nei sottotetti dei nuovi edifici porrebbe,
in concreto, nel nulla i limiti di volumetria fissati per le singole aree, soprattutto
con riguardo alle zone destinate a forme di edificazione che debbono essere
particolarmente rispettose delle caratteristiche dell’area. In altri termini, deve
certamente essere valutata la circostanza che, a fronte di una volumetria
autorizzata nei termini massimi e pari a 1.153 mc, le opere in concreto realizzate
e,

3

n

come abitabili presentano una volumetria quasi doppia. Ora, qualora si ritenesse
conforme alla legge e alla disciplina urbanistica che le opere realizzate nei
sottotetti non concorrono a definire la volumetria autorizzabile, dovrebbe
concludersi che si rimette alla insindacabile decisione del costruttore il definire la
portata e le caratteristiche degli interventi, così da giungere a un carico
urbanistico non disciplinabile né valutabile da parte del soggetto pubblico
autorizzante.
5. La circostanza che la disciplina contenuta nell’art.10, citato, sia stata

presta a una interpretazione diversa da quella data dal Comune e, invece,
conforme alla previsione contenuta nella legge regionale che esclude i sottotetti
dal calcolo della volumetria esclusivamente in relazione ai limiti anche temporali
sopra fissati.
6. Senza dimenticare, poi, che dai provvedimenti emerge che uno dei
sottotetti costituiva unità immobiliare autonoma e non collegata agli spazi
sottostanti.
7. Quanto si è detto finora esclude che il Tribunale sia incorso in palese
errore allorché ha valutato sussistere il “fumus” di reato e allorché ha ritenuto
allo stato non del tutto carente l’elemento soggettivo del reato. Questo, infatti,
non può essere escluso solo sulla base dell’avvenuto rilascio di autorizzazione e
sulla base della conformità di tale rilascio alla prassi esistente, posto che gli
argomenti che questa Corte ha sopra utilizzato per valutare la sussistenza del
“fumus” di reato costituiscono ordinaria applicazione dei principi interpretativi
della legge e della disciplina urbanistica e ben possono essere tenuti presenti da
parte di chi opera professionalmente nel settore edilizio.
8. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere
respinto e la ricorrente condannata, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento
delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/5/2013

oggetto di approvazione non appare argomento decisivo, posto che tale norma si

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