Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37844 del 08/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37844 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

Data Udienza: 08/05/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIORDANO MAURIZIO N. IL 12/06/1969
avverso l’ordinanza n. 63/2012 TRIB. LIBERTA’ di BERGAMO, del
05/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere D tt. ELISAB TTA I ROSI;
/sentite le conclusioni del PG Dott.
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RITENUTO IN FATTO
1.

In data 17 luglio 2012 il GIP del Tribunale di Bergamo ha convalidato il

decreto di sequestro preventivo per equivalente, disposto in via d’urgenza dal
P.M. del medesimo Tribunale nei confronti di Giordano Maurizio, indagato del
reato di cui agli artt. 640 quater, 2. c. 143 legge finanziaria 2008, artt. 3 e 4
legge n. 146 del 2006
2. Con l’ordinanza in questa sede impugnata, depositata in cancelleria il 5
ottobre 2012, il Tribunale di Bergamo ha confermato il decreto di sequestro

correnti bancari. Secondo il giudice a quo sarebbe stato accertata una attività
illecita così articolata: un complesso di società estere con sede nelle Isole Vergini
Britanniche (denominate società A) non titolari di partita IVA avevano effettuato
cessioni imponibili IVA nei riguardi di altre società britanniche e svizzere
(denominate società B), titolari di partita IVA, che a loro volta avrebbero ceduto
la merce alle società italiane (Baronchem spa e Polimarc spa) con operazioni, a
loro volta imponibili, le quali ultime società avrebbero poi compensato il debito
generato dalle operazioni attive (cessioni imponibili) con il credito fittizio
scaturente dalle operazioni passive (acquisti imponibili) effettuate nei riguardi di
soggetti che non risultavano titolari di partita IVA (le società B, titolari di un
credito IVA fittizio, perché mai versato alle società A). In tal modo sarebbero
stati portati in compensazione crediti IVA inesistenti che, per le annualità 2007 e
2008, avrebbero sarebbero stati pari a C 356.000.000, con condotte commesse
negli anni 2008 e 2009. Tra le società che si sarebbero interposte nel
meccanismo fraudolento era da annoverare anche la MA.GIOR. INTERNATIONAL
srl trasferita da Maurizio Giordano in Gran Bretagna ed il cui nuovo
amministratore (tale Chapman) non aveva provveduto a presentare le previste
dichiarazioni fiscali. Il Tribunale ha osservato che a carico del Giordano
premettendo che la costituzione di società filtro nel R.U., dove è lecita
l’intestazione delle quote e delle cariche amministrative a prestanomi, costituiva
una attività volta a creare difficoltà per gli accertatori delle responsabilità dei
titolari effettivi dei sodalizi e affermando che, nella specie, sussistevano gravi
indizi di colpevolezza in ordine al suo concorso alla realizzazione del descritto
meccanismo fraudolento, desumibili dal contenuto di alcune intercettazioni
telefoniche ed ambientali.
3. L’ indagato Maurizio Giordano ha proposto ricorso in cassazione ex art. 325
c.p.p., per l’annullamento dell’ ordinanza sopra menzionata del Tribunale di
Bergamo con la quale è stato – sia pure solo parzialmente – confermato il
decreto di sequestro preventivo adottato anche nei suoi confronti, per due
motivi: 1) Motivazione apparente in ordine alla sussistenza del fumus relativo
all’ipotizzata associazione e al ruolo associativo dallo stesso ricoperto; il

preventivo impugnato disponendone l’annullamento solo in riferimento ai conti

ricorrente lamenta la violazione del principio di motivazione che sarebbe svanito
nella mera postulazione degli elementi di accusa, desunti da alcune
conversazioni ambientali e telefoniche dalle quali non si potrebbero desumere i
fatti contestati, tanto più che la cessione di una società (la MA.GIOR) e la
movimentazioni di merci dagli uffici Polimarc e Baronchem spa sarebbero
avvenuti nel 2004, ossia ben prima dei fatti addebitati, rispetto ai quali egli
sarebbe del tutto estraneo (onde l’antinomia del ruolo associativo e della
mancata contestazione di singoli e particolari ruoli nel carosello fraudolento:

cautelati (particolarmente una moto DUCATI, acquistata con un finanziamento,
una casa, acquistata con un mutuo le cui rate verrebbero addebitate sullo stesso
conto corrente — dissequestrato – ove risulta accreditato il proprio reddito di
lavoro; un altro conto corrente bancario): la mancanza di una motivazione in
ordine al tipo di reato ed al tempus commissi de//ct/ impedirebbe di cogliere ogni
connessione con i beni sequestrati e persino la loro derivazione come profitto
illecito.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato. E’ quasi superfluo rammentare che il ricorso per
cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o
probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi
comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno
del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile
l’itinerario logico seguito dal giudice. (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008,
Ivanov, Rv. 239692; in precedenza, con la sentenza Sez. U, n. 5876 del 13
febbraio 2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710, è stato precisato
che mentre rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la
presenza di una motivazione meramente apparente,

non vi rientra la sua

eventuale illogicità manifesta).
2. Non possono pertanto essere censurati in questa sede presunti

vizi di

motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento alle circostanze di
fatto, quale quella relativa alla mancata indicazione del ruolo dalla stessa
ricoperto nel sodalizio. Infatti benché la doglianza concerne l’apparenza della
motivazione, nella sostanza il primo motivo mira a sollecitare una rilettura in
fatto delle risultanze finora acquisite nel corso delle indagini. Infatti la
giurisprudenza ha stabilito che si ha motivazione apparente e, quindi, inesistente
soltanto quando la stessa risulti completamente avulsa dalle risultanze
processuali “ovvero si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni

2) Motivazione apparente in ordine al collegamento tra profitto del reato e beni

apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa”, per cui il
ragionamento che il giudice ha posto a base della decisione adottata risulti
meramente fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (cfr. Sez. 5, n.24862 del
19/5/2010, dep. 1/7/2010, Mastrogiovanni, Rv. 247682), mentre nel caso di
specie il provvedimento impugnato ha richiamato , con motivazione congrua e
coerente, gli elementi che consentono di ritenere coinvolto il Giordano nel
meccanismo della frode carosello e nella struttura associativa.
3. Risulta inoltre infondata la doglianza relativa al mancato collegamento tra beni

confiscabile il profitto in riferimento all’art. 416 c.p., anche delle somme sottratte
all’Erario, atteso che è principio pacifico che il sequestro preventivo funzionale
alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 11 della legge 16 marzo 2006, n.
146 è applicabile anche al profitto dei reati di frode fiscale rientranti nel
programma associativo di un’organizzazione criminale transnazionale (cfr. Sez. 3
n. 11969 del 24/2/2011, dep. 24/3/2011, Rossetti, Rv. 249760) essendo lo
stesso composto dai vantaggi direttamente conseguenti dall’insieme dei reati fine
(cfr. Sez.3, n. 5869 del 27/1/2011, dep. 17/2/2011, Scaglia, Rv. 249537).
Inoltre, ai fini del sequestro per equivalente, non è rilevante il nesso di
pertinenzialità dei beni con il profitto conseguito, essendo assoggettabili a
confisca – per un valore corrispondente a quello relativo al profitto del reato – i
beni nella disponibilità dell’indagato, che possono non avere alcun collegamento
con il reato, essendo il sequestro preventivo preordinato ad evitare che, nelle
more dell’adozione della confisca, i beni che si trovino, a qualunque titolo, nella
disponibilità dell’indagato, possano essere definitivamente dispersi (Si veda
anche Sez. 6, n. 24633 del 17/7/2006, Lucci e altro, Rv. 234729).
Il ricorso va pertanto respinto con la condanna del ricorrente, ex art. 616 c.p.p.,
al pagamento delle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma, l’8 maggio 2013.

sottoposti a vincolo reale e profitto. Innanzitutto non è contestabile che sia

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