Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37830 del 10/12/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37830 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRAVAGLINI LUCA, nato il 24/03/1968
avverso l’ordinanza n. 1024/2013 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
ANCONA del 13/11/2013;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale dott. Roberto Aniello,
che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, con
conseguente condanna del ricorrente alle spese del grado e alla
sanzione pecuniaria di cui all’art. 616 cod. proc. pen.

Data Udienza: 10/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13 novembre 2013 il Tribunale di Sorveglianza di
Ancona, decidendo, nel procedimento ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen.,
nei confronti di Travaglini Luca, in atto in regime di arresti domiciliari, in
relazione al titolo di condanna rappresentato dalla sentenza dell’8 maggio 2013

l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale e ha ammesso l’istante a
espiare la pena residua in regime di detenzione domiciliare.
Il Tribunale osservava, a ragione della decisione, che:
– non erano emersi dalla esperita istruttoria sufficienti elementi per la
concessione del beneficio di cui all’art. 47 Ord. Pen., poiché l’istante, che aveva
riconosciuto parzialmente la propria responsabilità rispetto al reato ascrittogli di
detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina, non aveva
intrapreso, pur ammettendo l’uso pregresso di cocaina, alcun percorso presso il
Ser.T. competente per valutare la propria problematica;
– appariva, invece, idonea ai fini preventivi e rieducativi la misura della
detenzione domiciliare, avuto riguardo alla incensuratezza dell’istante, alla
insussistenza di procedimenti pendenti a suo carico, all’assenza di rilievi negativi
durante gli arresti domiciliari, alla risalenza del reato al mese di maggio 2012,
alla formale disponibilità dello stesso al dialogo e all’apparente assenza di
problematiche di dipendenza in atto, per la cui esclusione era stato comunque
proposto, tra le prescrizioni imposte, il suo invio al Ser.T. di zona.

2. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione, per mezzo del suo
difensore avv. Enrico Cipriani, l’interessato Travaglini, che ne chiede
l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale denuncia, ai sensi dell’art.
606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., erronea applicazione dell’art. 47
Ord. Pen. e manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, ricorrono le condizioni oggettive e soggettive per la
concessione in suo favore della misura alternativa all’affidamento in prova al
servizio sociale, poiché, da un punto di vista formale, la pena residua, pari alla
data della decisione ad anni uno, mesi cinque e giorni ventiquattro di reclusione,
non supera il limite richiesto dalla legge e non riguarda reati di affiliazione alla
criminalità organizzata, e, da un punto di vista soggettivo, non sussistono
esigenze di sicurezza, poiché egli è esente da precedenti condanne, da
procedimenti penali pendenti e da rilievi negativi durante il periodo di arresti

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del G.u.p. del Tribunale di Pesaro, definitiva il 3 giugno 2013, ha respinto

domiciliari, e ha una stabile occupazione presso l’azienda paterna, nella quale
può reinserirsi immediatamente.
Il Tribunale, invece, nonostante detti rilievi, che ha riconosciuto e
apprezzato, ha negato a esso ricorrente l’affidamento sull’errato presupposto che
egli non si sarebbe sottoposto a un percorso di disintossicazione presso il
competente Ser.T., pur riconoscendo in altra parte della motivazione la non
attualità dei suoi problemi di tossicodipendenza, e incorrendo in tal modo in
evidente illogicità e contraddittorietà della motivazione, mentre, anche sotto il

tossicodipendenza, avrebbe dovuto ammetterlo alla chiesta misura, subordinata
alla prescrizione di rivolgersi al Ser.T. per una sua valutazione ed eventuale
presa in carico.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

4. Con memoria del 2 dicembre 2014 il ricorrente, in replica alle conclusioni
del Procuratore Generale, reitera le deduzioni e i rilievi svolti cdn il ricorso,
insistendo nel suo accoglimento.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

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1. Le censure svolte con il ricorso, integrate con la nota di replica, sono
destituite di fondamento ovvero non consentite in questa sede.

2. Il Tribunale ha rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio
sociale avanzata dal ricorrente, che ha ammesso al regime della detenzione
domiciliare, fondando il suo convincimento su una valutazione prognostica che,
in base ai dati disponibili, tratti dalla esperita istruttoria e riferiti alla condotta
tenuta dal medesimo ricorrente dopo la commissione del reato, per il quale ha
riportato condanna alla pena di anni tre di reclusione, divenuta definitiva mentre
si trovava agli arresti domiciliari, non ha consentito di ritenere la chiesta più
ampia misura idonea alla sua rieducazione e all’adeguato contrasto al pericolo di
recidiva.
Nel suo percorso argomentativo il Tribunale, che ha proceduto dal
preliminare richiamo alla tipologia del reato, cui si riferisce la pena in espiazione,
consistente nella detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo
cocaina, e dal rilievo dell’ammesso consumo di cocaina da parte dell’interessato
all’epoca del commesso reato, ha valorizzato, quali note negative della
personalità del medesimo, in rapporto all’ampiezza delle prescrizioni connesse al

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profilo della erronea applicazione di legge, in presenza di dubbi sulla sua

chiesto beneficio, il parziale riconoscimento da parte sua della propria
responsabilità e la sua omessa attivazione, non avendo egli mai richiesto di
rivolgersi al Ser.T. durante il periodo di assoggettamento alla misura cautelare
degli arresti domiciliari, iniziato il 14 maggio 2012 (e quindi quattro giorni dopo
l’arresto in flagranza del 10 maggio 2012), per una valutazione della propria
problematica tossicomanica.
Tali elementi sono stati logicamente inseriti nel discorso giustificativo della
decisione, che, nella coerente verifica della idoneità delle misure alternative alla

pericolo della commissione di altri reati, e nella ragionevole analisi degli sviluppi
positivi del processo di recupero sociale, esclusa l’assenza di rilievi negativi
(precedenti condanne, pendenze giudiziarie), ha ritenuto in atto carente
“un’autentica volontà di reinserimento” del ricorrente che potesse giustificarne
l’affidamento in prova al servizio sociale e ha giudicato, invece, idonea la misura
della detenzione domiciliare, che ha concesso, in considerazione delle relative,
più contenitive e controllabili, prescrizioni.
Né il Tribunale ha prescisso dal rimarcare che dalla indagine sociale era
emerso, tra l’altro, che “almeno nell’apparenza” non vi erano “problematiche di
dipendenza in atto” e che alla loro esclusione era finalizzato il proposto invio del
condannato al Ser.T. di zona per una valutazione ed eventuale presa in carico.

3. Si tratta di una valutazione legittima, esaustiva in fatto e plausibile, che,
correttamente improntata al principio della gradualità del trattamento
penitenziario e della osservazione nella concessione di benefici penitenziari,
ripetutamente affermato da questa Corte (tra le altre, Sez. 1, n. 5689 del
18/11/1998, dep. 26/03/1999, Foti, Rv. 212794; Sez. 1, n. 20551 del
04/02/2011, dep. 24/05/2011, P.G. in proc. D’Arnbrosio, Rv. 250231), esprime
un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione e dei
loro sviluppi e resiste alle censure del ricorrente.
Tali censure, invero, che in termini generici, astratti dal confronto con il
coordinato contenuto della decisione, denunciano contraddittorietà
argomentative in rapporto all’analisi e alla stima della problematica della
dipendenza, attingono infondatamente all’espresso giudizio prognostico negativo,
invece coerente ai parametri valutativi che presiedono alla concessione del
chiesto beneficio penitenziario, e inammissibilmente invocano una diversa lettura
e un’alternativa valutazione, non consentite in sede di legittimità, dei dati di fatto
acquisiti e ragionevolmente apprezzati.

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pena detentiva a rieducare il condannato e ad assicurare la prevenzione del

4. Al rigetto del ricorso, in presenza di doglianze in parte infondate e in
parte inammissibili, segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2014

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