Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37826 del 25/11/2014

Penale Sent. Sez. 1 Num. 37826 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
K.K.
avverso la sentenza n. 4760/2011 TRIBUNALE di ROMA del
20/06/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 25/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. Angela Tardio;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Paolo Canevelli,
che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. G.T., in sostituzione dell’avv.
L.Q., che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata,
con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
come da nota spese;
preso atto che nessuno è comparso per il ricorrente.

Data Udienza: 25/11/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 giugno 2013 il Tribunale di Roma ha dichiarato
K.K. colpevole del reato di cui all’art. 660 cod. pen., ascrittogli per
avere recato molestia a H.P., in relazione alle condotte del 10 e 11
febbraio 2009, e, concesse le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di
euro cinquecento dì ammenda, oltre al risarcimento dei danni in favore della

provvisionale di euro millecinquecento.
Con la stessa sentenza l’imputato è stato, invece, assolto dall’indicato reato
limitatamente ai fatti accaduti nel novembre del 2008

“perché il fatto non

sussiste”.
1.1. Il Tribunale, che premetteva considerazioni dì carattere giuridicosistematico in ordine alla indagine da compiersi sull’attendibilità-credibilità delle
dichiarazioni rese dal teste-persona offesa e illustrava gli estremi della fattispecie
penale contestata con richiamo ai relativi principi dì diritto, rilevava che:
– la parte lesa H.P., escussa quale teste all’udienza del 15 maggio
2012, aveva reso una narrazione dei fatti assolutamente coerente e verosimile
quanto alla condotta tenuta il 10 e 1’11 febbraio 2009 dall’imputato, dal quale era
divorziata da circa un decennio, riferendo che lo stesso, recatosi da Campobasso,
dove viveva con la sua famiglia, a Roma presso la sua abitazione, il primo
giorno, dapprima suonando al campanello della porta del suo appartamento e poi
al citofono, aveva avanzato ripetitive richieste di poter vedere la figlia e di
apertura della porta, allontanandosi solo alla sua minaccia di chiamare la polizia,
e il secondo giorno aveva fatto numerose insistenti telefonate per circa quindici
minuti dopo la prima da essa stessa interrotta, dicendogli che non voleva
discorrere con lui;
– tali dichiarazioni erano riscontrate dalle dichiarazioni testimoniali di
R.T., che aveva anche parlato delle urla, dei calci e dei pugni contro
la porta di casa con i quali l’imputato aveva accompagnato le sue richieste di
entrare in casa e poter vedere la figlia, confermate anche dalla teste N.P.
, mentre nulla di pertinente ai fatti, cui non avevano assistito per loro
stessa ammissione, poteva trarsi dalle dichiarazioni dei testi K.K. G. e
X.L., dedotti a discarico dall’imputato, del quale erano
rispettivamente fratello e attuale consorte;
– alla luce delle emergenze probatorie la condotta tenuta dall’imputato era
stata molesta e petulante e la sua responsabilità andava ritenuta dimostrata
oltre ogni ragionevole dubbio.

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costituita parte civile da liquidarsi in separata sede e al pagamento di una

2. Avverso la predetta decisione l’imputato ha proposto ricorso per
cassazione, per mezzo del suo difensore avv. F.T., che ne
chiede l’annullamento sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità delle ordinanze
dibattimentali del 15 maggio 2012 e del 20 giugno 2013 per violazione dell’art.
420-ter cod. proc. pen.
2.1.1. Secondo il ricorrente, con la prima ordinanza il Tribunale, che ha

impedimento dovuto a concomitante impegno professionale dinanzi al Tribunale
penale di Larino, ha esaminato solo l’aspetto dell’epoca in cui sono stati rinviati i
due procedimenti e il momento in cui è stata depositata l’istanza di rinvio, senza
tener conto del criterio della gravità e della delicatezza delle accuse a carico degli
imputati nei due procedimenti, che erano la molestia in questo procedimento e la
truffa aggravata ai danni dello Stato nell’altro.
Il denunciato omesso rinvio ha anche avuto conseguenze esiziali per
l’economia del giudizio, essendo stata assunta nella udienza, cui il difensore non
ha partecipato perché impedito, la deposizione della persona offesa, sulla quale
si è integralmente fondato il giudizio della sua responsabilità penale.
2.1.2. Con la seconda ordinanza, ad avviso del ricorrente, il Tribunale ha
violato i suoi diritti di difesa, poiché si è limitato a rilevare che presso la
cancelleria non era pervenuta richiesta di rinvio per legittimo impedimento né del
difensore titolare nè di esso ricorrente, come preannunciato dal difensore di
ufficio che lo aveva appreso -attraverso contatti telefonici- dal difensore di
fiducia, e ha concesso al difensore di ufficio un incongruo termine a difesa di soli
trenta minuti.
Egli, invece, a mezzo fax aveva comunicato alle ore 6,58 del 20 giugno 2013
alla cancelleria del Tribunale, inserendo nell’istanza tutti gli estremi per
individuare il procedimento, che la sera precedente era stato ricoverato presso il
Policlinico Umberto I di Roma per un episodio di natura cardiovascolare; che non
avrebbe quindi potuto partecipare all’udienza e che aveva comunicato la
circostanza al suo difensore di fiducia, avv. I. del foro dì Lucera, e alla sig.ra
T.C. di C..
Né il mancato esame della richiesta addebitabile alle disfunzioni dell’Ufficio
giudiziario può essere per lui pregiudizievole.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce mancanza, contraddittorietà
e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’affermazione della sua
responsabilità penale.

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rigettato la richiesta del difensore di rinvio dell’udienza per legittimo

Secondo il ricorrente, il Tribunale è incorso nel denunciato vizio fondando il
giudizio di responsabilità sulle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa,
costituita parte civile, la cui attendibilità è incrinata irrimediabilmente dal fatto di
essere portatrice di interesse contrastante con il suo e direttamente interessata
alla sua condanna, e omettendo di sottoporre dette dichiarazioni a un rigoroso
vaglio critico e di procedere all’audizione dell’unico teste

“terzo” dell’intera

vicenda e alla comparazione delle sue dichiarazioni con quelle della persona

3. Il 20 novembre 2014 la parte civile ha depositato memoria chiedendo il
rigetto del ricorso per la infondatezza dei proposti motivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo del ricorso, che attiene alla dedotta violazione dell’art.
420-ter cod. proc. pen., in cui sono incorse le ordinanze dibattimentali del 15
maggio 2012 e del 20 giugno 2013, è manifestamente infondato.

2. Con la prima ordinanza il Tribunale ha rigettato la richiesta del difensore
di rinvio dell’udienza per “legittimo impedimento”, correlato a concomitante
impegno professionale dinanzi al Tribunale penale di Larino, sotto il profilo della
tardività della sua proposizione, effettuata il giorno prima dell’udienza
nonostante l’antecedenza del disposto rinvio a detta udienza di questo
procedimento rispetto a quello disposto nel diverso procedimento.
Tali rilievi, contrariamente all’assunto difensivo, che, senza contestarli in
fatto, ha opposto l’omessa considerazione del prevalente criterio di giudizio,
rappresentato dalla gravità e dalla delicatezza delle accuse oggetto dei due
procedimenti, sono conformi in diritto ai condivisi principi fissati dalla costante
giurisprudenza di questa Corte.
2.1. Si è, invero, più volte affermato che l’impedimento del difensore di
fiducia idoneo a far sospendere ovvero rinviare il dibattimento, quando è
motivato con il contemporaneo impegno presso altra autorità giudiziaria per
espletamento di mandato professionale fiduciario, deve essere sottoposto con
congruo anticipo al giudice, intendendosi come tempestiva l’istanza avanzata in
prossimità della conoscenza da parte del difensore della contemporaneità degli
impegni professionali (tra le altre, Sez. 1, n. 6234 del 18/04/1994,
dep. 27/05/1994, Guastalegname, Rv. 198869, che ha ritenuto non tempestiva
un’istanza di differimento del dibattimento per contemporaneità di impegni
professionali avanzata oltre un mese dalla data di conoscenza di essa da parte

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offesa.

del difensore; Sez. 2, n. 20693 del 12/05/2010, dep. 01/06/2010, L.P., Rv.
247548, che ha giudicato intempestiva l’istanza di rinvio presentata soltanto il
giorno precedente quello d’udienza, pur se la notificazione dell’avviso
concernente l’impegno professionale concorrente risaliva a diversi giorni prima;
Sez. 6, n. 17595 del 04/04/2013, dep. 17/04/2013, L. e altri, Rv. 255137, che
ha considerato intempestiva la richiesta di rinvio formulata oltre quaranta giorni
dopo la notifica dell’avviso dì fissazione dell’udienza e soli otto giorni prima della
data stabilita per la celebrazione di questa; Sez. 5, n. 27174 del 22/04/2014,

richiesta di rinvio inviata a mezzo fax sei giorni prima dell’udienza, nonostante la
conoscenza dell’impedimento un mese prima).
Si è, in particolare, rimarcato, in coerenza con la previsione normativa
dell’art. 420-ter cod. proc. pen., che, mentre per l’imputato è sufficiente a
imporre il rinvio che sussista un’assoluta impossibilità a comparire (determinata
da caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento: comma 1), per il
difensore l’assoluta impossibilità a comparire è condizione necessaria ma non
sufficiente, occorrendo che l’impedimento (con le indicate caratteristiche di
assolutezza e non superabilità) sia anche “prontamente comunicato”, sì come
emerge con chiarezza inequivoca dall’uso del termine “purché” (comma 5), e si è
richiamato, facendosene applicazione in relazione alle fattispecie concrete, il
principio di diritto fissato dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui
l’impedimento è “prontamente” comunicato quando tale comunicazione avvenga
“non appena” conosciuta la contestualità degli impegni professionali (Sez. U, n.
4708 del 27/03/1992, dep. 24/04/1992, Foggiani, Rv. 190828), e quindi
apprezzando la tempestività della comunicazione con riferimento al momento in
cui il difensore ha avuto cognizione dell’impedimento.
2.2. Non induce a diversa riflessione il riferimento difensivo alla gravità e
alla delicatezza delle accuse nei due procedimenti.
Posta, invero, la necessaria tempestività della motivata prospettazione da
parte del difensore delle ragioni che rendono indispensabile l’espletamento delle
funzioni difensive nel diverso e concomitante procedimento (a loro volta
correlate alla particolare natura dell’attività cui occorre presenziare, alla
mancanza o assenza di altro codifensore e alla impossibilità di awalersi di un
sostituto, a norma dell’art. 102 cod. proc. pen., sia nel procedimento al quale il
difensore intende partecipare, sia in quello del quale si chiede il rinvio per
assoluta impossibilità a comparire), spetta in ogni caso al giudice effettuare una
valutazione comparativa dei diversi impegni professionali, al fine di
contemperare le esigenze della difesa e quelle della giurisdizione, accertando se
sia effettivamente prevalente l’impegno privilegiato dal difensore, che non deve

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dep. 23/06/2014, Sicolo e altro, Rv. 260579, che ha apprezzato come tardiva la

pertanto trarre alimento dalla sua soggettiva opinio e deve essere prontamente
comunicato dallo stesso, e verificando che non sussistano contrarie ragioni di
urgenza, da valutarsi con ponderata delibazione nel necessario bilanciamento fra
le indicate contrapposte esigenze (Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009,
dep. 17/07/2009, P.G. in proc. De Marino, Rv. 244109).
2.3. Né il ricorrente, che contesta l’omessa valorizzazione del criterio di
giudizio riferito all’oggetto delle accuse, ha criticato sotto alcun profilo, in fatto e
in diritto, l’assorbente considerazione della tardività della sua richiesta di rinvio,

in evidente contraddizione quando, reclamate la gravità e la delicatezza del
diverso procedimento, ha illustrato l’attività istruttoria da farsi e svolta per
questo procedimento nell’udienza cui non ha partecipato e il suo peso nella
economia del giudizio.

3. Con la seconda ordinanza del 20 giugno 2013, oggetto di impugnazione, il
Tribunale, previa nomina del difensore di ufficio per l’imputato, assente come il
suo difensore di fiducia, e concessione allo stesso del termine a difesa di trenta
minuti, ha rilevato, dando atto dell’esito degli accertamenti svolti presso la
cancelleria, che non era arrivata alcuna richiesta di rinvio dell’udienza per
legittimo impedimento del difensore titolare o dell’imputato, diversamente da
quanto dedotto dal difensore di ufficio sulla base di quanto appreso
telefonicamente dal difensore di fiducia titolare della difesa, e, pronunciata la
decadenza dell’appellante dalla prova orale, ha dichiarato chiusa l’istruttoria
dibattimentale, invitando le parti a concludere.
Secondo la tesi del ricorrente, il proprio impedimento a partecipare
all’udienza -correlato a “un episodio di natura cardiovascolare”,

che aveva

comportato il suo ricovero ospedaliero, occorso nella serata del giorno
precedente l’udienza del 20 giugno 2013, e comunicato al proprio difensore di
fiducia e alla teste Circelli con il verosimile fine di evitare un loro inutile
viaggioè stato oggetto di avviso, inoltrato alla Cancelleria del Tribunale a mezzo fax alle
ore 6,58 dello stesso 20 giugno 2013, e con tale avviso, corredato da ogni
informazione pertinente alla individuazione del procedimento (nome del giudice,
numero del procedimento, titolo del reato), egli ha assolto all’onere
incombentegli di comunicare il suo impedimento all’Autorità Giudiziaria
procedente, senza che gli si possa addebitare la circostanza che ciò non sia
avvenuto per disfunzione dell’ufficio giudiziario.
3.1. Questo Collegio non ignora il dibattito intervenuto nella giurisprudenza
di questa Corte in ordine all’ammissibilità o meno dell’invio a mezzo telefax di
istanze di rinvio per legittimo impedimento (e, più in generale, di istanze), né gli

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peraltro neppure rappresentando le ragioni dedotte a suo fondamento e cadendo

opposti coesistenti orientamenti, che hanno dato risposta al tema o in termini più
rigorosi, fondati sulle previsioni di cui all’art. 121 cod. proc. pen. (che prevede
per gli atti di parte l’obbligo del deposito in cancelleria) e all’art. 150 cod. proc.
pen. (che riserva l’utilizzo del telefax ai soli funzionari di cancelleria), o in termini
più permissivi, fondati sulla evoluzione tecnologica del sistema delle
comunicazioni e delle notificazioni, sulla previsione dell’art. 420-ter, comma 5,
cod. proc. pen. (a norma del quale, ai fini del rinvio, è sufficiente che
l’impedimento della parte “risulti”, ovvero sia “prontamente comunicato” in

stregua il prescritto deposito degli atti può avvenire con qualsiasi mezzo, e
quindi può avere luogo a mezzo telefax), diffusamente richiamati in successiva
sentenza (Sez. 2, n. 9030 del 05/11/2013, dep. 25/02/2014, Stucchi, Rv.
258526), che ha ritenuto di aderire, superando il contrasto, all’orientamento
intermedio, pure già sostenuto, fissando il principio secondo cui la richiesta di
rinvio per legittimo impedimento dell’imputato o del difensore, inviata a mezzo
telefax in cancelleria, non è irricevibile né inammissibile, e l’utilizzo di tale
Irregolare modalità di trasmissione comporta l’onere, per la parte che intenda
dolersi in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua richiesta, di
accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice
procedente.
Deve, tuttavia, registrarsi l’intervento della decisione delle Sezioni unite
(Sez. U, n. 40187 del 27/03/2014, dep. 29/09/2014, Lattanzio, Rv. 259928),
che ha statuito che, in tema di adesione del difensore all’astensione proclamata
dagli organismi rappresentativi della categoria, la relativa dichiarazione può
essere trasmessa a mezzo telefax alla cancelleria del giudice procedente, e ha
precisato in motivazione che tale soluzione appare imposta non solo da
un’interpretazione letterale della norma, che non richiede l’adozione di forme
particolari per la comunicazione o il deposito, ma anche da una interpretazione
adeguatrice e sistematica, più rispondente all’evoluzione del sistema di
comunicazioni e notifiche, oltre che alle esigenze di semplificazione e celerità
richieste dal principio della ragionevole durata del processo.
Tale condiviso principio, sia pure affermato sotto diverso profilo, rende più
coerente con il sistema l’affermazione, richiamando il predetto orientamento
intermedio, alla cui stregua la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo
impedimento (dell’imputato o del difensore), inviata a mezzo telefax, non è
irricevibile né inammissibile, ma la parte interessata, che abbia scelto una
modalità irregolare di trasmissione dell’istanza, ovvero che a ciò sia stata
costretta dal sopravvenire di un impedimento improvviso e imprevedibile e
dall’impossibilità di darne altrimenti comunicazione al giudice procedente, ha

qualunque modo) e sul disposto dello stesso art. 121 cod. proc. pen. (alla cui

l’onere, per essere legittimata a proporre doglianze inerenti all’omessa
valutazione dell’istanza, di accertarsi della regolarità dell’arrivo del fax in
cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all’attenzione del giudice
procedente, competente a valutarla.
3.2. Nel caso di specie, risulta dall’esame degli atti, cui questa Corte può
accedere essendo dedotto un vizio procedurale, che l’istanza di rinvio
dell’imputato appellante non è giunta a conoscenza del Giudice procedente e
decidente prima della chiusura dell’udienza del 20 giugno 2013, in quanto

cancelleria della prima sezione penale dello stesso Tribunale il successivo 22
giugno 2013, mentre il difensore, che non è comparso, né ha conferito specifica
delega ad altro difensore per la sua sostituzione, nulla ha osservato, come il
ricorrente nulla osserva e riferisce in ricorso sull’avvenuto assolvimento del
descritto onere.
3.3. Peraltro, dall’allegata cartella clinica di pronto soccorso e dimissione del
29 giugno 2013 non risulta l’attestazione di ragione impeditiva, in termini di
assolutezza in dipendenza del rilevato episodio lipotimico, alla comparizione
dell’imputato in udienza se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile
rischio per la propria salute (tra le altre, Sez. 6, n. 24398 del 26/02/2008,
dep. 16/06/2008, De Macceis, Rv. 240352; Sez. 4, n. 7979 del 28/01/2014,
dep. 19/02/2014, Basile, Rv. 259287).
3.4. Né induce ragioni di riflessione circa l’eccepita violazione del diritto di
difesa la durata, ritenuta assolutamente incongrua, del termine a difesa, poiché
al difensore nominato, come nella specie, ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen.
in sostituzione del difensore non comparso, che in ogni caso nulla ha eccepito in
udienza, non spetta neppure, per consolidato orientamento di questa corte, il
diritto al termine a difesa, che invece compete al difensore nominato a causa
della cessazione definitiva dall’ufficio di quello precedente per rinuncia, revoca,
incompatibilità o abbandono del mandato (tra le altre, Sez. 3, n. 11870 del
10/12/2003 dep. 12/03/2004, Giora e altri, Rv. 230099; Sez. 5, n. 23728 del
04/02/2013, deo. 31/05/2013, Tavecchio, Rv. 256520; Sez. 5, n. 4643 dei
06/11/2013, dep. 30/01/2014, N.P., Rv. 258715).

4. Il secondo motivo, che attiene al contestato giudizio di responsabilità
penale, è inammissibile perché generico e, comunque, non consentito.
4.1. Il Tribunale, con motivazione congrua ed esaustiva e sotto alcun
aspetto illogica o meramente assertiva, previo richiamo ed esatta interpretazione
dei principi di diritto che riguardano l’apprezzamento delle dichiarazioni della
persona offesa, ne ha fatto corretta applicazione.

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pervenuta all’ufficio protocollo del Tribunale di Roma il 20 giugno 2013 e alla

La sentenza ha, invero, ripercorso criticamente la narrazione della persona
offesa, che ha specificamente illustrato, escludendone valenza probatoria in
ordine ai fatti accaduti nel novembre del 2008, per i quali si è adottata una
decisione assolutoria, e, pervenendo, con riguardo alle condotte del 10 e 11
febbraio 2009, a un giudizio di responsabilità, che si è posto quale epilogo di un
coordinato ragionamento probatorio che, non limitato alla indicata narrazione, ha
tratto dalle ulteriori acquisizioni probatorie in atti (dichiarazioni testimoniali di
R.T. e N.P.) ragioni di riscontro della credibilità della persona offesa e di

Né il Tribunale ha prescisso dalla rappresentazione delle ragioni della esclusa
pertinenza delle dichiarazioni dei testi della difesa, K.K. e X.L., e dalla
indicazione degli elementi del contestato reato e della riconducibilità a essi delle
condotte ascritte al ricorrente.
4.2. Tale percorso argomentativo, esente da vizi logici e giuridici, resiste alle
osservazioni e deduzioni del ricorrente, che, senza effettiva correlazione con le
argomentazioni svolte nella sentenza, svolge rilievi dì carattere generico che si
traducono in un dissenso di merito rispetto all’analisi svolta delle sole
dichiarazioni della persona offesa, astratto da ogni pertinente confronto critico
con punti determinati dell’atto impugnato e volto a una aspecifica, parziale e non
consentita rilettura delle risultanze acquisite.
Né conferisce specificità alle censure il riferimento alla eccepita omessa
escussione dell’unico teste “terzo”, del quale, non identificato, non sono ìndicati i
fatti su cui dovrebbe dedurre, mentre nessuna censura é opposta
all’argomentata esclusione della pertinenza dei testi a discarico, neppure
prospettandosi la identificabilità del teste “terzo” con uno di essi.

5. La inammissibilità del ricorso per le esposte ragioni, avendo precluso la
corretta instaurazione dinanzi a questa Corte del rapporto processuale
d’impugnazione (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep. 22/06/2005, Bracale,
Rv. 231164), non consente di rilevare di ufficio il decorso del termine di
prescrizione del reato in data successiva alla sentenza impugnata.

6. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché -valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a
escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità- al
versamento della somma, ritenuta congrua, di euro 1.000,00 (mille) alla Cassa
delle ammende.

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conferma delle sue dichiarazioni.

Il ricorrente deve essere condannato anche alla rifusione delle spese
sostenute nel presente giudizio dalla costituita parte civile, che si liquidano nella
complessiva somma di euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori come per legge

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma dì euro 1.000,00 (mille) alla

giudizio dalla parte civile, che liquida nella somma di euro 2.000,00 (duemila),
oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente

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