Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37825 del 12/06/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37825 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: TORNESI DANIELA RITA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BREGU KLEO nato a VALONA( ALBANIA) il 09/04/1965

avverso l’ordinanza del 16/03/2018 del GIP TRIBUNALE di FOGGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA RITA TORNESI;
Il Proc. Gen.GIUSEPPINA CASELLA conclude per l’inammissibilita’ .

Data Udienza: 12/06/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 29 gennaio 2018 il Giudice per le Indagini
Preliminari del Tribunale di Foggia convalidava l’arresto in flagranza nei confronti
di Bregu Kleo e disponeva, nei suoi confronti, l’applicazione della misura della
custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen.,
73 e 80 d.P.R. n. 309/1990. Tale misura veniva poi sostituita, il 28 febbraio
2018, con quella degli arresti domiciliari in Modena presso l’abitazione di Qarri

prescrizioni di non allontanarsi da essa senza l’autorizzazione dell’Autorità
Giudiziaria nonchè il divieto di comunicare, con ogni mezzo, con persone diverse
da quelle che con lui abitano o che lo assistono.
1.1. Al predetto indagato era contestato di avere trasportato e detenuto,
in concorso e previo concerto con Begaj Alexander, un’ingente quantità di
sostanza stupefacente del tipo marijuana suddivisa in cinquantacinque colli del
peso complessivo di Kg. 885,20.
In Vieste ( loc. Pugnochiuso) il 25 gennaio 2018.
1.2. Con provvedimento del 06 marzo 2018, Il Tribunale di Bari – sezione
del riesame -, in accoglimento del ricorso proposto dal Bregu, riteneva fondato,
in via preliminare ed assorbente rispetto ad ogni altra questione (tra cui quella
inerente alla mancata traduzione dell’ordinanza impugnata nella lingua
albanese), il primo motivo di gravame incentrato sulla mancanza di motivazione
ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza e alle esigenze cautelari e, per l’effetto, ne disponeva la remissione
in libertà.
1.3. A seguito dell’annullamento dell’ordinanza genetica, il Pubblico
Ministero del Tribunale di Foggia disponeva il fermo del predetto indagato
avanzando, nel contempo, la richiesta di convalida e l’applicazione della misura
degli arresti domiciliari con le medesime prescrizioni sopra indicate.
Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Modena, all’esito
della udienza di convalida celebrata il 09 marzo 2018, alla presenza di un
interprete all’uopo nominato, provvedeva in conformità, ai sensi degli artt. 384 e
391 cod. proc. pen., disponendo altresì «la traduzione in lingua albanese
del ….provvedimento, non essendo il prevenuto in possesso di adeguata
conoscenza della lingua italiana, scritta e parlata»; dichiarava, al contempo, la
propria incompetenza territoriale per il reato ascritto ordinando la trasmissione
degli atti al Tribunale di Foggia.
1.5. In data 16 marzo 2018 il Giudice per le Indagini Preliminari del
Tribunale di Foggia pronunciava ordinanza di applicazione della misura degli

Juljan e Qarri Liolda – via strada Canaletto B Nord n. 1169/1 -, con le

arresti domiciliari con prescrizioni, senza provvedere alla traduzione del testo
dell’ordinanza nella lingua albanese. Al riguardo il predetto G.I.P, premetteva
che «l’ordinanza di custodia cautelare emessa ex art. 27 cod. proc. pen. non
deve essere notificata o consegnata all’interessato in quanto la citata
disposizione, tra gli adempimenti ai quali deve assolvere il giudice competente,
richiama solo quelli previsti dagli artt. 292,317 e 321 cod. proc. pen. e non
anche quelli previsti dall’art. 293 dello stesso codice.
Da tale considerazione ne faceva discendere che «pur essendo in atti

(prevedibilmente nelle forme della incapacità di lettura, posto che l’ordinanza
pronunciata dal Tribunale del riesame…, ha peraltro attestato che in
interrogatorio il Bregu parlava correttamente l’italiano), non deve disporsi di
questa ordinanza la traduzione in lingua albanese (posto che d’altra parte il
G.I.P. di Modena ha già disposto la traduzione della propria ordinanza)».

2. Bregu Kleo propone, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per
cassazione avverso detto provvedimento deducendo il vizio di violazione di legge
in relazione agli artt. 143 e 143 bis, 178 e 180 cod. proc. pen. evidenziando che
l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dello straniero alloglotta ai
sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. deve essere necessariamente accompagnata
dalla traduzione nella lingua a lui nota.
2.1 Conclude chiedendo l’annullamento dell’ordinanza disponendo i
provvedimenti consequenziali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Si premette che l’art. 143 del codice di rito deve la sua attuale
formulazione al decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32 con cui è stata data
attuazione alla direttiva 2010/64/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio.
La direttiva in questione, nell’ambito dell’obiettivo comunitario di
«mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia» si propone
di dare attuazione al principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle
decisioni giudiziarie e della cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie
penali aventi dimensione transnazionali, attraverso l’individuazione di numerosi
parametri , tra i quali figurano «i meccanismi di protezione dei diritti degli
indagati o degli imputati», alla stregua altresì dell’art. 6 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e

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attestato il difetto di conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato

dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che
sanciscono entrambi il diritto a un processo equo. Di qui, conformemente alla
risoluzione del Consiglio in data 30 novembre 2009, l’individuazione di una vera
e propria «tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati
o imputati in procedimenti penali», il cui primo passaggio concerne, appunto,
l’oggetto specifico della direttiva in questione, ossia l’adozione di misure relative
al «diritto alla traduzione e all’interpretazione».
Coerentemente con tali premesse l’art. 2 della direttiva medesima

parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale in questione siano
assistiti senza indugio da un interprete nei procedimenti penali dinanzi alle
autorità inquirenti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, e in tutte le
udienze, comprese le necessarie udienze preliminari»; il successivo art. 3
dispone che «Gli Stati membri assicurano che gli indagati o gli imputati che non
comprendono la lingua italiana ricevano, entro un periodo di tempo ragionevole,
una traduzione scritta di tutti i documenti che sono fondamentali per garantire
che siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del
procedimento» specificando, al successivo comma 2, che « Tra i documenti
fondamentali rientrano le decisioni che privano una persona della propria libertà,
gli atti contenenti i capi d’imputazione e le sentenze», ferma restando la facoltà
degli Stati contraenti di decidere « in qualsiasi altro caso, se sono fondamentali
altri documenti».
Il vigente art. 143 cod. proc. pen. si conforma esattamente alle
indicazioni della direttiva dettando, nel primo comma, disposizioni relative al
diritto dell’imputato all’assistenza di un interprete « al fine di poter comprendere
l’accusa contro di lui formulata» ed in quello successivo disposizioni in ordine al
diritto alla traduzione scritta «entro un termine congruo tale da consentire
l’esercizio dei diritti e delle facoltà della difesa», con riferimento agli atti ivi
indicati, tra i quali sono contenuti i «provvedimenti che dispongono misure
cautelari».
Come risulta confermato dal nuovo testo dell’art. 143 cod. proc. pen.
(comma 4) e come, del resto, già evidenziato dalla Direttiva 210/64/UE, non è
previsto per lo straniero un diritto assoluto alla nomina di un interprete o alla
traduzione degli atti, ma solo quando ciò sia necessario per consentirgli di
comprendere le accuse che gli vengono mosse e di potersi, quindi, difendere.
Tale obbligo non ricorre quando lo straniero comprenda la lingua italiana.

3. Alla stregua di tali premesse, si osserva anzitutto che il Giudice di
merito è incorso in un errore di diritto in quanto ha affermato la superfluità della

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prevede, tra l’altro, che «Gli Stati membri assicurano che gli indagati che non

traduzione dell’ordinanza ex art. 27 cod. proc. pen. nella lingua albanese per
essere la stessa meramente riproduttiva di quella già emessa dal Giudice per le
Indagini Preliminari del Tribunale di Modena nelle forme previste dall’art. 143
cod. proc. pen.
Al riguardo è sufficiente rammentare che il provvedimento pronunciato ai
sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. assume completa autonomia rispetto a quello
precedente, disposto interinalmente dal giudice incompetente, e non può essere
definito di conferma o di reiterazione di esso, essendo emesso da altro giudice

apprezzamento degli elementi che ne sono a fondamento, suscettibile di ulteriore
verifica in sede di impugnazione (cfr. Sez. 2, n. 19718 del 23/04/2008, Rv.
239800, Sez. 6, n. 1972 del 16/05/1997, Rv. 210043).
Del resto la giurisprudenza, anche antecedente alla nuova formulazione
dell’art. 143 cod. proc. pen., si era orientata nel senso di ritenere necessaria la
traduzione dell’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa nei
confronti del cittadino straniero che non conosca la lingua italiana nel caso di
ordinanza cautelare disposta a seguito di incompetenza del Giudice per le
Indagini Preliminari che aveva emesso originariamente il titolo custodiale (Sez.
5, n. 23578 del 15/05/2013, Rv. 255343).
3.1. L’omessa traduzione del provvedimento impugnato determina
inevitabilmente la nullità dello stesso, tempestivamente eccepita con l’odierno
ricorso ex art. 311 cod. proc. pen., in quanto l’ignoranza della lingua italiana da
parte del Bregu era circostanza nota dal giudice di merito al momento della
emissione del titolo cautelare (Sez. 4, n. 33802 del 18/05/2017, Rv. 270610;
Sez. 3, n. 14990 del 18/02/2015, Rv. 263236).
Ed invero, come già sopra evidenziato, il Giudice per le Indagini
Preliminari di Foggia ha precisato che gli atti attestano quantomeno il difetto di
conoscenza, da parte del Bregu, della lingua italiana scritta. Peraltro, come
sottolineato dal ricorrente, le ulteriori affermazioni contenute nel provvedimento
impugnato circa la comprensione della lingua italiana parlata risultano
effettivamente frutto di un travisamento degli atti in quanto il Tribunale del
Riesame di Bari ha riferito tale circostanza limitatamente alla posizione del
coindagato Begaj Aleaxander.

4. Ne consegue che l’impugnata ordinanza emessa in data 16.3.2018 va
annullata senza rinvio e deve essere disposta l’immediata liberazione di Bregu
Kleo, se non detenuto per altra causa.
Si dispone che, a cura della cancelleria, sia data immediata
comunicazione del dispositivo della presente sentenza al P.M. in sede agli effetti

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sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni richieste e di un distinto

di cui all’art. 626 cod. proc. pen. nonché alla segreteria del P.M. presso il
Tribunale di Foggia.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’impugnata ordinanza emessa in data 16.3.2018 ed ordina
l’immediata liberazione di Bregu Kleo se non detenuto per altra causa; dispone
che a cura della cancelleria sia data immediata comunicazione del dispositivo
della presente sentenza al P.M. in sede agli effetti dei cui all’art. 626 cod. proc.

Così deciso il 12 giugno 2018

pen. nonché alla segreteria del P.M. presso il Tribunale di Foggia.

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