Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3782 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3782 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NICOLETT1 ENRICO N. IL 08/10/1936
avverso l’ordinanza n. 811/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
26/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/s
le conclusioni del PG Dott. 07c_52,
cuLt:
ora’ è

Uditi difensor Avv.;

-(-)

k.A_Q_J2e

:)/1-,

Data Udienza: 07/11/2013

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con ordinanza del 26 febbraio 2013 la Corte di appello di Roma,
in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di
Nicoletti Enrico di rettifica del calcolo della pena inflittagli con la
sentenza del 28.5.2010 resa dalla medesima corte distrettuale.
Questi, nella sua istanza, aveva argomentato che, della
determinazione della pena per il reato continuato, i decidenti
avevano individuato il reato più grave in quello di usura aggravata
anziché in quello di estorsione aggravata di cui al capo n. 15 della
rubrica. A detta tesi il G.E. aveva invece replicato che sulla
determinazione della pena si era formato il giudicato, che
l’eventuale errore sul punto avrebbe dovuto essere oggetto di
specifica impugnazione e che, comunque, in relazione all’indicato
reato più grave la corte di legittimità aveva annullato la sentenza di
secondo grado, di guisa che su di esso risultava ancora pendente il
giudizio.
2. Ricorre per cassazione avverso detta pronuncia il Nicoletti,
assistito dal suo difensore di fiducia, che ne chiede l’annullamento
dappoichè viziata, a suo avviso, da violazione di legge (artt. 670,
671 e 125 c.p.p) e difetto di motivazione.
Deduce a sostegno la difesa ricorrente che nella fattispecie
ricorrerebbe una ipotesi di pena illegale, in relazione alla quale
sussiste il potere dovere del giudice dell’esecuzione di intervenire,
né, sempre secondo avviso difensivo, la pendenza del giudizio
proprio sul reato di estorsione aggravata all’esito dell’annullamento
con rinvio della relativa condanna da parte del giudice di
legittimità, esclude siffatta potestà del G.E..
3. Il P.G. in sede concludeva per la inammissibilità del ricorso del
tutto aderendo alla motivazione impugnata ed a dette conclusioni
replicava la difesa istante con memoria difensiva.

4. Il ricorso è manifestamente infondato.
Correttamente ha il G.E. negato ogni sua potestà di intervento in
relazione a sanzione penale inflitta all’esito di giudizio di
cognizione con sentenza definitiva sul punto dappoichè non
impugnata al riguardo nei termini di legge.
Né pregio alcuno hanno i richiami giurisprudenziali evocati dalla

1

5. Il ricorso è pertanto inammissibile ed alla declaratoria di

inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese
del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore
della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare
in euro 1000,00.
P. Q. M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, addì 7 novembre 2013

difesa ricorrente, posto che, la nozione giuridica di pena illegale è
del tutto diversa dall’errore di diritto nella sua determinazione e che
la individuazione del reato più grave da parte del G.E., chiamato a
risolvere incidenti di esecuzione, è consentita soltanto quando il
giudice della cognizione abbia omesso siffatta indicazione.
Nel caso in esame, per un verso, si è del tutto al di fuori dalla
nozione di pena illegale concettualmente diversa dalla pena
illegittima e, per atro verso, il giudice della cognizione ha indicato,
ancorchè erroneamente, il reato più grave tra quelli in relazione ai
quali ha ritenuto la sussistenza del vincolo di cui all’art. 81 c.p..
Di palese rilievo ai fini del giudizio è infine la circostanza che in
relazione al reato più grave risulti allo stato pendente il giudizio,
atteso il più volte evocato annullamento di legittimità della relativa
condanna, di guisa che pendente deve altresì ritenersi il giudizio
sulla pena, alla quale dovrà provvedere il giudice di rinvio,
circostanza questa che priva di concretezza lo stesso interesse ad
adire sul punto il G.E..

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