Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37818 del 06/06/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37818 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: RANALDI ALESSANDRO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
GRAMAZIO GIUSEPPE nato a FOGGIA il 09/01/1958

avverso l’ordinanza del 16/11/2017 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO RANALDI;
lette le conclusioni del PG

Data Udienza: 06/06/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Bari, quale giudice della riparazione, con l’ordinanza
impugnata ha respinto la domanda con la quale Giuseppe Gramazio ha chiesto la
riparazione per la custodia cautelare subita perché ritenuto gravemente indiziato
di vari delitti contro il proprio coniuge, Carmela Longo (maltrattamenti, lesioni,
violenza sessuale, violazione degli obblighi di assistenza familiare), procedimento
penale dal quale è stato definitivamente assolto per insussistenza del fatto, con

2. Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propone
ricorso per cassazione l’interessato, denunciando violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione all’art. 314 cod. proc. pen.
Il ricorrente denuncia l’evidente lapsus calami contenuto nel provvedimento
impugnato, in cui si fa riferimento ad un soggetto diverso dal Gramazio, tale
Bartoli, il quale «in sede di convalida di arresto (…) pur professandosi innocente,
non ha riferito circostanze ignote agli inquirenti, utili ad attribuire un diverso
significato agli elementi posti a fondamento del provvedimento cautelare…» (v.
pag. 6). In proposito precisa che il Gramazio non è stato arrestato in flagranza
ma attinto da ordinanza di custodia cautelare.
Lamenta, inoltre, che la Corte di appello abbia travisato i fatti, affermando
come l’istante si sia reso indubbiamente responsabile di gravi atti violenti nei
confronti della moglie, nonostante il processo di cognizione avesse appurato
come le dichiarazioni accusatorie del coniuge avessero contenuto altamente
calunnioso, e fossero strumentali a piegare le ragioni del Gramazio nel
procedimento civile di separazione dei coniugi. Ribadisce che il Gramazio è stato
assolto con la formula piena “perché il fatto non sussiste”, visto che i fatti posti a
fondamento delle accuse non sono risultati credibili.
Lamenta, infine, la carenza di motivazione in ordine alla condanna alle
spese.

3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento
con rinvio dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

2

decisione divenuta irrevocabile il 8.3.2011.

2. In linea generale, si deve osservare che il dolo o la colpa grave idonei ad
escludere l’indennizzo per ingiusta detenzione devono sostanziarsi in
comportamenti specifici che abbiano “dato causa” all’instaurazione dello stato
privativo della libertà o abbiano “concorso a darvi causa”, sicché è ineludibile
l’accertamento del rapporto causale, eziologico, tra tali condotte ed il
provvedimento restrittivo della libertà personale. Al riguardo si deve innanzitutto
rilevare che è sempre necessario che il giudice della riparazione pervenga alla
sua decisione di escludere il diritto in questione in base a dati di fatto certi, cioè

Sarnataro, Rv. 203636); tale valutazione, quindi, non può essere operata sulla
scorta di dati congetturali, non definitivamente comprovati non solo nella loro
ontologica esistenza, ma anche nel rapporto eziologico tra la condotta tenuta e la
sua idoneità a porsi come elemento determinativo dello stato di privazione della
libertà, in riferimento alla fattispecie di reato per la quale il provvedimento
restrittivo venne adottato (v. anche, in motivazione, Sez. 4, n. 10684 del
26/01/2010, Morra, non mass.). E’ altrettanto evidente che giammai, in sede di
riparazione per ingiusta detenzione, potrà essere attribuita decisiva importanza,
considerandole ostative al diritto all’indennizzo, a condotte escluse o ritenute non
sufficientemente provate (in senso accusatorio) con la sentenza di assoluzione
(Sez. 4, n. 21598 del 15/4/2014, Teschio, non mass.; Sez. 4, n. 1573 del
18/12/1993 – dep. 1994, Tinacci, Rv. 198491).

3. Nel caso in esame, la Corte territoriale non si è attenuta a tali principi,
avendo ipotizzato una condotta colposa sinergica alla detenzione cautelare
fondata sulla ritenuta sussistenza di fatti-reato che sono stati, invece, ritenuti
insussistenti in sede penale, sovvertendo in tal modo indebitamente il giudizio
espresso dal giudice di merito. E’ infatti evidente che l’eventuale comportamento
ostativo non può essere desunto da fatti che sono stati definitivamente esclusi in
sede di cognizione.
L’ordinanza impugnata, in definitiva, nella misura in cui pone a fondamento
della propria decisione elementi fattuali la cui sussistenza risulta già esclusa nella
sentenza assolutoria, si appalesa manifestamente illogica e giuridicamente
viziata.
Lo stesso provvedimento è, inoltre, privo di congruità nella parte in cui
richiama una condotta (quella attribuita a tale Bartoli) in alcun modo
riconducibile al Gramazio ed alla vicenda che lo riguarda.

4. Le considerazioni che precedono impongono l’annullamento dell’ordinanza
impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Bari.

3

ad elementi «accertati o non negati» (Sez. U n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996,

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Bari per
nuovo giudizio.
Così deciso il 6 giugno 2018

Il residente

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IUDIZIARIO

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