Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37814 del 06/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 37814 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZICARO ROMENELLI MARIO N. IL 30/07/1958
avverso la sentenza n. 160/2010 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 08/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 0 ,2–9L—-QA
che ha concluso per (3 \..~

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 06/06/2013

13240/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’8 novembre 2012 la Corte d’appello di Catanzaro confermava la
sentenza del 13 marzo 2009 con cui il Tribunale di Cosenza aveva condannato Zicaro
Romenelli Mario alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 400 di multa per il reato di cui agli
articoli 81 cpv. e 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre 1983 n. 463 convertito con modifiche nella
I. 11 novembre 1983 n. 638, perché, in qualità di titolare di una impresa, ometteva di versare
all’Inps le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei suoi dipendenti

2. Ha presentato ricorso il difensore, adducendo tre motivi: il primo motivo denuncia
mancata assunzione di prova decisiva e vizio motivazionale, in riferimento a un teste ammesso
e poi revocato per superfluità e a due testi richiesti prima ex articolo 195 c.p.p. e poi ex
articolo 507 c.p.p.; il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 2, comma 1 bis, d.l. 12
Ra.

settembre 1983 n. 463 e correlato vizio motivazionale, poiché la elffeeti non avrebbe
adeguatamente adempiuto l’onere probatorio; il terzo motivo denuncia violazione dell’articolo
53 I. 689/1981 e correlato vizio motivazionale quanto alla richiesta del beneficio di sostituzione
della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è parzialmente fondato.
Il primo motivo, relativo alla mancanza di una pretesa prova decisiva, oltre a concretarsi in
una serie di argomentazioni puramente fattuali di alternativa ricostruzione degli esiti probatori,
ripropone in sostanza un motivo di appello (era stata chiesta la rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale per l’ammissione della prova testimoniale di tre dipendenti dell’imputato, uno
ammesso come teste e poi revocato in quanto ritenuto superfluo e gli altri non ammessi per
quanto fossero stati indicati dal teste Marchese Paolo come persone in grado di riferire
l’impossibilità dell’imputato di corrispondere le retribuzioni) che la corte territoriale aveva
disatteso con una motivazione adeguata. La corte aveva infatti negato la decisività delle prove
richieste per la completezza dell’istruzione dibattimentale, richiamando poi gli elementi del
compendio probatorio che aveva condotto all’accertamento della responsabilità dell’imputato
(le dichiarazioni dell’ispettore Venneri Angelo e l’attestazione della dichiarazione modello DM
10 in ordine all’avvenuta corresponsione delle retribuzioni; l’inesistenza di una contrazione
patrimoniale dell’impresa nel periodo di riferimento tale da giustificare la mancata
corresponsione delle retribuzioni discendeva inoltre dalla testimonianza di Marchese; la qualità
dell’imputato come fondamento del dolo generico in quanto presupponente la conoscenza degli
obblighi derivanti dalla normativa previdenziale ed assistenziale, avendo infatti presentato i
rendiconti all’Inps anche per l’agosto 2005). Le argomentazioni che nel motivo il ricorrente
versa per contrastare quanto evidenziato dalla corte territoriale, oltre – si ripete – a porsi su un

per il mese di agosto 2005.

piano direttamente fattuale e pertanto inammissibile, non conducono a enucleare incongruità
motivazionale relativa all’accertamento della non decisività delle prove de quibus. Il motivo va
pertanto disatteso.
Quanto si è appena osservato in ordine al contenuto della motivazione della sentenza
impugnata a proposito dell’accertamento della responsabilità dell’imputato vale poi anche,
evidentemente, per disattendere il secondo motivo che prospetta, infondatamente dunque,
l’inadempimento da parte della difesa dell’onere probatorio sull’esistenza del reato e sulla

Il terzo motivo, invece, censura la sentenza della corte territoriale per non avere concesso il
beneficio della conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, violando l’articolo 53 I.
689/1981 e non motivando comunque la mancata applicazione del beneficio suddetto. Invero,
l’imputato aveva chiesto tra i motivi d’appello la conversione ex articolo 53, e a ciò la corte ha
risposto nel seguente modo: “tenuto conto della natura del reato, non si ritengono sussistenti
presupposti per l’applicazione della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria”. La corte ha così
violato l’articolo 53 che, al primo comma, statuisce che il giudice, quando ritiene di dover
determinare la durata della pena detentiva entro il limite di sei mesi, “può sostituirla altresì con
la pena pecuniaria della specie corrispondente”; l’articolo 58 della stessa legge 689/1981
regola tale potere discrezionale del giudice nella sostituzione della pena detentiva
imponendogli allo scopo i criteri indicati nell’articolo 133 c.p.: criteri che sono sia di natura
oggettiva sia di natura soggettiva. Indicando come fondamento della negazione del beneficio
esclusivamente la natura del reato, la corte territoriale è pertanto incorsa in violazione di
legge; e d’altronde, anche qualora si potesse prescindere da tale violazione, rimarrebbe altresì
evidente la carenza motivazionale sottesa alla negazione suddetta. Ne consegue
l’annullamento della sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello; il rinvio è
limitato, naturalmente, alla valutazione della sostituzione della pena detentiva con la pena
pecuniaria corrispondente, essendosi invece, tramite il disattendimento degli altri motivi,
formato il giudicato in ordine alla responsabilità dell’imputato per il reato ascrittogli.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro
limitatamente alla sostituzione della pena detentiva nella pecuniaria corrispondente. Rigetta
nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma il 6 giugno 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

responsabilità dell’imputato, oltre a correlato vizio motivazionale.

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