Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3781 del 09/10/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3781 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
• HANXHARI INDRIT (alias ALBAN) nato il
15/09/1983 a Durazzo;
• ISMAILI FRED nato il 04/06/1983 in Albania, alias
MARTYNAS JONAVICIUS, detto FREDDY, nato
il 17/02/1983 in Lituania, alias KOLA
GHOVALIN, nato il 04/06/1984 in Albania;
• RAMA LULEZIM (alias
28/04/1980 in Albania

VASIL) nato il

avverso la sentenza n. 95/2013 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
BOLZANO, del 08/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/1012014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO ROMANO
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Udito, per il ricorrente Rama Lulezim, il difensore di fiducia Avv.
RICCARDO VENTURI, del Foro di Ferrara, il quale ha chiesto
l’annullamento della sentenza impugnata.

Data Udienza: 09/10/2014

u.
4.

RITENUTO IN

Farro

1. Con sentenza del 14/11/2012 il G.u.p. presso il Tribunale di Bolzano
dichiarava Hanxhari Indrit (alias Alban), Ismaili Fred (alias Martynas Jonavicius,
detto Fredy, alias Kola Ghovalin) e Rama Lulezim (alias Vasil) colpevoli del
delitto di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il
patrimonio (capo a), nonché di numerosi reati fine loro contestati ai capi k,

4 m,

n, q, r (furti in abitazione pluriaggravati), s (ricettazione), nonché i soli Hanxhari

pluriaggravati),

t

(riciclaggio),

u/

o e p (furti in abitazione

(possesso di documento falso),

z4

(ricettazione) ed, inoltre, il solo Hanxhari dei reati di cui ai capi v (falsa
dichiarazione d’identità a pubblici ufficiali), w (trasgressione del divieto di
reingresso nel territorio dello Stato: art. 13, comma

13-bis, d.lgs. 25 luglio

1998, n. 286); il solo Ismaili del reato contestato al capo z2 (ricettazione); il solo
Rama del reato contestato al capo u2 (falsa dichiarazione d’identità a pubblici
ufficiali).
Per l’effetto condannava:
– Hanxhari Indrit, previa concessione delle attenuanti generiche ritenute
equivalenti alla contestata recidiva, unificati i reati sotto il vincolo della
continuazione ed operata la riduzione per il rito, alla pena di anni 6 di reclusione
ed euro 4.000,00 di multa;
– Ismaili Fred, computato l’aumento per la recidiva specifica, unificati i reati
per la continuazione ed operata la riduzione per il rito, alla pena di anni 8 di
reclusione ed euro 4.000,00 di multa;
– Rama Lulezim, applicato l’aumento per la recidiva specifica, unificati i reati
sotto il vincolo della continuazione ed operata la riduzione per il rito abbreviato
prescelto, alla pena di anni 5 e mesi 4 di reclusione ed euro 400 di multa.

2. Pronunciando sui gravami interposti – dagli imputati tutti in punto di
penale responsabilità per i reati di associazione a delinquere e trattamento
sanzionatorio, nonché, l’Hanxari e l’Ismaili, per il reato di riciclaggio loro ascritto
al capo t e in punto di giudizio di bilanciamento tra le circostanze e dosimetria
della pena e, il Rama, con riferimento ai furti a lui ascritti – la Corte d’appello di
Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza dell’8/10/2013, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, assolveva tutti gli imputati dal reato di cui
all’art. 416 cod. pen. confermando invece l’affermazione di penale responsabilità
in ordine ai restanti reati ascritti e rideterminava pertanto la pena in:
– anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 1.600,00 di multa per
Hanxhari Indrit;

Indrit e Ismaili Fred dei reati contestati ai capi

- anni cinque e mesi quattro di reclusione ed euro 2.000,00 di multa per

Ismaili Fred;
– anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 1.000 di multa per Rama
Lulezim.

2.1. Il motivo di gravame con il quale Hanxhari Indrit e Ismail’ Fred
contestavano la sussistenza del reato di riciclaggio, sostenendo che la condotta
materiale da essi posta in essere (ossia la sostituzione della targa della Golf R 32

difficoltosa l’identificazione della provenienza illecita dell’autovettura, era
disatteso dalla Corte d’appello in virtù del principio, affermato nella
giurisprudenza della cassazione, secondo cui «in tema di riciclaggio, non si ha

reato impossibile ove sia agevole l’accertamento della provenienza illecita della
res» (principio affermato in una fattispecie analoga, relativa ad autovettura cui
era stata apposta la targa di un altro veicolo provento di furto, in cui la Corte ha
precisato che, per aversi reato impossibile, l’inidoneità dell’azione deve essere ex

ante assoluta e non può desumersi dal mero fatto che il reato sia stato
agevolmente scoperto: Sez. 2, n. 37718 del 12/07/2012, Castaldo, Rv. 253448).
Ne discendeva, pertanto, secondo la Corte, la configurabilità del reato
ascritto, «non essendo contestati di per sé i fatti integranti la fattispecie».

2.2. Con riferimento poi alla inutilizzabilità, dedotta dal Rama con il proprio
gravame, degli esiti delle intercettazioni telefoniche non autorizzate inutilizzabilità c.d. derivata, trattandosi di intercettazione operata sull’utenza n.
3291636853 in uso al Rama in quanto individuata in esito all’ascolto mai
autorizzato di altre due utenze in uso ai coimputati – rilevava la Corte che, in
effetti, il vizio sussisteva ma non impediva, comunque, di attribuire al contenuto
della captazione così effettuata il valore di notitia criminis suscettibile di essere
posta a fondamento di attività di indagine, alla stregua di indirizzo affermato
nella giurisprudenza della Suprema Corte.
Rilevava, pertanto, che la responsabilità del Rama per i furti contestati ai
capi k,

4

m, n, q trovava adeguato fondamento nelle dichiarazioni rese dal

coimputato Hanxhari Indrit al PM in data 31/1/2012 e in sede di incidente
probatorio dinanzi al G.I.P., nel contraddittorio delle parti, in data 21/3/2012,
risultando soddisfatti i requisiti di specificità, coerenza e costanza delle stesse,
ed essendo inoltre le stesse suffragate dalle dichiarazioni rese dall’altro
coimputato all’udienza del 27/9/2012 dinanzi al G.u.p. oltre che dai riscontri
oggettivi esterni forniti dall’attività di indagine, anche tecnica, svolta dai
carabinieri.

con quella di una Toyota anch’essa rubata) risultava inidonea a rendere più

3. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione tutti e tre gli
imputati, per mezzo dei rispettivi difensori.

3.1. Hanxhari Indrit pone a fondamento del proprio ricorso due motivi.

3.1.1. Con il primo deduce vizio di motivazione per travisamento della
prova, nonché violazione dell’art. 648-bis cod. pen..

capo t era rappresentato dal furto della autovettura Golf R 32 consumato in data
11/7/2011 in danno di Webber Maurizio, rileva che gli autori materiali dello
stesso, lungi dall’essere realmente ignoti come affermato in sentenza, erano stati
in realtà chiaramente individuati nel corso delle indagini, tra di essi figurando
anch’egli.
Lamenta, pertanto, che la Corte d’appello ha completamente travisato, se
non del tutto ignorato, tale materiale probatorio, il quale a suo dire avrebbe
condotto a identificare con tutta evidenza gli autori del furto in Ismail’ Fred,
Malokaj Shkelzen e Hanxhari Indrit, con la conseguenza che la successiva
condotta a lui contestata realizza un mero fatto di cd. auto-riciclaggio,
costituente post factum non punibile alla luce della riserva posta al primo comma
dell’art. 648-bis cod. pen.

3.1.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione ancora in relazione
alla affermata penale responsabilità per il reato di riciclaggio.
Contesta la validità logica dell’argomento sul punto utilizzato dal giudice a

quo, secondo cui la penale responsabilità è da ritenersi accertata «non essendo
contestati di per sé i fatti integranti la fattispecie».
Rileva che, così ragionando, la Corte d’appello ha operato un’inversione
dell’onere probatorio non essendo gli accusati a dover contrastare le accuse,
bensì il pubblico ministero a dover provare la sussistenza dei presupposti delle
fattispecie delittuose ascritte.

3.2. Ismaili Fred deduce con il primo motivo inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 133 cod. pen., in relazione al diniego delle attenuanti
generiche: diniego incomprensibile, secondo il ricorrente, atteso il positivo
comportamento processuale consistito, oltre che nella confessione resa, anche
nel risarcimento dei danni cagionati alle vittime e considerato, altresì, che i fatti
contestati sono compresi in un ristretto lasso temporale e distano di oltre un
decennio dai reati in precedenza commessi.
4

Posto che il reato . presupposto della fattispecie di riciclaggio contestata al

Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla mancata
esclusione della recidiva, proprio in relazione alla lontananza temporale dei
precedenti, risalenti al 1999 e al 2001, tale da escludere un collegamento con il
nuovo reato idoneo a rivelare una sua maggiore capacità a delinquere e
pericolosità.

3.3. Rama Lulezim denuncia a sua volta inosservanza di norme processuali
stabilite a pena di inutilizzabilità e vizio di motivazione in relazione

particolare riferimento alla ritenuta sussistenza di valido riscontro estrinseco alla
chiamata di correo, rappresentato da intercettazioni in realtà inutilizzabili.
Lamenta che la Corte d’appello, pur riconoscendo l’inutilizzabilità dei risultati
delle intercettazioni effettuate sulle utenze 3892424951 e 3881157886, in
mancanza di autorizzazione da parte del G.I.P., ha poi argomentato le sue
conclusioni sul punto, affrontando un profilo totalmente diverso, non devoluto
con i motivi di gravame, ossia quello della inutilizzabilità derivata delle
intercettazioni operate sulla diversa utenza 3291636853 in uso al Rama, finendo
poi con l’utilizzare i risultati delle intercettazioni sulle prime due utenze a
riscontro della chiamata di correo nei confronti di esso ricorrente, posta a
fondamento della condanna per i furti di cui ai capi predetti; ciò con palese
violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.

Considerato in diritto

4. I ricorsi sono manifestamente infondati.
Palesemente privo di pregio si rivela, anzitutto, l’assunto del ricorrente
Hanxhari secondo cui, nel ritenere configurabile il reato di riciclaggio a lui
contestato in concorso al capo

t, i giudici di merito sarebbero incorsi in

travisamento della prova, per avere omesso di considerare gli elementi di
indagine che, a suo dire, avrebbero dovuto condurre a identificarlo in uno degli
autori del reato presupposto (furto dell’autovettura Volkswagen Golf R32).
È al riguardo appena il caso di evidenziare che, secondo indirizzo affermato
nella giurisprudenza della Suprema Corte, il vizio del travisamento della prova
(per l’utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per
l’omessa valutazione di una prova decisiva) può essere dedotto con il ricorso per
cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado,
non potendo, nel caso – che nella specie ricorre – di c.d. doppia conforme, essere
superato il limite costituito dal devolutum con recuperi in sede di legittimità,
salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche
5

all’affermazione di penale responsabilità in ordine ai furti a lui contestati, con

contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non
esaminati dal primo giudice (v. Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, P.C. in proc.
Buraschi, Rv. 243636; Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007, Medina ed altri, Rv.
236130).
Inoltre il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere
carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione
una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.
Nel caso di specie, l’informazione sulla quale il ricorrente appunta la propria

totalmente ignorata (quella cioè secondo cui:come detto, egli sarebbe autore del
/
furto presupposto e non sarebbe pertanto punibile per il susseguente riciclaggio,
per la clausola di esclusione di cui al primo comma dell’art. 648-bis cod. pen.,
configurandosi in tal caso una non punibile condotta di autoricidaggio), da un
lato, non risulta posta ad oggetto di specifica censura mossa alla sentenza di
primo grado, dall’altro, risulta comunque non decisiva, in quanto frutto di mera
ipotesi d’indagine non seguita da alcun accertamento giudiziale, né supportata
da evidenze probatorie idonee ad imporsi in termini di oggettiva e manifesta
univocità.
Quanto poi all’accertamento del fatto reato, lo stesso, diversamente da
quanto dedotto dal ricorrente, non riposa in negativo sulla mera constatazione
dell’assenza di contestazioni da parte dell’appellante (rilievo in realtà riferibile,
nella sentenza d’appello, piuttosto all’assenza di motivi di gravame sul punto),
quanto sulle prove raccolte nel corso del giudizio di primo grado e sulle relative
valutazioni, le quali, come noto, in ipotesi di c.d. doppia conforme, valgono a
integrare la motivazione della sentenza d’appello, saldandosi ad essa in un unico
complesso corpo argomentativo: v. Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi,
Rv. 216906, e successive conformi).

5. Palesemente destituite di fondamento sono altresì le censure mosse dal
ricorrente Ismaili in punto di applicazione della recidiva e diniego delle attenuanti
generiche.
Su entrambi i punti la Corte territoriale offre esaustiva motivazione,
evidentemente e tipicamente esplicativa di valutazioni di merito come tali
insindacabili in questa sede, in quanto coerenti con le emergenze processuali
puntualmente indicate e dotate di linearità argomentativa.
È noto al riguardo che, con particolare riferimento alla valutazione dei vari
elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al
giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i
limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di legittimità
6

attenzione, assumendola frutto di travisamento di prova per essere stata

non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, n. 36382 del
04/07/2003, Dell’Anna, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo «si ritiene

congrua» v. Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 211583), ma afferma
anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze
aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod.
pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o
ragionamento illogico (Sez. 3, n. 26908 del 22/04/2004, Ronzoni, Rv. 229298).
Inoltre, la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di

tanto che «ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti

generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati
dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il
riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla
personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di
esso può essere sufficiente in tal senso» (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011,
Sermone, Rv. 249163).
In relazione alle esposte coordinate di riferimento è da escludersi che, nel
caso in esame, il diniego delle attenuanti generiche sia frutto di arbitrio o di
illogico ragionamento o che, comunque, si esponga a censura di vizio di
motivazione, avendo il giudice a quo ampiamente motivato sul punto, facendo in
particolare riferimento ai precedenti penali del prevenuto, alla sua condizione di
irregolare sul territorio privo di attività lavorativa, alle modalità dell’azione «che

vedono l’imputato agire in prima persona introducendosi, da solo, nelle abitazioni
prese di mira» e, correlativamente, all’intensità del dolo.
Analoghe considerazioni vanno fatte quanto al motivo riguardante la
motivazione sull’aumento di pena derivante dalla recidiva.
È bensì vero che l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della
recidiva va motivata soffermandosi in particolare sulla capacità, della nuova
azione costituente reato, di manifestare una maggiore capacità a delinquere del
colpevole, che giustifica l’aumento di pena – di guisa che, in buona sostanza, il
giudice è tenuto a stabilire, volta per volta, se effettivamente la recidiva sia
espressione di insensibilità etica e pericolosità, e giustifichi perciò la maggiore
punizione del reo; o se, invece, per l’occasionalità della ricaduta, per i motivi che
la determinano, per il lungo intervallo di tempo tra il precedente reato e il nuovo,
per la diversità di indole delle varie manifestazioni delinquenziali, per la condotta
in genere tenuta dal reo, eccetera, quella pericolosità non sia riscontrabile (v. ex

aliis

Sez. 6, n. 14550 del 15/03/2011, dep. 2012, Bouzid Omar, Rv. 250039;

Sez. 6, n. 42363 del 25/09/2009, Dommarco, Rv. 244855; Sez. 4, n. 21523 del
23/04/2009, Pinna, Rv. 244010; Sez. 5, n. 46452 del 21/10/2008, Tegzesiu, Rv.
7

fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità,

242601; Sez. 5, n. 4337 del 22/11/1974, dep. 1975, Caccavaro, Rv. 129837).
Nella specie, tuttavia, tale giudizio non è mancante nella motivazione della
sentenza, posto che il giudice si è espresso inequivocabilmente per la evidente
gravità del fatto, in considerazione in particolare della

«lunga serie di furti

commessa dall’imputato nel volgere di pochi mesi», tale da denotare, in una alla
circostanza che egli non risulta svolgere alcuna attività lavorativa ma vive
piuttosto dei proventi di reato, «una propensione al crimine che neppure le

precedenti condanne, sempre per reati contro il patrimonio, hanno

È implicita in tale valutazione – ma per ciò stesso anche logicamente
coerente – l’attribuzione di un rilievo recessivo al pur non breve tempo trascorso
dagli ultimi precedenti per i quali il ricorrente ha riportato condanna, prevalendo
su tale dato la considerazione del numero e della particolare gravità dei reati per
cui è processo, di per sé indicative di una permanente e grave inclinazione alla
violazione del precetto penale, insensibile all’effetto deterrente della pena.

6. Il ricorso proposto da Rama Lulezim è, infine, inammissibile per difetto di
specificità e del requisito di autosufficienza.

6.1. Deve anzitutto osservarsi che la stessa affermazione secondo cui le
conversazioni intercettate, richiamate in sentenza a «ulteriore» riscontro della
chiamata in correità dell’imputato, sarebbero tratte proprio dall’ascolto delle
utenze operato in mancanza di valido provvedimento autorizzativo, e non
dekll’ascolto di altre, rimane affidato alla mera affermazione del ricorrente, non
emergendo una tale circostanza dal testo stesso della sentenza (la quale invero
si limita a richiamare il numero progressivo delle intercettazioni e non anche le
utenze intercettate).
Sarebbe stato onere pertanto del ricorrente allegare copia dei verbali delle
intercettazioni richiamate in sentenze idonea a suffragare, attraverso la lettura
del loro contenuto per esteso e segnatamente dei metadati relativi alle utenze
intercettate, l’assunto posto a base del ricorso.
Secondo pacifico indirizzo della giurisprudenza di legittimità, invero, in tema
di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, è onere della parte, che
lamenti l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, indicare specificamente
l’atto asseritamente affetto dal vizio denunciato e curare che lo stesso sia
comunque effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di
legittimità, anche provvedendo a produrlo in copia nel giudizio per cassazione.
(fattispecie in cui la Corte ha ritenuto insufficiente a soddisfare l’onere in
questione la sola selezione e riproduzione di parti di atti nel ricorso ed ha perciò
8

evidentemente attenuato».

limitato il proprio sindacato alla verifica della corretta applicazione dei principi di
diritto in materia: Sez. 2, n. 24925 del 11/04/2013, Cavaliere, Rv. 256540; v.
anche conf., ex aliis, tra le più recenti, Sez. 2, n. 25315 del 20/03/2012, Ndreko,
Rv. 253073; Sez. 1, n. 6112 del 22/01/2009, Bouyahia, Rv. 243225; Sez. 5, n.
37694 del 15/07/2008, Rizzo, Rv. 241300; Sez. 4, n. 32747 del 07/06/2006,
Pizzinga, Rv. 234809)

6.2. Mette conto inoltre rilevare ad abundantiam che, laddove – come nel

sufficiente invocare l’espunzione delle relative risultanze dall’orizzonte cognitivo
e valutativo del giudice, essendo ben possibile che essa non infirmi la validità
logica dell’impianto giustificativo a sostegno del

decisum poichè residuano

comunque argomentazioni di indubbio spessore concettuale.
L’espunzione dallo spettro valutativo del giudice di un elemento di prova, a
seguito della declaratoria di inutilizzabilità di un atto, non determina, infatti, di
per sé, l’automatica caducazione della decisione che ad esso faccia riferimento,
dovendosi, in ogni caso, sottoporre il provvedimento impugnato alla c.d. prova di

resistenza, in modo da apprezzare il grado di rilevanza dei residui elementi, i
quali ben potrebbero essere da soli sufficienti a fondare il convincimento
espresso in sentenza (v. ex multis Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Barilari, Rv.
259452; cfr. Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239699).
Per tal motivo, il ricorrente ha anche l’onere di argomentare circa l’incidenza
dell’eventuale eliminazione delle risultanze dell’atto sulla solidità della
piattaforma probatoria a suo carico, mostrando come lo spessore dimostrativo
delle acquisizioni residuali sia insufficiente a giustificare il decisum.
Nel caso in disamina la doglianza inerente alla violazione degli artt. 192,
comma 3, 267 e 271 cod. proc. pen., per la mancata preventiva autorizzazione
delle intercettazioni, investe come tale solo una delle fonti richiamate in
sentenza a riscontro della chiamata in correità, espressamente indicata a tal fine
come «ulteriore» rispetto alle altre prima considerate in motivazione.
Al di là di tale esplicita indicazione contenuta in sentenza, giova invero
rilevare che in essa si fa riferimento, quali elementi di riscontro delle
dichiarazioni dell’imputato Hanxhari che, giudicate intrinsecamente ed
estrinsecamente attendibili, aveva espressamente indicato nel Rama un coautore
dei furti in questione: a) alle convergenti dichiarazioni dell’altro coimputato
Ismaili Fred; b) alle dichiarazioni della vittima del furto di cui al capo n); c)
quanto ai reati di cui ai capi k) e I) alle immagini registrate dal circuito di video
sorveglianza di un distributore di benzina; d) quanto al furto di cui al capo m) le
dichiarazioni rese da persone informate sui fatti; quanto al capo
9

q) le

caso di specie – venga dedotta l’inutilizzabilità di una fonte di prova, non è

dichiarazioni rese dalla persona offesa, in sede di sommarie informazioni
testimoniali in data 16/10/2011.
In tale contesto, il ricorrente avrebbe pertanto dovuto anche specificare la
rilevanza della censura formulata e cioè l’incidenza del vizio di inutilizzabilità
delle intercettazioni sulla consistenza del complessivo sostrato probatorio a
carico del ricorrente, mostrando come esso – ove effettivamente sussistente elidesse anche la validità e pregnanza probatoria degli altri distinti elementi di
riscontro specificamente indicati in sentenza.

dunque considerarsi generico e perciò inammissibile.

7. Ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. i ricorsi vanno pertanto
dichiarati inammissibili.
Ne discende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali, nonché, ciascuno, non essendovi motivo di
ritenere che essi abbiano

«proposto ricorso senza versare in colpa nella

determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost., 13 giugno 2000 n.
186), della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende a titolo
di sanzione pecuniaria.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento
delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di C 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso il 9/10/2014

Quest’analisi non è neppure accennata nel motivo di ricorso, che deve

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