Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3780 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3780 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CUTAIA GIUSEPPE N. IL 08/05/1958
avverso l’ordinanza n. 73/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANIA, del 25/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/sentàe le conclusioni del PG Dott. Q i

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 07/11/2013

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

1. Con ordinanza del giorno 25 febbraio 2013 la Corte di appello di
Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza
proposta da Cutaia Giuseppe volta, ai sensi dell’art. 657 c.p.p., co.
4, alla rideterminazione del cumulo di pene da eseguire in relazione
al periodo di detenzione, già scontato sine titulo, conseguente al
riconoscimento della continuazione tra i fatti giudicati con la
sentenza di condanna alla pena di anni cinque e mesi tre di
reclusione (la pena interamente espiata) e quelli giudicati con la
sentenza del 13.4.2002, di condanna alla pena di anni diciannove
dei quali anni due e mesi quattro di reclusione a titolo di aumento in
continuazione con la precedente condanna. La detenzione in
assenza di titolo era collegata dall’istante alla riduzione di pena
operata per il reato satellite nell’ambito del reato continuato come
innanzi riconosciuto.
A sostegno della decisione il G.E. richiamava la disciplina di rigore
di cui all’art. 657 c.p.p., co 4 ed, in particolare, la regola ivi prevista
della fungibilità del presofferto ovvero di periodi di pena espiati in
assenza di titolo soltanto se ricadenti i medesimi in epoca
successiva alla commissione del reato per il quale deve essere
determinata la pena da eseguire, circostanza questa non ricorrente
nella fattispecie, ad avviso della Corte territoriale, dappoichè
espiata la pena da portare in detrazione dal 24.11.1991 al 10 marzo
19962005 e consumato il reato di cui all’art. 416-bis c.p., reato
permanente, fino ad epoca successiva a quella di cui alla espiazione
difensivamente indicata come fiingibile.
2. Ricorre per cassazione avverso l’esposta ordinanza il Cutaia,
assistito dal difensore di fiducia, denunciandone con un unico
motivo l’illegittimità perché violato, a suo avviso, il disposto
dell’art. 657 co. 4 c.p.p. e perché illogica la motivazione illustrata a
sostegno della decisione impugnata.
2.1 Deduce in particolare la difesa ricorrente, sotto il duplice profilo
appena indicato, che in favore del Cutania, la sentenza della Corte
di assise di appello di Catania del 13.4.2002 aveva riconosciuto, ai
sensi dell’art. 81 c.p., il vincolo della continuazione tra i fatti
giudicati e quelli di cui a precedente condanna, del 12.1.1994, a
pena, interamente espiata, di anni cinque, mesi tre di reclusione;
applicando la continuazione, la seconda sentenza aveva determinato

i

in anni due e mesi quattro di reclusione la parte di pena da imputare
al reato satellite portato in continuazione; di qui il credito per la
pena espiata in eccesso in relazione a reato commesso prima della
detenzione subita; il reato continuato deve essere scisso,
distinguendo il reato associativo dai fatti oggetto della prima
condanna, per la difesa certamente anteriori alla espiazione della
pena indicata per la fungibilità riconosciuta dalla legge.
2.2 H P.G. in sede con requisitoria scritta ha concluso per il rigetto
della domanda.
3. Il ricorso è infondato.
3.1 L’art. 657 c.p.p., co. 4, come è noto, contempla un requisito
negativo per la sua concreta applicazione, requisito dato
dall’anteriorità della consumazione del reato oggetto della
condanna ancora da espiare ed in relazione alla quale rendere
operativo il principio della fungibilità, disposizione questa che trova
la sua ragione, ad un tempo logica e giuridica, nella fondamentale
esigenza sistematica di non creare una sorta di credito di pena per
future condotte, al momento non realizzatesi ancora, che avrebbe il
solo effetto di integrare un inammissibile incentivo alla
realizzazione di altre condotte criminose, con evidente e palese
pregiudizio delle ragioni connesse alla sicurezza collettiva.
Nel caso di specie il giudice territoriale è pervenuto alla decisione
impugnata ritenendo non ricorrente l’esposto requisito in quanto il
reato continuato preso in considerazione e dedotto dal ricorrente è
riferito ad una continuazione tra fatti giudicati nel 1994 ed il reato
di cui all’art. 416-bis c.p., reato permanente quest’ultimo
consumato fino ad epoca certamente successiva a quella dei fatti
giudicati nel 1994.
3.2 L’assunto posto a fondamento della decisione è coerente con le
regole normative appena evocate.
L’insegnamento costante di questa Corte, difensivamente invocato,
è nel senso che il riconoscimento della continuazione tra più reati in
sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena
complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non
comporta certo che la differenza così formatasi sia automaticamente
imputata alla detenzione da eseguire, vigendo ed operando anche in
detta eventualità il disposto dell’art. 657, comma quarto, cod. proc.
pen., secondo cui a tal fine vanno computate solo custodia cautelare
sofferta e pene espiate “sine titulo” dopo la commissione del reato

2

4. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va, in
conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.
P. T. M.

la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Così deciso in Roma, addì ‘novembre 2013
Il cons. est.
Il Presidente

(Cass., Sez. I, 18/02/2009, n. 25186; Cass., Sez. IV Sent.,
29/05/2001, n. 27948).
Detta regola peraltro, allorché si debba procedere, ai fini della
determinazione della pena detentiva da eseguire, al computo della
custodia subita “sine titulo” per più fatti in continuazione commessi
in tempi diversi, va completata —anche su questo insiste la difesa
ricorrente- con l’altra, ad essa logicamente connessa, secondo cui
occorre procedere alla scissione del reato continuato per individuare
le violazioni commesse prima dell’inizio della detenzione senza
titolo e stabilire l’aliquota di sanzione del relativo frammento di
continuazione per far luogo alla fungibilità, individuando quindi la
parte di pena in eccesso sofferta (Cass., Sez. I, 18/09/2009, n.
38400). Tanto perché le regole sulla continuazione e quelle sulla
fungibilità della pena, indicate rispettivamente all’art. 81 c.p. e 657
c.p., agiscono ed operano su piani differenti e con finalità giuridiche
diverse.
Ritiene il Collegio che dei principi appena esposti faccia la difesa
applicazione contra legem.
Il reato associativo, come è noto reato di natura permanente, nel
caso in esame si è protratto fino ad epoca successiva alla espiazione
della pena inflitta con la sentenza più risalente, di guisa che alla
fattispecie non può non trovare applicazione la causa ostativa di cui
al quarto comma dell’art. 657 c.p.p.
Né vale opinare che in relazione al reato associativo non risulta
indicata nella contestazione il dies a quo della condotta delittuosa,
dappoichè anche a ritenerla antecedente alla pena espiata per i
precedenti fatti, la stessa si è poi certamente protratta fino ad epoca
successiva, circostanza questa che comporta le conseguenze tratte
dall’ordinanza impugnata.

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