Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37795 del 22/06/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37795 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
INTERLICI CARMELO nato a VITTORIA il 13/11/1969

avverso la sentenza del 10/10/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
FERDINANDO LIGNOLA, che ha concluso in via preliminare per la rinnessione della
decisione alle Sezioni Unite oppure in subordine per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. BIAGIO MAURIZIO CATALANO, che ha concluso per
l’accoglimento dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 22/06/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Catania, con la sentenza in epigrafe, ha confermato
la pronuncia di condanna emessa a seguito di giudizio abbreviato in data 8
novembre 2016 dal Tribunale di Ragusa nei confronti di Interlici Carmelo per i
reati di cui agli artt.81, secondo comma, e 110 cod.pen., 73 e 80, comma 2,
d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 (capo A), e di cui agli artt.110, 81, secondo
comma, cod. pen. e 256 d. Igs. 3 aprile 2006, n.152 (capo G) accertati in Vittoria

2. La sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione da Carmelo
Interlici per omessa e comunque erronea valutazione della prova dichiarativa e
del quantitativo di principio attivo della sostanza stupefacente; in particolare, il
ricorrente ha dedotto mancanza e manifesta illogicità della motivazione in
relazione agli artt.110 cod. pen., 73, 80, comma 2, T.U. Stup., 133 e 62 bis cod.
pen. ed ai principi stabiliti dagli artt.187, 192 e 533, comma 1, cod.proc.pen.
nonché erronea applicazione degli artt.110 cod. pen., 73, 80, comma 2, T.U.
Stup., 133 e 62 bis cod. pen.
Secondo il ricorrente, onde sostenere l’attendibilità della principale fonte di
prova, concretata dalla chiamata in correità da parte del coimputato Ravalli, i
giudici di merito hanno richiamato i medesimi elementi indiziari che, se idonei a
sostenere un giudizio di qualificata probabilità nella fase cautelare, tuttavia non
potevano considerarsi idonei a fondare un giudizio di responsabilità al di là di
ogni ragionevole dubbio, difettando le dichiarazioni del chiamante di coerenza
interna e di riscontri esterni che non fossero riferibili a fatti da lui già conosciuti.
La mancata osservanza dei principi stabiliti dall’art.192 cod.proc.pen., si assume,
ha determinato la mancanza di prova di concorso dell’imputato nel reato, non
potendosi arguire dall’accertata condotta di vendita di fertilizzanti per la
coltivazione di prodotti agricoli la coscienza e volontà del ricorrente di cooperare
all’illegale impiego dei prodotti da lui venduti.
2.1. Con un secondo motivo deduce che, in ipotesi delittuose concernenti le
droghe leggere, la circostanza aggravante dell’ingente quantità è integrata dal
superamento del valore soglia di principio attivo nella misura di 4.000 volte,
onde nel caso in esame la circostanza aggravante non sussiste.
2.2. Con un terzo motivo deduce vizio della motivazione con riferimento alla
determinazione della pena ed alla mancata concessione delle circostanze
attenuanti generiche, essendo stato trascurato il dato dell’incensuratezza
dell’imputato ed essendo la motivazione incongrua laddove ha stigmatizzato il
comportamento processuale sul presupposto che l’imputato non avesse
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il 12 ottobre 2015.

ammesso le sue responsabilità. Nel negare le circostanze attenuanti generiche, i
giudici di merito hanno trascurato di esaminare le allegazioni difensive a
sostegno della relativa istanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Va, in primo luogo, evidenziato che il ricorrente è stato condannato

eseguita presso un terreno nella disponibilità di Ravalli Paolo. Il fatto è stato così
ricostruito: prima di accedere al fondo, gli agenti di polizia giudiziaria avevano
notato l’Interlici nei pressi del cancello; resosi conto della presenza delle Forze
dell’ordine, l’Interlici aveva richiuso il cancello con un lucchetto e si era
allontanato, rendendosi irreperibile. All’interno del fondo il Ravalli, con altre due
persone, era stato sorpreso mentre confezionava la marijuana; nel terreno vi
erano cinque serre nelle quali erano coltivate circa 3.400 piante, oltre a circa 36
chili di stupefacente già essiccato, fitofarmaci e concimi destinati alla coltivazione
delle piantine, nonché armi e munizioni; in una fossa attigua erano stati
rinvenuti contenitori di fertilizzanti vuoti, tubi in PVC ed altro materiale plastico;
nel piazzale antistante vi erano tre autovetture, una delle quali intestata
all’Interlici; Paolo Ravalli aveva riferito di essere il guardiano della piantagione,
realizzata dall’Interlici e dai coindagati con attrezzature e piantine da loro stessi
fornite.
1.2. La motivazione della sentenza impugnata risulta rispettosa dei principi
interpretativi espressi dalla giurisprudenza della Corte di legittimità in tema di
chiamata in correità, avendo fondato il giudizio d’intrinseca credibilità delle
propalazioni del Ravalli sulla coerenza e precisione delle dichiarazioni anche
autoaccusatorie, oltreché sull’inconferenza delle incongruenze del racconto
evidenziate dalla difesa (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012,dep.2013, Aquilina,
Rv. 25514501; Sez. 2, n.21171 del 07/05/2013, Lo Piccolo, Rv. 25555301), ed
avendo elencato i riscontri esterni a tali dichiarazioni riferibili alla persona del
ricorrente. Si tratta, in particolare, del fatto che l’Interlici avesse scambiato
comunicazioni mediante numerosi sms con il Ravalli, molti dei quali in orario
notturno contenenti l’indicazione di dati inerenti a temperatura ed umidità delle
piante; circostanza inconciliabile con l’asserito interesse dell’imputato a
conoscere l’esito dell’uso dei fertilizzanti da lui forniti. Inoltre, si sono evidenziati
ulteriori riscontri esterni: la fornitura di ingenti quantità di fertilizzanti da parte
dell’Interlici, evidentemente a conoscenza della loro destinazione, senza alcuna
fatturazione e a credito; la presenza di un’autovettura dell’Interlici all’interno del
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all’esito di giudizio abbreviato sulla base degli esiti di un’attività di controllo

fondo; la circostanza che quest’ultimo avesse la disponibilità delle chiavi del
cancello di accesso; il fatto che egli si fosse reso irreperibile; il contenuto di
alcune conversazioni intercettate in carcere tra un altro coimputato e sua madre,
ove si richiamavano gli impegni assunti dall’Interlici in caso di arresto dei
complici.
1.3. I riscontri esterni alla chiamata di correità come sopra indicati
corrispondono a quanto richiesto dall’art. 192 cod. proc. pen., che ammette
elementi di qualsivoglia natura, anche di carattere logico, purchè

dell’incolpato in relazione allo specifico fatto a questi attribuito, ed esterni alle
dichiarazioni accusatorie, allo scopo di evitare che la verifica sia circolare ed
autorefereziale (Sez.6, n.1249 del 26/09/2013, dep.2014, Ceroni,
Rv.25875901). Quanto all’efficacia probatoria dei riscontri esterni alla chiamata
di correo, che nel ricorso sono stati erroneamente ritenuti inidonei perché
inerenti a circostanze note al Ravalli, giova ribadire che gli «altri elementi di
prova» che, a norma dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., confermano
l’attendibilità della dichiarazione non devono valere a provare il fatto-reato e la
responsabilità dell’imputato, perché la loro funzione processuale è
semplicemente quella di confermare l’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie,
il che comporta che tali elementi siano in posizione subordinata ed accessoria
rispetto alla prova derivante dalla chiamata in correità (Sez. 2, n.8125 del
30/01/2013, Ragaglia, Rv. 25524901).

2. Il secondo motivo di ricorso è fondato ed assorbe, in quanto tale, il terzo
motivo.
2.1.11 fatto ascritto al capo A) dell’imputazione si sostanzia nella coltivazione
di n.2321 esemplari di cannabis sativa (L.) ssp. Indica (Lam.) per un peso
complessivo di kg. 4.800 circa e nella detenzione a fini di cessione a terzi di
kg.36 circa di marjivana essiccata; la circostanza aggravante prevista dall’art.80,
comma 2, T.U. Stup. è stata ritenuta integrata in ragione del risultato delle
analisi, da cui era emersa una quantità di principio attivo pari a 1.22295 mg.
2.2.0ccorre tuttavia considerare che, a seguito del richiamo operato
dall’art.75, comma 1-bis lett. a), T.U. Stup. (come modificato dall’art.1, comma
24-quater, d.l. 20 marzo 2014, n.36, conv. con modif. dalla I. 16 maggio 2014,
n.79) al quantitativo massimo detenibile stabilito con d.m. 11 aprile 2006, in
tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti del tipo
hashish l’aggravante della ingente quantità di cui all’art. 80, comma 2, T.U.
Stup., non può essere ravvisato quando la quantità di principio attivo sia
inferiore a 4000 volte (e non 2000) il valore massimo di 500 milligrammi (valore
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individualizzanti, e quindi aventi direttamente ad oggetto la persona

- soglia), determinato nella tabella allegata al citato decreto ministeriale, ferma
restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità
sia superata (Sez. 6, n. 36209 del 13/07/2017, Trifu, Rv. 27091601; Sez. 3, n.
47978 del 28/09/2016, Hrim, Rv. 26869801).
2.3. Secondo un principio rinvenibile nella nota sentenza delle Sezioni Unite
Biondi (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 25315001), occorre, infatti,
distinguere la natura delle sostanze, posto che il dato ponderale di riferimento
muta a seconda che si tratti di droga «leggera» o droga «pesante». Va, peraltro,

riferimento all’hashish, il quantitativo massimo giornaliero di 1000 milligrammi in
quanto all’epoca della pronuncia tale era il dato desumibile dal d.m. 11 aprile
2006 come modificato dal d.m. 4 agosto 2006; a seguito dell’annullamento di
quest’ultimo decreto ad opera del giudice amministrativo (TAR Lazio, n.2487 del
21/03/2007), il quantitativo massimo di principio attivo detenibile è ora pari a
500 milligrammi, onde occorre riproporzionare mediante raddoppio del
moltiplicatore il quantitativo al di sotto del quale non è ravvisabile la circostanza
aggravante.

3. Conclusivamente, pronunciata l’irrevocabilità ai sensi dell’art.624
cod.proc.pen. delle parti della sentenza impugnata concernenti l’affermazione di
responsabilità, la pronuncia deve essere annullata limitatamente alla valutazione
circa la sussumibilità del fatto nell’ipotesi aggravata ai sensi dell’art.80, comma
2, T.U. Stup., con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello
di Catania, che valuterà la fondatezza della contestazione della circostanza
aggravante alla luce del suindicato principio e procederà, eventualmente, alla
rideterminazione della pena.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante di
cui all’art.80, comma 2, d.P.R.309 del 1990, inerente al reato di cui al capo A),
con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Catania, per nuovo giudizio
sul punto ed eventuale conseguente rideterminazione della pena.
Rigetta il ricorso nel resto.
Visto l’art.624 cod. proc.pen., dichiara l’irrevocabilità della sentenza in
ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato per i reati
ascrittigli.
Così deciso il 22 giugno 2018
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