Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37788 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37788 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
VENUTO ORAZIO

n. il 08.10.1979

avverso l’ordinanza n. 338/13 del Tribunale – sezione riesame – di
Catania del 04.03.2013.
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita in UDIENZA CAMERALE del 4 luglio 2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Francesco Mario
Iacoviello che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

L’avv.

Franco

Capuzzo,

l’accoglimento del ricorso

difensore dell’imputato

insiste

per

Data Udienza: 04/07/2013

RITENUTO IN FATTO
VENUTO ORAZIO ricorre in Cassazione avverso l’ordinanza, in epigrafe
indicata, del Tribunale di Catania – sezione riesame – con la quale è stata
confermata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi
confronti dal GIP dello stesso Tribunale il 19.02.2013, in ordine al delitto di cui
all’art. 73 d.P.R. 309/90.
Si denuncia violazione di legge in relazione all’art. 273 c.p.p. e agli
artt.110, 81 cpv. cod. pen ed artt. 73 d.P.R. 309/90 e 75 d.lgs 152/2011.

ricorrente come integranti indizi gravi e concordanti. Si espone che le
circostanze indizianti fanno emergere un quadro indiziario abbastanza equivoco,
basato solo sulla generica identificazione dell’indagato come il soggetto
appostato su tetto di un edificio di via Trovatelli n. 52 che lanciava le dosi ai
due coindagati Spanò Francesco e Calogero Carmelo. I verbalizzanti hanno
creduto di individuare in Venuto Orazio quel soggetto appostato sul tetto solo
quando sono intervenuti in Via Trovatelli per arrestare i due coindagati, non
specificando le modalità del detto riconoscimento, né la loro posizione rispetto
al numero civico 52, onde chiarire la loro possibilità visiva di riconoscere con
certezza il Venuto.Si argomenta che il Venuto, in ragione di una contusione alla
schiena, derivante da un incidente stradale (come certificato da referto del
pronto soccorso del Policlinico V. Emanuele di Catania del 29.09.2012), non era
affatto in grado di arrampicarsi sul tetto e di riscenderne velocemente.
Per altro lo Spanò ed il Calogero, in sede di convalida di arresto, nel
rendere ampia confessione, non riconoscono il Venuto come il correo sul tetto.
In ordine al riconoscimento dell’indagato il Tribunale offre una
motivazione carente ed illogica in quanto basata solo sulla considerazione che il
tetto potesse essere basso e vi fosse un agevole via di fuga.
Con il secondo motivo si denuncia altra violazione di legge relativamente
alla sussistenza delle esigenze cautelari, mancando una valutazione sul
pericolo di recidiva effettuato in concreto.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso non può trovare accoglimento, laddove si risolve in una censura
sulla valutazione del quadro indiziario posto a fondamento del provvedimento
de liberiate che esula dai poteri di sindacato del giudice di legittimità, non
palesandosi il relativo apprezzamento motivazionale ne’ manifestamente
illogico, ne’ viziato dalla non corretta applicazione della normativa di settore.
In proposito, va ricordato che, secondo assunto non controverso, in tema di
misure cautelari personali, la valutazione del peso probatorio degli indizi è

In sostanza, si contesta la valutazione degli elementi a carico del

compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione
può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza,
adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono
inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la
motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle
circostanze già esaminate da detto giudice (di recente, ex pluribus, Cass., Sez.
4^, 4 luglio 2003, Pilo; nonché, Sez. 4^, 21 giugno 2005, Tavella).
Ciò che, nella specie, il ricorrente fa quando si limita a contestare “nel merito” il

l’erroneità della sua identificazione quale uno dei compartecipi all’azione
delittuosa di spaccio di sostanza stupefacente caduta sotto la diretta percezione
dei verbalizzanti.
Invero, con motivazione esente da vizi logici il Tribunale ha evidenziato
che l’identificazione dell’indagato nella persona che, appostata sul tetto
dell’edificio su cui era detenuta la sostanza stupefacente, che di volta in volta
lanciava ai complici che alla base del fabbricato spacciavano droga, è stata
operata dai carabinieri, impegnati nell’operazione, che conoscevano il VENUTO
personalmente, in quanto sorvegliato speciale. Controbattere tale dato,
adducendo una generica identificazione, è operazione sterile, in quanto la
censura non coglie nel segno: non emergono nella decisione gravata violazioni
di norme di legge e, nel merito, le argomentazioni a supporto della ordinanza
custodiale non sono sindacabili in questa sede, a fronte della rappresentazione,
non illogica, di un quadro indiziario senz’altro grave nei termini di cui si è detto,
che consente, per la sua consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo
delle indagini, sarà idoneo a dimostrare la responsabilità del prevenuto,
fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (cfr. Cass.,
Sez. 2^, 19 gennaio 2005, Paesano).
Non miglior sorte può avere la doglianza articolata in punto di
adeguatezza della misura cautelare e di pericolo di reiterazione, avendo il
Tribunale ampiamente motivato sulla pericolosità sociale dell’indagato avuto
riguardo alle concrete modalità dei fatti e gravità dei reati commessi, la
evidenziata professionalità nell’esercizio dell’attività di spaccio, svolta su strada,
ben organizzata, in un quartiere noto come piazza di spaccio e reiterata, come
dimostrano i proventi rinvenuti addosso ai coindagati e le ulteriori scorte di
marijuana abbandonate dal VENUTO durante la fuga; cui si aggiunge la
personalità dell’indagato – gravato da numerosi e gravi precedenti penali,
anche specifici in materia di stupefacenti – che non ha esitato ad esercitare
l’attività criminosa sebbene fosse sottoposto alla misura di prevenzione,

quadro probatorio a carico evidenziato nell’ordinanza cautelare, adducendo

mostrando noncuranza e disprezzo per le prescrizioni impostegli sussiste il
pericolo concreto ed attuale di reiterazione di reati della stessa indole.
Il Tribunale, quindi, ha giustificato in modo adeguato la scelta della
misura cautelare carceraria , anche con questa doglianza, il ricorrente vorrebbe,
inammissibilmente, che questa Corte esercitasse un controllo di merito,
attraverso una non consentita rilettura della vicenda e una parimenti non
consentita rinnovazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità, effettuato
dal giudicante in modo rispettoso del disposto normativo (art. 275 c.p.p.,

Mentre, parimenti in modo corretto ed adeguato il giudicante ha motivato
sulla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva.
Come è noto, in tema di esigenza cautelare costituita dal pericolo di
reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’art. 274 c.p.p., lett. c), la
pericolosità sociale dell’indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche
modalità e circostanze del fatto e dalla sua pericolosità. Peraltro, nulla
impedisce di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto una duplice
valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il
profilo dell’apprezzamento della capacità a delinquere: in vero, le specifiche
modalità e circostanze del fatto ben possono essere prese in considerazione
anche per il giudizio sulla pericolosità dell’indagato, costituendo la condotta
tenuta in occasione del reato un elemento specifico assai significativo per
valutare la personalità dell’agente (ex pluribus, Cass., Sez. 1^, 14 maggio
2003, Franchi; più di recente, Cass., Sez. 2^, 22 giugno 2005, Pezzano).
È quanto risulta essere stato fatto nella vicenda de qua, per le ragioni
suindicate.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia
trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, perché provveda
Teta,
a quanto stabilito dall’art. 94 c. 1rdrsp. Att. c.p.p..
Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 4 luglio 2013.

commi 2 e 3).

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