Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37783 del 29/05/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37783 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CERULLI LUIGI, N. IL 14.9.1939,
2) SCOTTO RAFFAELLA, N. IL 5.5.1939
avverso la sentenza n. 47048/2011 pronunciata dalla Corte di Cassazione il
19/6/2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Vincenzo Geraci, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
dite le conclusioni dell’avv. Aldo Soldani, che ha chiesto l’accoglimento dei
ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Cassazione ha rigettato il
ricorso proposto avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Firenze il
4.7.2011, rendendo definitiva la condanna a pena condizionalmente sospesa
pronunciata nei confronti di Cerulli Luigi e Scotto Raffaella per i reati di cui agli
artt. 110 cod. pen., 44 lett. c) d.p.r. 380/2001 e 181, co. ibis let. a) d.lgs.
42/2004.
I ricorrenti menzionati in epigrafe hanno proposto ricorso straordinario ai
sensi dell’art. 625bis cod. proc. pen. deducendo che la Corte di Cassazione, a
fronte del motivo di ricorso che censurava l’omessa motivazione del giudice di
merito relativamente alla subordinazione della sospensione condizionale della

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Data Udienza: 29/05/2013

pena alla rimessa in pristino, ha assunto, valutato e motivato il diverso profilo
della ammissibilità della statuizione con la quale il giudice disponga la
sospensione condizionale della pena subordinandola alla messa in pristino;
inoltre deducono che tra i motivi per i quali la Corte di Cassazione ha ritenuto di
confermare l’attribuzione delle condotte illecite alla Scotto vi è stato anche il
fatto che la stessa era proprietaria di parte del suolo ove insiste l’edificio e
comproprietaria di questo; e ciò nonostante in atti e segnalata nel ricorso vi
fosse sentenza definitiva che afferma il contrario.

degli effetti del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. I ricorsi sono inammissibili.
2.1. In via preliminare va ricordato che il ricorso straordinario per
cassazione, proposto ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen., è ammissibile
quando deduca l’esistenza di errore identificabile in una fuorviata
rappresentazione percettiva, rimanendo estraneo ogni riferimento ai contenuti
valutativi della decisione (cfr., da ultimo, Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011 – dep.
17/10/2011, Corsini, Rv. 250527). Né va pretermessa l’evocazione del principio
di autosufficienza (desumibile dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc.
pen.), che certamente vale anche per l’ipotesi in cui venga dedotto l’errore di
fatto (Sez. 2, n. 11806 del 20/12/2011 – dep. 29/03/2012, Palermo, Rv.
252794).
2.2. Orbene, quanto al primo motivo va affermata la non autosufficienza del
ricorso, considerato che esso avrebbe dovuto dare dimostrazione che la censura
era stata avanzata con l’atto di appello, che essa non era stata valutata dal
giudice di secondo grado; che il ricorso per cassazione aveva quale motivo di
appello proprio l’omessa motivazione sul punto.
Peraltro il motivo si appalesa anche aspecifico perché la censura relativa
all’omessa motivazione non indica quali elementi avrebbero dovuto essere
valutati; i quali, una volta vagliati, avrebbero giustificato la concessione della
sospensione condizionale della pena senza apposizione di alcuna condizione.
2.3. Manifestamente infondato è invece il secondo motivo. Se da un canto è
vero che la Corte di cassazione ha assunto il dato della qualità della Scotto di
proprietaria di parte del suolo su cui sorge l’immobile abusivo e di
comproprietaria di tale edificio, qualità contestate dai ricorrenti, è altrettanto
vero che la decisione impugnata fa perno altresì sulla presenza della ricorrente
nel cantiere al momento dell’accertamento dei reati, e segnatamente sul tetto di
nuovo completamento, e sul fatto che ella aveva firmato una domanda di
sanatoria presentata nel 2008 per opere realizzate nel 2007 (e l’enunciazione dei

Si chiede quindi la correzione degli errori evidenziati, con la sospensione

ricorrenti per la quale il Cerulli avrebbe presentato domanda di condono
‘singolarmente’ non dà dimostrazione dell’erroneità dell’assunto).
La giurisprudenza di questa Corte è nel senso che i limiti del sindacato del
giudice della impugnazione sono segnati dal principio, che si ritiene connesso alla
nozione di interesse alla impugnazione di cui all’art. 568 co. 4 cod. proc. pen.,
secondo cui il giudice della impugnazione, che facendo applicazione del
cosiddetto criterio di “resistenza” ritiene di poter prescindere per la decisione
dalla prova contestata, non è neppure tenuto a dichiararne preventivamente

sede di legittimità può procedersi alla cosiddetta “prova di resistenza”, nel senso
di valutare se gli elementi di prova acquisiti illegittimamente abbiano avuto un
peso reale sulla decisione del giudice di merito, controllando in particolare la
struttura argomentativa della motivazione al fine di stabilire se la scelta di una
determinata soluzione sarebbe stata la stessa anche senza l’utilizzazione di
quegli elementi, per la presenza di altre prove ritenute di per sè sufficienti a
giustificare l’identico convincimento (Sez. 1, n. 1495 del 02/12/1998 – dep.
05/02/1999, Archinà e altri, Rv. 212274; Sez. 6, n. 10094 del 22/02/2005 – dep.
15/03/2005, Ricco ed altro, Rv. 231832; Sez. 5, n. 37694 del 15/07/2008 – dep.
03/10/2008, Rizzo, Rv. 241299).
Mutatis mutandi, non si appalesano motivi per escludere la applicabilità di
tale principio anche al ricorso straordinario per cassazione, almeno quando come nel caso che occupa – l’errore si traduca nella assunzione di un dato
fattuale non realmente esistente; con la conseguente sottrazione ex post dal
sostrato del giudizio di uno o più elementi di prova (sulla decisività dell’errore
anche nell’ipotesi di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen., cfr. Sez. 5, n. 20724 del
16/04/2012 – dep. 29/05/2012, Z. e altro, Rv. 252528).
Orbene, come correttamente rilevato dal P.G. requirente, l’errore di fatto nel
quale sarebbe incorsa la Corte risulta in ogni caso inidoneo ad inficiare l’intera
decisione, considerata la molteplicità degli elementi assunti e la premessa
tracciata dalla Corte secondo cui, ai fini della valutazione della responsabilità
della Scotto, andava considerata “la situazione concreta in cui si era svolta
l’attività incriminata, tenendo conto non soltanto della piena disponibilità,
giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell’interesse specifico ad

effettuare la nuova costruzione”, bensì pure le relazioni di parentela, la presenza
in loco durante l’esecuzione dei lavori, lo svolgimento di attività di materiale
vigilanza, la richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria, il regime
patrimoniale tra i coniugi.

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3

l’inutilizzabilità. Si è aggiunto, in altre sentenze di questa Corte, che anche in

3. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore
della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 500,00 (cinquecento/00) ciascuno, a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di euro 500,00 a favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29/5/2013.

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