Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37780 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37780 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: IZZO FAUSTO

NR. 11545\13

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

PILAT Walter, n. a Novara il 9\5\1974

avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di
Milano, del 14\2\2013 (n. 200\13);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
udite le conclusioni dei Procuratore Generale dr. Vito
D’Ambrosio, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 28/05/2013

RITENUTO in FATTO
1. Con provvedimento del 14\2\2013 il Tribunale del Riesame di Milano confermava
l’ordinanza del G.I.P. di Busto Arsizio con la quale in data 3\1\2013 era stata adottata
la misura della custodia cautelare carceraria nei confronti di Pilat Walter per il delitto
di cui all’art. 73 T.U. 309 del 1990 traffico di stupefacenti (in Busto Arsizio dall’agosto al
Osservava il Tribunale, quanto ai gravi indizi, che dalle indagini della Guardia di
Finanza era emerso che il Pilat svolgeva il ruolo di intermediario nell’importazione di
droga in Italia dalla Spagna, per conto del fornitore bulgaro Kostov Vakril Iavanov. Lo
stesso indagato aveva confermato di avere svolto il ruolo di intermediario, reperendo
per il Kostov gli acquirenti della droga.
Quanto alle esigenza cautelari, le indagini avevano evidenziato il rilevante spessore
criminale del Pilat, il quale manteneva rapporti con esponenti del traffico
internazionale di droga e trattava contemporaneamente più forniture. La sua
confessione non era stata piena, avendo narrato in modo riduttivo la sua
collaborazione con il Kostov. Inoltre, consapevole di alcune indagini in corso, aveva
fornito consigli ai trafficanti perché si astenessero dal contattare persone che lui
sapeva sottoposte alle indagini.
Pertanto la capacità criminali palesate e la presenza di specifici precedenti penali,
erano indicativi di una attuale pericolosità del Pilat che rendeva la custodia carceraria
l’unica misura idonea a garantire le esigenze di prevenzione sociale.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato,
lamentando :
2.1. la erronea applicazione della legge ed il vizio della motivazione in ordine alla
ritenuta attualità delle esigenze cautelari, considerato che da oltre un anno il Pilat
aveva interrotto i rapporti con i coindagati, così manifestando di avere frapposto una
cesura tra se ed il passato criminale.
2.2. la violazione di legge ed il vizio di motivazione laddove il tribunale aveva ritenuto
inidonea la misura degli arresti domiciliari a garantire le esigenze di prevenzione
sociale, senza tener conto che con gli arresti effettuati l’organizzazione dedita allo
spaccio era smantellata e, pertanto, l’affermazione del rischio di reiterazione
dell’attività criminosa era meramente apodittica.
CONSIDERATO in DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1.. Preliminarmente va ricordato quali siano i limiti del sindacato della Corte di
Cassazione in materia cautelare. In particolare è stato più volte ribadito che
“l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi
materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’
alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi
compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice
cui è stata richiesta l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al
fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere
positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile: 1)
l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2)
l’assenza nel testo dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento” (Cass. IV, n. 2050\96,
imp. Marseglia, rv. 206104 ; Cass. Sez. III, Sentenza n. 40873\2010, imp. Merja, rv. 248698).

2

dicembre 2011).

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000= (mille) in favore della Cassa delle
Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa/ al
direttore dell’Istituto penitenziario competente, perché provveda a quanto stabilito
dall’art. 94, co. 1°, ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 28 maggio 2013
Il Consigliere estensore

Il Presi nte

3.2. Orbene quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha evidenziato come lo
spessore criminale dell’indagato emergesse dal fatto che era in grado di gestire
contemporaneamente più operazioni di traffico internazionale di stupefacenti e che il
legame ed il radicamento manifestato con ambienti criminali esteri testimoniava della
attualità delle esigenze cautelari.
Inoltre la presenza a suo carico di una pluralità di precedenti penali, tra i quali due
specifici, rendeva palese, in ragione della inclinazione alla recidiva, che la custodia in
carcere era l’unica misura idonea a garantire le esigenze di prevenzione sociale.
Tali argomentazioni, coerenti e non manifestamente illogiche, rendono incensurabile in
questa sede il provvedimento impugnato.
Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento a
favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in euro 1.000=.
P.Q.M.

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