Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37776 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37776 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: BLAIOTTA ROCCO MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BENITEZ GARCIA ANDRES JUAN N. IL 21/01/1961
avverso la sentenza n. 8216/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
03/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ,”
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi iedifensor Avv.

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Data Udienza: 05/07/2013

Motivi della decisione
1. A seguito di giudizio abbreviato il Tribunale di Napoli ha affermato la
responsabilità dell’imputato in epigrafe in ordine al reato cui all’art. 74 del d.P.R.
n. 309 del 1990. La sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli.
L’imputazione attiene al finanziamento, alla creazione nonché alla
direzione di un’ associazione dedita al traffico di stupefacenti e segnatamente

2. Ricorre per cassazione l’imputato.
Si considera che i giudici di merito hanno ritenuto l’esistenza di ne bis in
idem sostanziale tra il reato di cui al capo T, afferente all’importazione di 72 kg
di cocaina ed il fatto già giudicato dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Napoli
nel distinto procedimento. Non si comprende però perché non sia stato ritenuto
pure il ne bis in idem quanto ai reati associativi contestati nei due procedimenti.
Infatti, contrariamente a quanto ritenuto dei giudici di merito, si è in presenza di
un unico gruppo illecito; non di organizzazioni distinte, bensì sovrapposte sia sul
piano soggettivo che su quello spaziale e temporale. Il ricorrente e l’imputato De
Besi si sono associati in ambedue gli organismi unitamente ad altre persone non
identificate. Il gruppo criminale fa capo a tale Bianco Antonio, come emerge da
numerose intercettazioni. Gli accoliti erano tutti provenienti dal napoletano,
anche se operanti in Calabria. La provenienza dal clan Bianco collega ed unifica i
due supposti gruppi criminali, che in realtà costituiscono un unico organismo
guidato dal detto Bianco.
Si assume che tale interpretazione dei fatti è conforme alle finalità
dell’art. 649 cod. proc pen. come interpretata dalla giurisprudenza delle Sezioni
unite, in vista di un fine di giustizia sostanziale. L’intreccio unificante può essere
desunto anche dalle connessioni fattuali inerenti ai reati fine per i quali è stato
ritenuta la duplicazione dell’imputazione.
In particolare il Benitez ha avuto la funzione di strumento del Bianco in
tutti i reati fine imputati; e non può essere ritenuto accolito di due organismi
quando egli ha agito in collaborazione con un’unica figura di vertice.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto alla questione prospettata, la Corte d’appello considera che
l’impugnazione reca la pedissequa riproposizione di questioni già esaminate e
risolte dal primo giudice. Si ribadisce che nella specie non si configura la
sovrapposizione delle condotte che caratterizza l’istituto di cui al richiamato art.
649. Il fatto giudicato nell’altro procedimento è del tutto diverso per dimensione

all’importazione di cocaina ed hashish ed alla loro cessione a terzi.

della compagini, composizione soggettiva, ambito territoriale di operatività.
L’indagine oggetto del giudizio riguarda un intenso traffico di cocaina e hashish
in Vitarina di Gioiosa ionica in collaborazione con narcotrafficanti spagnoli.
Nell’altro giudizio, invece, le azioni delittuose sono state poste in essere in
territorio campano e segnatamente in Fuorigrotta. Diverso pure lo stupefacente:
cocaina ed hashish nel presente giudizio; solo cocaina nell’altro. Non vi è
neppure sovrapposizione soggettiva, essendo il numero dei sodali ben più ampio
nel giudizio in esame. Anche i contesti temporali sono distinti e solo parzialmente
Dunque, secondo la Corte d’appello, non si è in presenza del medesimo fatto. In
particolare, dai contatti con il clan Bianco non può inferirsi l’identità del sodalizio
criminoso, ben potendo ritenersi il coinvolgimento in diversi organismi.
Tale argomentazione si sottrae con tutta evidenza alle indicate censure
che, oltretutto, sono in larga misura aspecifiche, posto che si limitano a
riprodurre questioni ampiamente esaminate in fatto dai giudici di merito facendo
riferimento puntuale a tutti tratti dei diversi illeciti che valgono a diversificarli.
Tali censure non tengono adeguatamente conto delle valutazioni espresse dalla
Corte d’appello ed appaiono quindi generiche o in fatto. In ogni caso,
l’argomentazione è immune da vizi logici o giuridici: si espone, infatti, che si è in
presenza di due compagini caratterizzate in modo marcatamente differenziato
sotto i molteplici profili che si sono sopra sintetizzati. E d’altra parte la presenza
di alcuni imputati in ambedue gli organismi non vale, con tutta evidenza, a
configurare distinti organismi. Né l’indicato apprezzamento in fatto può essere
sindacato nella presente sede di legittimità.
Il gravame è quindi inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa
delle ammende della somma di euro 1.000 a titolo di sanzione pecuniaria, non
emergendo ragioni di esonero
P qm

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000 a favore della cassa delle
ammende.
Roma 5 luglio 2013
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
(Rocco Mar; BLAIOTTA)

IL PRE IDENTE
(Vincenz ROMIS)

sovrapponibili essendosi in un caso nel 2005, nell’altro dal 2004 al 2006.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

IV Sezione Penale

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