Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37771 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37771 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1. PROCURATORE GENERALE presso la Corte d’appello di Roma
n. il 18.03.1948 parte civile

2. VOLPI REMO

3. PONZI ANGELA n. il 18.03.1948 parte civile
n. il 15.08.1978 parte civile

4. VOLPI IVAN

5. VOLPI CATERINA n. il 7.11.1985 parte civile
nei confronti di
LEONELLI LINO

n. il 12.09.1959

avverso la sentenza n. 8303/12 della Corte d’appello di Roma del
19.11.2012.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 4 luglio 2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Francesco Mario
Iacoviello che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
Per le costituite parti civili l’avv. Monica Marciano chiede accogliersi il
ricorso.
Per l’imputato il difensore l’avv. Claudio Ferrazza chiede confermarsi la
sentenza impugnata.

Data Udienza: 04/07/2013

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26.03.2010 il Tribunale di Roma riteneva LEONELLI Lino
responsabile del delitto di cui all’art. 589, 2° comma cod. pen. aggravato dalla
violazione delle norme sulla disciplina stradale, condannandolo, con concessione
delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di
giustizia ed al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.
Il fatto.
La notte del 26/06/05 il Volpi Alessio, alla guida del suo motociclo Suzuki,

dell’autovettura BMW condotta da Piscitello Gianluca che procedeva nella stessa
direzione di marcia, il Volpi ne urtava il parafanghi posteriore, frenava per oltre
30 metri, lasciando sull’asfalto tracce di abrasione gommosa, e, in seguito, mista
a scarrocciamento, finché rovinava sull’asfalto fermandosi in posizione supina
trasversale all’asse stradale, a cavallo tra la corsia centrale e la corsia di
sorpasso.
Qualche minuto dopo l’impatto tra il motociclo e la BMW del Piscitelli (il
quale aveva accostato il proprio veicolo nella corsia di emergenza dove già altri
conducenti avevano lasciato la propria autovettura per prestare soccorso)
sopraggiungeva l’autovettura VW Passat guidata da LEONELLI Lino che investiva
il corpo del motociclista sormontandolo, per poi proseguire la marcia senza
fermarsi.
Il Volpi riportava lesioni personali consistenti in lesione midollare cervicale
bassa (5a vertebra cervicale) e lesione fratturativa del bacino – arto inferiore con
shock traumatico ipovolemico terminale, in conseguenza delle quali lo stesso
decedeva in data 26/06/05 in Roma. Si accertava che, al momento del sinistro, il
Volpi aveva mantenuto una velocità eccessiva (103Km/h) ed aveva guidato in
condizioni psicofisiche gravemente alterate da uno stato di intossicazione alcolica
acuta (2.8g/1).
All’esito delle indagini preliminari, il LEONELLI veniva rinviato a giudizio per
il reato rubricato, essendo stati evidenziati a suo carico diversi profili di colpa.
rappresentata da negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle norme
del Codice Stradale, consistiti, tra l’altro:
1) nel prestare scarsa attenzione alla guida;
2) nell’ aver mantenuto una velocità eccessiva (120~/h) in violazione
dall’art. 142 D.Lgs. 30 04/92 n.285 e, comunque, non consona alle condizioni del
veicolo e del traffico, della viabilità, della visibilità, posto che la presenza di un
possibile ostacolo sulla carreggiata (la moto già condotta dal Volpi Alessio in quel
momento in posizione di quiete tra la corsia di sorpasso e la banchina di asfalto e

, z,–

percorreva il GRA con direzione di marcia via Flaminia; nell’effettuare il sorpasso

lo stesso Volpi Alessio, trovatosi sulla corsia centrale dopo la caduta) era
segnalata da veicoli fermi sul margine della carreggiata;
3) nel non porre in atto alcun tentativo di deviazione del mezzo in fase di
frenatura onde non impattare con il corpo del Volpi.
Il primo giudice ha ritenuto integrati i profili di colpa individuati nel capo di
imputazione sulla base delle emergenze processuali acquisite (prove dichiarative
e di natura tecnica rappresentate queste ultime dagli accertamenti di P.G. e
dall’esame delle consulenze, tecnica ed autoptica che si richiamano).

ritenuto di pervenire alla assoluzione dell’imputato sia per difetto di prova in
ordine alla sussistenza del nesso causale
.r, tra gli effetti lesivi prodotti
dall’imputato ed il decesso della vittima, sia per l’assenza dei profili di colpa nella
guida della propria vettura e come allo stesso imputato addebitato.
Ricorrono in Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello
capitolina e le costituite parti civili.
Il primo ricorrente espone che la Corte territoriale ha disatteso gli elementi
probatori acquisiti con violazione di legge, illogicità e contraddittorietà della
motivazione assunta.
Assume, infatti, la Corte che non può parlarsi di colpa generica in capo al
LEONELLI in quanto la circostanza delle vetture ferme sulla corsia di emergenza,
con le luci gialle lampeggianti, che per l’accusa avrebbero dovuto di per sé
segnalare comunque un pericolo imminente con la previsione di un qualche
ostacolo sulla corsia, viene valutata come possibile causa di distrazione
giustificatrice di una condotta di per se appunto colpevole (“… percepire vetture
ferme con le luci lampeggianti sull’estrema destra della carreggiata richiamando
in qualche modo l’attenzione del conducente finisce per distrarlo venendo lo
sguardo attirato proprio su quel lato a discapito dell’osservazione della strada…”
come testualmente la Corte motiva sul punto).
Per il P.G. ricorrente è questa un’osservazione illogica e contraddittoria, se
si riflette che l’imputato stesso ha dichiarato/ già ferme sulla corsia di emergenza
una ventina di macchine con i lampeggianti/ che, in base alla contestualizzazione
della strada (tratto rettilineo e ben illuminato), le segnalazioni provenienti da
dette luci erano visibili da almeno 200 metri di distanza.
Tale osservazione rende evidenti altresì i profili di colpa specifica quanto
alla velocità tenuta e dalla assenza di manovre di emergenza quale conseguenza
di una velocità comunque non consona a quelle condizioni di tempo e di luogo.
Di poi, osserva il ricorrente, la Corte del merito, pur avendo affrontato la
sussistenza del nesso di causalità, posto che lo stesso imputato ha ammesso di

,.. 3 –

Con la sentenza, indicata in epigrafe, la Corte territoriale di Roma ha

aver visto una sagoma all’ultimo momento e di aver percepito un sobbalzo della
propria vettura e quindi, in sostanza di aver sormontato il Volpi, risolve questo
profilo in modo inadeguato, trascurando le emergenze acquisite sulla base delle
perizie tecniche disposte.
Si sostiene in sentenza, apoditticamente, che si è arrivati a presumere,
senza riscontri certi, che l’unico sormontamento sia stato quello del Leonetti
finendo per ritenere non superabili i dubbi emersi dalla contraddittorietà delle
emergenze processuali relative alla unicità o meno del sormontamento ed alla

A confutazione di ciò il Procuratore Generale richiama le argomentazioni
tecnico scientifiche, cui ha fatto riferimento il primo Giudice, e dettagliatamente
riportate nella sentenza di primo grado (fogli 6 e 7).
Il ricorrente, infine, osser~er il reato contestato è decorso il 26/12/2012
il termine di prescrizione; sussistendo tuttavia il difetto motivazionale sopra
enunciato, agli effetti penali, non può pervenirsi ad un esito processuale più
favorevole della declaratoria di estinzione del reato per l’intervenuta prescrizione
che deve per tanto essere pronunciata annullandosi senza rinvio la sentenza
impugnata a tali effetti.
Per quanto riguarda invece gli effetti civili (e la costituita parte civile ha
richiesto al procuratore generale l’impugnazione della sentenza ex art. 572cpp)
all’annullamento per il riscontrato difetto di motivazione deve seguire un rinvio
per nuovo esame, rinvio che và individuato, secondo il prevalente orientamento
giurisprudenziale nel giudice civile competente per valore in grado d’appello.
Le parti civili Volpi Remo, Ponzi Angela, Volpi Ivan e Volpi Caterina
denunciano, con un unico atto:

O

Violazione di legge e vizio di motivazione per avere fornito

un’interpretazione alternativa dei fatti del tutto avulsa dal reale accadimento
degli stessi.
Quanto alla violazione di legge, nella specie dell’art. 141 del C.d.S.. La
Corte territoriale ha ritenuto che non sussista la colpa generica in quanto non
sono emersi elementi sulla circostanza che il LEONELLI non fosse un buon
conducente, avendo, comunque rispettato i limiti di velocità. Si obietta che il
rispetto dei limiti di velocità non è sempre idoneo ad esentare da colpa in tutti
quei casi in cui, a tale regola, se ne sovrappongano altre, anche di carattere
generico che devono indurre il conducente a limitare ulteriormente, ed anche in
modo assai rilevante, la velocità. La disposizione dell’art. 141 del C.d.S. la quale
impone, che, come prima regola cautelare e prima ancora che vengano superati i
limiti massimi di velocità, impone al conducente una valutazione complessiva

causa del decesso del Volpi.

della situazione concreta del traffico, del veicolo, dello stato della circolazione e
di ogni altra circostanze, gli impone, in sostanza, di adeguare a tale valutazione
la velocità da tenere. Nel caso di specie, sulla base dei risultati della perizia e
delle dichiarazioni rese in merito dal C.T.U. (prof. Marcon), è stato acquisito che
il LEONELLI avrebbe potuto, tenendo una velocità più consona a quel tratto di
strada, evitare il corpo del Volpi. E, proprio in ragione della presenza di auto
sulla corsia di emergenza con le luci accese, avrebbe dovuto rallentare sino ai
40/50 Km/h e così evitare l’investimento.
eccepisceN altro vizio di motivazione sulla

insussistenza del nesso causale tra le lesioni collegate al sormontamento ed il
decesso del Volpi.
La Corte non ha tenuto in alcun conto o, comunque, non ha motivato in
maniera esaustiva, in ordine alle conclusioni cui è pervenuto il Perito Cipolloni,
secondo cui le lesioni conseguenti all’investimento del Volpi da parte del
LEONELLI abbiano certamente contribuito a cagionare l’evento morte e ad
accelerare il processo letale della vittima, dovendosi, altresì, ritenere che il punto
d’impatto tra la vettura del LEONETTI ed il corpo del Volpi possa essere
individuato nella zona dell’arto inferiore sinistro con conseguente produzione di
lesività da schiacciamento a tale livello e produzione di elusività associata a
livello del bacino.
RITENUTO IN DIRITTO
I ricorsi vanno accolti con conseguente annullamento con rinvio della
sentenza impugnata.
Innanzitutto, va rilevato che, contrariamente a quanto sostiene il
Procuratore Generale ricorrente, non è affatto perento il termine di prescrizione
del reato, in quanto, indipendentemente dall’applicare la disposizione dell’art.
157 cod. pen. nella sua formulazione prima o dopo la novella di cui alla L.
251/2005, il reato si prescrive il 26.06.2020. Invero, se si applica la disposizione
dell’art. 157, n. 3, cod. pen. antecedente alla modifica, avendo il giudice di
primo grado concesso le attenuanti generiche equivalenti alla contestata
aggravante, il termine prescrizionale, tenuto conto delle interruzioni (art. 160
ultima parte cod. pen. precedente formulazione) è di quindici anni; se si applica
l’art. 157 cod. pen. nell’attuale formulazione, ai sensi del primo e sesto comma,
il termine ordinario è di dodici anni che, per effetto delle interruzioni processuali,
(art. 161 2° comma cod. pen.), viene esteso a quindici anni.
Passando alla trattazione di quello che è l’aspetto fondamentale delle
censure apportate da tutti i ricorrenti alla sentenza della Corte d’appello, vale
a dire il vizio di motivazione, laddove si è affermato che l’assoluzione

-5-

(Con il terzo moikti
/

dell’imputato è stata determinata da un difetto di prova in ordine alla
sussistenza del nesso causale tra gli effetti lesivi prodotti dall’imputato ed il
decesso della vittima, e dall’assenza dei profili di colpa nella condotta di guida,
si osserva che la Corte territoriale non ha tenuto conto del principio, già
sancito da questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di reati
colposi, la causalità si configura non solo quando il comportamento
diligente imposto dalla norma a contenuto cautelare violata avrebbe
certamente evitato l’evento antigiuridico che la stessa norma mirava a

significative probabilità di scongiurare il danno (Cass., Sez. 4, n.
19512/2008, Rv. 240172).
Più in particolare, trattando del tema della c.d. causalità della colpa,
questa corte ha avuto modo di evidenziare come essa si configuri, non solo
quando il comportamento diligente avrebbe certamente evitato l’esito
antigiuridico, bensì anche quando una condotta appropriata dell’agente
avrebbe avuto apprezzabili e significative probabilità di scongiurare il danno.
Su tale assunto la riflessione giuridica è sostanzialmente concorde, dovendosi
registrare solo differenti sfumature in ordine al livello di probabilità richiesto
per ritenere l’evitabilità dell’evento. In ogni caso, non si dubita che sarebbe
irrazionale rinunziare a muovere l’addebito colposo nel caso in cui l’agente
abbia omesso di tenere una condotta osservante delle prescritte cautele che,
sebbene non certamente risolutiva, avrebbe comunque significativamente
diminuito il rischio di verificazione dell’evento o (per dirla in altri, equivalenti
termini) avrebbe avuto significative, non trascurabili probabilità di salvare il
bene protetto.
Nel caso di specie, fondatamente il Procuratore generale ricorrente,
quanto all’analisi dei profili di colpa addebitati al LEONELLI, rileva la
illogicità e la contraddittorietà della motivazione circa la ritenuta assenza di
colpa generica nella condotta di guida, emergendo, dalle stesse
affermazioni dell’imputato, che egli si era ben reso conto, per la presenza di
un certo numero di automobili con le luci lampeggianti sull’estrema destra
della carreggiata, visibili da almeno 200 metri prima, di un’evenienza
anomala verificatasi in quel tratto di strada che avrebbe dovuto imporgli
un’attenzione particolare alla guida con la diminuzione della velocità. Tale
doveva essere il comportamento di guida che si richiede all’uomo di
normale diligenza, puntualmente, infatti, il Procuratore ricorrente rileva che
il teste Fanton, trovatosi nelle stesse condizioni di guida, sopraggiunto nella

prevenire, ma anche quando una condotta appropriata avrebbe avuto

immediatezza del sinistro, vede a distanza quei dispositivi, immediatamente
rallenta e quindi ferma l’auto per prestare i necessari soccorsi.
Una velocità inferiore a quella mantenuta, ancorché già al di sotto dei
limiti di velocità imposti, avrebbe con alto grado di probabilità logica
consentito di avvistare per tempo il corpo del Volpi giacente sulla corsia di
marcia e porre in essere una manovra per evitarlo, tant’è che lo stesso
imputato ha affermato di aver visto una sagoma all’ultimo momento e di aver
percepito un sobbalzo della propria autovettura. Sul punto anche le

l’imputato avrebbe potuto, tenendo una velocità più consona a quel tratto di
strada, evitare il corpo del Volpi.
Non va tralasciato di osservare che, quale elemento oggettivo
inconfutabile, è la traccia di frenata di circa nove metri rinvenuta vicino al
corpo del Volpi, attribuibile all’autovettura del LEONELLI, e, per quanto
esposto in diritto in premessa, è del tutto sterile l’argomentazione della Corte
del merito nello stabilire, partendo da tale dato fattuale, se la velocità era
prossima ai 120 o ai 104 Km/h, sta di certo che, comunque, era una velocità,
non adeguata al contesto come descritto da altri utenti della strada.
Sul punto la motivazione dell’impugnata sentenza, dunque, non convince
essendosi basata su rilievi di fatto valutabili, invece, come assumono i
ricorrenti, con criteri di logica più verosimili alla realtà secondo

l’id quod

plerumque accidit (massime di esperienza).
Quanto all’altro aspetto, anch’esso oggetto di serrata critica da parte dei
ricorrenti, riguardante la sussistenza del nesso causale tra la condotta di guida
del LEONELLI ed il verificarsi dell’evento letale, altrettanto non convincente è
la motivazione della Corte distrettuale. In primis, la Corte, pur affermando che
certamente il corpo del Volpi sia stato sormontato dall’auto guidata dal
LEONELLI, pone il dubbio che esso sia stato investito anche da altri
automobilisti per cui non v’è la certezza che proprio il sormontamento da
parte dell’imputato abbia causato le lesioni che hanno determinato la morte
della persona offesa.
Invero, il dubbio espresso non si ritiene fondato su rilievi di fatto
razionalmente valutati, quanto alla circostanza di fatto che il corpo del Volpi
sia stato effettivamente sormontato da un’autovettura che ha causato le
lesioni a livello della coscia sinistra, essa emerge in maniera inequivocabile
dalla perizia a firma del dott. Cipolloni che ha richiamato anche i risultati della
relazione del C.T. del P.M., D’Aloja, laddove sono state ritenute compatibili tali

dichiarazioni del perito, Marcon, sentito in dibattimento, confermano che

lesioni con il sormontamento della coscia da parte di una sola autovettura,
risultati confutati in sentenza in modo non congruo.
Che poi sia stato solo l’autovettura del LEONELLI a sormontare il corpo
del Volpi, al di là delle disquisizioni tecniche svolte in sentenza circa
l’attribuibilità alla vettura dell’imputato delle tracce di frenata, vi è un
elemento probatorio di natura certamente significativa, se non assorbente,
quale la testimonianza (il verbale dibattimentale contenenti tali dichiarazioni è
stato allegato al ricorso delle parti civili) del teste oculare Piscitelli che ha

“strusciato” la sua autovettura, di averlo visto sbandare, perdere l’equilibrio,
cadere sull’asfalto ed essere dopo poco investito da un’altra autovettura
sopraggiunta, specificando, su precisa domanda del difensore dell’imputato,
che il Volpi era stato sormontato una sola volta.
Sul punto è certamente carente la motivazione dell’impugnata sentenza
avendo liquidato tali dichiarazioni adombrando un interesse del teste a riferire
circostanze diverse da quelle rese nel corso delle indagini preliminari nel
timore di essere coinvolto nella vicenda, ma senza analizzarle con riferimento
ai canoni di credibilità ed attendibilità che sottendono l’acquisizione della
prova testimoniale.
Rimane da analizzare il nesso causale con riferimento

al diretto

collegamento tra le lesioni riportate dal Volpi a seguito del sormontamento
subito e l’evento morte. La Corte evidenziando che il Volpi al momento
dell’incidente trovavasi in grave stato di intossicazione alcolica, idonea a
comprometterne la respirazione (come precisato dal C,T, D’Aloja), che al
momento della caduta sull’asfalto aveva riportato anche una gravissima
lesione cervicale e del midollo spinale contiguo, lesione che può portare al
decesso nel 10% dei casi, ha risolto la questione rilevando che la coscia e la
gamba sinistra erano state necessariamente interessate anche dallo
schiacciamento tra il motociclo e l’asfalto al momento della caduta, senza però
confutare adeguatamente i pareri del Perito del Tribunale e del C.T. delle parti
civili, che hanno, invece, ritenuto prevalente, ai fini del decesso, il trauma da
schiacciamento sulla coscia sinistra dovuta al sormontamento da parte
dell’autovettura, pareri questi acquisiti in maniera critica e non supinamente
dal Tribunale.
A tal riguardo, si rammenta che la giurisprudenza costante di questa
Corte ammette, in virtù del principio del libero convincimento del giudice e di
insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove la
possibilità del giudice di scegliere fra varie tesi, prospettate da differenti periti,

– 9_

dichiarato di essere stato sorpassato dal motociclista, che aveva anche

di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto
con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso o
della scelta operata e dimostri di essersi soffermate sulle tesi che ha ritenuto
di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti,
sicché, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in
sede di merito, è inibito al giudice di legittimità di procedere ad una differente
valutazione, poiché si è in presenza di un accertamento in fatto come tale
insindacabile dalla Corte di Cassazione, se non entro i limiti del vizio
(.Sez.

4,

Sentenza n.

34747 del 17/05/2012 Ud. Rv.

253512;Sez. 4, Sentenza n. 45126 del 06/11/2008 Ud. Rv. 241907;Cass.
sez. IV 20 maggio 1989 n.7591 rv.181382).
Il complesso delle argomentazioni che precedono, nel rilevare la non
coerente logicità e la conseguente non linearità della motivazione dettata
nella sentenza impugnata, comporta l’annullamento della sentenza con rinvio
ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma per un nuovo esame alla luce
dei rilievi annotati dal Collegio, rimettendosi alla stessa anche la
regolamentazione delle spese tra le parti anche per questo giudizio.
P.Q.M.
A_
Annulla la sentenza impugnatar nuovo esame alla Corte d’appello di
Roma, altra Sezione, cui rimette la regolamentazione delle spese tra le parti
anche per questo giudizio.
Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 4 luglio 2013.

motivazionale

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