Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3777 del 28/10/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3777 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Gonzales Nicosia Filippo, nato il 03/05/1979;

Avverso l’ordinanza n. 780/2015 emessa il 23/06/2015 dal Tribunale del
riesame di Palermo;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Sentite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Ciro
Angelillis, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Sentito per il ricorrente l’avv. Silvio Salvatore Miceli;

Data Udienza: 28/10/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 23/06/2015 il Tribunale del riesame di Palermo
confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del
Tribunale di Agrigento nei confronti di Filippo Gonzales Nicosia, ritenendo
sussistenti nei suoi confronti gravi indizi di colpevolezza per il tentato omicidio di
Antonino Terrazzino e Nebil Afdhali, commesso a Realmonte il 30/05/2015.
Sulla base del compendio indiziario acquisito, si riteneva che la sera del

I di Realmonte, causato dal fatto che il primo aveva accarezzato il viso della
fidanzata del secondo, Hilda Caron Caruana; all’alterco era seguita l’aggressione
dell’Afdhali da parte del Nicosia, che si interrompeva per l’intervento del
Terrazzino, che allontanava fisicamente dall’indagato la vittima, con cui si
dirigeva verso la sua abitazione, ubicata in via Firenze n. 14.
Poco dopo, il Gonzales Nicosia, a bordo della sua autovettura, giungeva nei
pressi dell’abitazione del Terrazzino e, sceso dal mezzo, trovava sul posto lo
stesso Terrazzino che lo allontanava bruscamente, venendo minacciato di morte
dall’indagato.
Una decina di minuti dopo, l’indagato tornava sul posto, a bordo dello stesso
veicolo, dal quale esplodeva tre colpi di pistola all’indirizzo del Terrazzino e
dell’Afdhali, che si trovavano, in compagnia del figlio di quest’ultimo, sul
marciapiede antistante l’abitazione del Terrazzino; dopo l’esplosione dei colpi, il
Gonzales Nicosia si allontanava velocemente dal luogo dell’attentato.
Nei successivi minuti, l’indagato ripassava dal luogo dell’agguato altre tre
volte, fino a quando non veniva fermato dalle forze dell’ordine, nel frattempo
allertate, che lo avevano individuato sulla base delle indicazioni fornite dal
Terrazzino.
Secondo il tribunale del riesame, questa ricostruzione dell’accaduto,
innanzitutto, trovava conferma nelle dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti
dal Terrazzino e dall’Afdhali, i quali venivano sentiti dalle forze dell’ordine,
chiarendo la causale e la dinamica della vicenda delittuosa in contestazione,
precisando di non conoscere il Gonzales Nicosia e che l’attentato era stato
compiuto, dopo l’iniziale screzio di cui si è detto, mediante l’esplosione di tre
colpi di pistola dall’autovettura a bordo della quale l’indagato si trovava.
Questa ricostruzione dei fatti veniva ulteriormente confermata da Vincenza
Sciangula e Hilda Caron Caruana – rispettivamente madre del Terrazzino e
compagna dell’Afdhali – la quale ultima riferiva che l’indagato, dopo l’alterco,
aveva minacciato di morte il suo compagno, precisando che, al momento

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30/05/2015 vi era stato un alterco tra il Nicosia e l’Afdhali, nella piazza Umberto

dell’agguato, aveva visto l’Afdhali precipitarsi all’interno dell’abitazione del
Terrazzino, dicendole che il ricorrente «gli stava sparando contro».
Deve, infine, rilevarsi che, in seguito al fermo di polizia al quale il Gonzales
Nicosia veniva sottoposto, venivano sequestrate presso la sua abitazione una
custodia in plastica per pistola e cinque ogive rivestite di cartucce già esplose.
Sulla base di tale compendio indiziario il provvedimento impugnato veniva
confermato.

Salvatore Miceli, ricorreva per cassazione, deducendo due motivi di ricorso, che
venivano integrati dalle memorie difensive depositate dallo stesso difensore
all’udienza del 28/10/2015.
Con il primo motivo di ricorso, si deduceva violazione di legge, in relazione
alla qualificazione del tentato omicidio commesso in danno del Terrazzino e
dell’Afhdali, sotto il profilo della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, che
non erano stati vagliati alla luce di ipotesi delittuose alternative, tra cui la
minaccia aggravata dall’uso delle armi, che meglio si attagliava al movente e alla
dinamica della vicenda criminosa.
Si evidenziava, in particolare, che il tribunale del riesame non aveva tenuto
conto delle circostanze desumibili dai resoconti delle persone assunte a
sommarie informazioni, le cui dichiarazioni erano incompatibili con l’assunto
secondo cui l’azione dell’indagato era univocamente orientata a uccidere il
Terrazzino e l’Afdhali. Il ricorrente, infatti, dopo l’esplosione dei colpi di pistola, si
era allontanato dal luogo dell’agguato, pur non avendo attinto i suoi bersagli,
non per timore di una reazione delle vittime, ma solo per non farsi arrestare o
identificare.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduceva violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione alla sussistenza del pericolo concreto di reiterazione
della condotta omicida contestata, all’adeguatezza della misura cautelare
applicata all’indagato e alla contestuale inadeguatezza della misura cautelare di
cui all’art. 275 bis cod. proc. pen.
Si deduceva, in particolare, l’infondatezza dell’assunto processuale sotteso al
provvedimento impugnato, secondo cui il Gonzales Nicosia avrebbe manifestato
una spiccata propensione al delitto, desumibile dalle modalità del fatto delittuoso
contestatogli, eminentemente riconducibile al ritorno sul luogo dell’agguato del
ricorrente, che rendeva evidente la pervicacia dei suoi propositi criminosi e la
sua pericolosità sociale.
Si trascuravano, in tal modo, le emergenze indiziarie che rendevano
evidente che l’intento dell’indagato, eseguito l’agguato, era quello di tornare sul
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2. Avverso tale ordinanza Filippo Gonzales Nicosia, a mezzo dell’avv. Silvio

luogo disarmato, unicamente allo scopo di ristabilire un dialogo con il Terrazzino
e l’Afhdali da una posizione dominante.
Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
In via preliminare, deve rilevarsi che le Sezioni unite hanno già avuto modo

con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal
tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza,
alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare
natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice
di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (cfr. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000,
Audino, Rv. 215828).
Infatti, il mezzo di gravame, come mezzo di impugnazione, ancorché atipico,
ha la funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con
riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai
presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo. Ne
consegue che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto
di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dalla stessa
disposizione, a sua volta ispirata al modello processuale dell’art. 546 cod. proc.
pen., con gli adattamenti necessari dal particolare contenuto della pronuncia
cautelare, non fondata su prove ma su indizi e tendente all’accertamento di una
qualificata probabilità di colpevolezza, così come affermato dalle Sezioni unite in
un risalente intervento chiarificatore (cfr. Sez. U, n. 11 dell’08/07/1994, Buffa,
Rv. 198212).
Questo orientamento ermeneutico, dal quale questo Collegio non intende
discostarsi in questa sede processuale, ha trovato ulteriore conforto in recenti
pronunzie di questa Corte (cfr. Sez. 4, sent. n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv.
255460).
Tali ragioni impongono di ritenere inammissibili le doglianze difensive.

2. Passando a considerare le doglianze difensive proposte, deve innanzitutto
rilevarsi l’infondatezza del primo motivo di ricorso, relativo all’inquadramento
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di chiarire che, in tema di misure cautelari personali, allorché «sia denunciato,

dell’ipotesi delittuosa contestata, non potendosi dubitare della volontà omicida
del Gonzales Nicosia, attesa la convergenza degli elementi indiziari acquisiti
nell’immediatezza dei fatti, che ha portato a escludere che l’indagato, sparando
all’indirizzo del Terrazzino e dell’Afdhali tre colpi di pistola, intendesse limitarsi a
minacciare o a intimidire le vittime.
Sul

piano dell’elemento soggettivo,

tale

ricostruzione dei fatti,

correttamente, si riteneva avvalorata dalle dichiarazioni del Terrazzino e
dell’Afdhali, convergenti nell’affermare che l’indagato, dopo il litigio avvenuto

che era intervenuto per separare i due contendenti. Sul punto, a pagina 2
dell’ordinanza impugnata, venivano richiamate le dichiarazioni del Terrazzino, il
quale riferiva che, dopo essersi allontanato dal luogo dell’iniziale alterco, il
Gonzales Nicosia, a bordo della sua autovettura, giungeva nei pressi della sua
abitazione e, sceso dal veicolo, aveva trovato sul posto lo stesso Terrazzino che
lo aveva allontanato fisicamente, venendo minacciato di morte dall’indagato.
Analoghe dichiarazioni venivano rese dall’Afdhali, nel passaggio esplicitato
a pagina 2 del provvedimento in esame, il quale precisava che, dopo che il
Terrazzino, lo aveva condotto, insieme alla sua compagna, presso la propria
abitazione, aveva visto passare il Gonzales Nicosia che aveva minacciato se
stesso e il Terrazzino di morte.
Le minacce di morte, infine, venivano ribadite dalla compagna dell’Afdhali,
Hilda Caron Caruana, che riferiva che l’indagato, dopo l’alterco avvenuto in
piazza Umberto I, aveva minacciato di morte il proprio compagno.
Ne discende che gli elementi indiziari acquisiti, allo stato degli atti,
impongono di ritenere correttamente esclusi intenti criminosi alternativi rispetto
a quello omicida correttamente contestato al ricorrente.

2.1. Sul piano dell’elemento oggettivo del reato e del correlato requisito
dell’idoneità degli atti compiuti dall’indagato, deve rilevarsi che il presupposto sul
quale il ricorrente fonda il suo assunto difensivo – così come integrato dalle
memorie difensive depositate all’udienza del 28/10/2015 – secondo cui
l’imputato si era limitato a sparare indistintamente all’Afdhali e al Terrazzino, con
un percorso motivazionale corretto, si riteneva smentito dalla sequenza
dell’azione delittuosa, nel valutare la quale occorreva tenere conto della
vicinanza delle due vittime e della breve distanza dalla quale i colpi di pistola
venivano esplosi.
Si consideri, in proposito, che i tre colpi venivano esplosi dall’indagato
all’indirizzo del Terrazzino e dell’Afdhali – che si trovavano distanziati tra loro di
appena un metro – da una distanza di pochi metri e ad altezza d’uomo, come
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nella piazza Umberto I di Realmonte, aveva minacciato di morte il Terrazzino,

evidenziato nei passaggi motivazionali esplicitati nelle pagine 2 e 3 del
provvedimento impugnato; tali dati, secondo il tribunale del riesame, non
consentivano una lettura alternativa del compendio indiziario, anche a volere
tenere conto della ricostruzione del luogo del delitto – peraltro meramente
ipotetica e involgente questioni di fatto non deducibili in sede di legittimità posta a fondamento delle memorie difensive sopra citate.
La conferma di tale ricostruzione dinamica dei fatti delittuosi, correttamente,
veniva ritenuta avvalorata dal luogo del ritrovamento dei tre bossoli, rinvenuti a

Realrnonte, dove risiedeva il Terrazzino.
Per converso, la ricostruzione dei fatti prospettata dalla difesa del ricorrente,
in ordine alle finalità meramente ritorsive o intimidatorie della sua azione
armata, non risulta confermata dalle dichiarazioni delle vittime, che non
~1-tconsentdribydi affermare che il ricorrente avesse sparato al loro indirizzo per

finalità diverse da quelle contestate, proprio perché i colpi venivano esplosi in un
momento in cui il Terrazzino e l’Afhdali si trovavano affiancati e potevano essere
colpiti con maggiore facilità.
Sulla scorta di tale ricostruzione dell’aggressione armata del Gonzales
Nicosia e delle circostanze di tempo e di luogo in cui maturava la sua
determinazione omicida, il Tribunale del riesame di Palermo, tenuto conto della
fase cautelare, esprimeva un giudizio congruo sull’idoneità degli atti posti in
essere dall’indagato a provocare la morte dei destinatari dei suoi colpi di pistola,
per valutare la quale è utile richiamare la giurisprudenza di questa Corte,
secondo cui: «L’idoneità degli atti, richiesta per la configurabilità del reato
tentato, deve essere valutata con giudizio “ex ante”, tenendo conto delle
circostanze in cui opera l’agente e delle modalità dell’azione, in modo da
determinarne la reale adeguatezza causale e l’attitudine a creare una situazione
di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto» (cfr. Sez. 1, n. 27918
del 04/03/2010, Resa, Rv. 248305).
Tali ragioni impongono di ritenere inammissibile la doglianza esaminata.

3. Analogo giudizio di inammissibilità deve esprimersi con riferimento al
secondo motivo di ricorso, con cui si censurava il percorso motivazionale seguito
nel provvedimento impugnato, atteso che non ci si era soffermati sulle esigenze
cautelari che giustificavano la misura applicata all’indagato.
Deve, invero, rilevarsi che la manifesta infondatezza della doglianza in
esame discende dalle considerazioni espresse nei due paragrafi precedenti,
essendo la censura proposta collegata alla ricostruzione della dinamica della
vicenda delittuosa, da cui emergeva la pervicacia del progetto criminoso del
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poca distanza l’uno dall’altro, nei pressi del numero civico 16 della via Firenze di

ricorrente, per perseguire il quale, dopo l’iniziale alterco, l’indagato si metteva
alla ricerca del Terrazzino e dell’Afhdali, trovati i quali, dapprima, li minacciava di
morte e, successivamente, esplodeva al loro indirizzo i colpi di pistola in
contestazione. La persistenza di tale progetto criminoso, del resto, trae conferma
dalle convergenti dichiarazioni del Terrazzino, dell’Afhdali e della Caron Caruana,
sul punto sovrapponibili.
Non corrisponde, in ogni caso, al vero che nell’ordinanza impugnata non ci si
soffermava in termini motivazionali congrui sui profili cautelari dedotti, atteso

venivano richiamate la pervicacia mostrata dal ricorrente nel perseguire i suoi
obiettivi delittuosi, a fronte delle ragioni che avevano dato luogo all’originario
litigio con l’Afdhali; l’incapacità del ricorrente, dopo l’alterco iniziale, di attivare i
propri freni inibitori, evitando che la propria condotta esiziale producesse ulteriori
conseguenze; la spregiudicatezza e la propensione a delinquere dell’indagato,

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rese evidenti dalle circostanze di fatto nelle quali maturava e si concretizzava il

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tentato omicidio del Terrazzino e dell’Afhdali.

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I< gut i - Le 9 co O i Ne discende conclusivamente l'inammissibilità del secondo motivo di ricorso. 4. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell'interesse di Filippo Gonzales Nicosia deve essere dichiarato inammissibile, con la sua condanna al pagamento o -.I delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di E "- co E d cc una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.000,00 euro, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. A tali statuizioni consegue, a cura della cancelleria, la trasmissione di copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle Ammende. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94, comma 1 cod. proc. pen. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 ottobre 2015. ter, disp. att., che, su di essi, ci si soffermava esaustivamente nelle pagine 8 e 9, nelle quali

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