Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37765 del 31/07/2018


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Penale Sent. Sez. F Num. 37765 Anno 2018
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 31/07/2018

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOZKURT ABDULLAH N. IL 02/11/1991
avverso la sentenza n. 6201/2016 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
16/04/2018
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/07/2018 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. C A 020(A De,-zc (n
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. GCc

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r.l41/J-Q 1-3

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RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, in
parziale riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Grosseto il
16.05.2016, nei confronti di Bozkurt Abdullah, in riferimento ai reati di furto e altro
indicati in rubrica, rideterminava la pena originariamente inflitta e confermava nel
resto. Il Collegio rilevava l’infondatezza del motivo di censura con il quale

furto. Sul punto, in sentenza si evidenzia: che la querela era stata sporta da
Morosini Patrizia, in forza di delega formalizzata dalla rappresentante legale
dell’esercizio commerciale ove il furto era stato consumato; e che la Morosini, quale
responsabile del negozio, aveva pure autonoma legittimazione alla proposizione
della querela, secondo l’insegnamento espresso dal diritto vivente.

2. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto ricorso
per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore.
Con unico motivo la parte deduce la violazione di legge, in relazione all’art.
337 cod. proc. pen.
L’esponente reitera l’eccezione relativa alla carenza dei poteri di
rappresentanza in capo alla commessa che ebbe a sporgere querela. A sostegno
dell’assunto la parte richiama arresti giurisprudenziali sui poteri del legale
rappresentante di una persona giuridica, rispetto alla proposizione dell’atto di
querela. E rileva che, nel caso di specie, la delega in favore della persona fisica che
ebbe a formalizzare la querela, risulta generica e di incerta provenienza. Cita infine
una sentenza di merito, ove si è affermato che la legittimazione a proporre querela
in relazione a reati patrimoniali commessi ai danni di una società spetta solo al
legale rappresentante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno da tempo
chiarito che il bene giuridico protetto dal delitto di furto è individuabile non solo
nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità – che si
configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce
in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale
posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la
2

l’appellante lamentava il difetto della condizione di procedibilità, rispetto al reato di

legittimazione a proporre querela. In applicazione del richiamato principio, le
Sezioni Unite hanno riconosciuto al responsabile di un supermercato la
legittimazione a proporre querela (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv.
255975).
Si tratta di insegnamento costantemente seguito dalle sezioni semplici della
Corte regolatrice. Infatti, si è pure affermato che il diritto di querela per il delitto di
truffa spetta, indipendentemente dalla formale attribuzione del potere di

personalmente occupato, trovandosi al bancone di vendita, della transazione
commerciale con cui si è consumato il reato, assumendo egli, in quel frangente, la
responsabilità in prima persona dell’attività del negozio e rivestendo pertanto la
titolarità di fatto dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice (Sez. 2, n.
50725 del 04/10/2016 Filannino, Rv. 26838201).
2.1. E bene, il ricorso che occupa risulta manifestamente infondato, posto che
il ricorrente omette di confrontarsi con i richiamati principi, espressi dal diritto
vivente, che vengono specificamente in rilievo nel caso in esame.
La Corte di Appello, invero, nel censire il motivo di doglianza oggi riproposto
dalla difesa, ha chiarito che la legittimazione a proporre querela, in capo alla
dipendente Morosini Patrizia, discendeva sia dalla delega versata in atti rilasciata
dal titolare del negozio, sia dalla circostanza che fu la stessa Morosini, presente
nell’esercizio commerciale nel momento in cui si consumava il fatto criminoso, ad
accorgersi che un cliente, il quale si stava provando un paio di occhiali, si era
repentinamente allontanato dal negozio, facendo scattare l’allarme. In sentenza si
precisa inoltre che fu la Morosini a verificare che la mancanza di una montatura per
occhiali marca Prada e a fornire ai Carabinieri la descrizione del cliente, resosi
responsabile del furto.
Come si vede, la censura afferente al difetto della condizione di procedibilità
del delitto di furto, basata sulla genericità dell’atto di delega, oltre che
manifestamente infondata, risulta pure del tutto aspecifica, rispetto al percorso
motivazionale posto a fondamento della sentenza impugnata.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 alla
Cassa delle Ammende.

rappresentanza, anche all’addetto di un esercizio commerciale che si sia

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 31 luglio 2018.
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Andrea Montagni

Vito Di Nicola

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