Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37760 del 21/06/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37760 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
SuA ricors propost4 da:
1. TRICARICO DOMENICO
2. LAURIA FABIO

n. il 24.10.1946

n. il 5.12.1975

avverso la sentenza n. 1028/12 della Corte d’appello di Milano – del
8.02.2012.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 21 giugno 2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott.ssa Maria
Giuseppina Fodaroni che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

L’Avv. Alberto Longo, difensore del Lauria, e l’avv. Meda Massimiliano,
difensore del Tricarico, concludono per l’accoglimento dei rispettivi
ricorsi.

-t-

oe,

Data Udienza: 21/06/2013

RITENUTO IN FATTO

TRICARICO Domenico e LAURIA Franco

ricorrono in Cassazione

avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Milano di
conferma della sentenza di condanna emessa nei loro confronti dal GIP del
Tribunale dello stesso capoluogo del 20.07.2011 in ordine a più delitti di cui
agli artt. 81 cpv. e 110 c.p. e 73 d.P.R. 309/90.
Il TRICARICO, premette di aver proposto appello per vari motivi, tra cui

rispettivamente tra i delitti di cui ai capi da 45 a 50 e quelli di cui ai capi 51, 52
e 58, nonché la mancata concessione delle attenuanti generiche in misura
prevalente rispetto alla recidiva e l’insussistenza del

periculum in mora con

riferimento al sequestro conservativo delle somme di danaro sequestrate in suo
danno. Denuncia vizio di motivazione della sentenza impugnata con riferimento
alle censure poste: a) relativamente alla pena irrogata a titolo di
continuazione, la Corte riconosceva la mancanza di motivazione sul punto della
sentenza del GIP, tuttavia non ha colmato il vuoto argomentativo e, non
trovando una ragionevole spiegazione per i differenti aumenti in continuazione
applicati dal GIP, è incorsa nel medesimo vizio di carenza di motivazione, in
quanto omette di giustificare per quale ragione, pur avendo i capi d’imputazione
contestati al TRICARICO ad oggetto identici episodi di spaccio di stupefacenti,
per alcuni gli aumenti sono stati quantificati in mesi uno di reclusone e per altri
in mesi due.
Quanto al ritenuto periculum in mora, posto a base del provvedimento di
sequestro conservativo delle somme di danaro rinvenute in possesso del
ricorrente, si evidenzia che la Corte meneghina non solo ha dimostrato di
aderire passivamente alle conclusioni del GIP, ma ha omesso completamente di
considerare i dati esposti dalla difesa con l’atto di appello.
Il

LAURIA

con il

primo motivo

denuncia contraddittorietà della

motivazione per disparità di trattamento sanzionatorio con riferimento alla
posizione del coimputato Montagna.
Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in ordine al mancato
riconoscimento dell’attenuante speciale di cui al comma V dell’art. 73 d.P.R.
309/90, laddove pur riconoscendo in motivazione, con riferimento alla posizione
processuale del ricorrente, la rilevanza dell’attenuante invocata, tuttavia essa
non viene riconosciuta in dispositivo. Il LAURIA a sostegno della richiesta di
applicazione dell’attenuante in parola fa riferimento che i capi contestati sono
tutti relativi ad un’attività di piccolo spaccio destinato a soggetti maggiorenni, e

…….2_ _

quello riguardante la diversa entità della pena irrogata per la continuazione,

per altro la serialità delle cessioni non esclude, diversamente da come ritiene la
Corte, la ricorrenza dell’attenuante poiché la lieve entità del fatto è compatibile
con la condotta di spaccio non occasionale. Errata è, poi. La valutazione per la
quale il LAURIA abbia avuto un contributo casualmente rilevante alla dazione
della droga custodita da Di Lorenzo nella sua abitazione„ dal momento che il
LAURIA non è risultato avere alcuna posizione di preminenza nella catena di
distribuzione dello stupefacente. Il LAURIA era un semplice pusher per il Di
Lorenzo.

adduce che la Corte non svolge adeguata motivazione in merito alla valutazione
di tutte le risultanze investigative e processuali come acquisite, sintetizzando
alcuni passaggi della sentenza di primo grado, anch’essa carente di
motivazione, e non valutando i punti di gravame proposti dalla difesa, ed in
particolare appare contraddittoria laddove ha riconosciuto l’attenuante speciale
per alcuni coimputati ancorché le loro posizioni siano sostanzialmente identiche
a quelle del LAURIA, si fa riferimento alla posizione del Montagna.
Si precisa infatti che il solo Di Lorenzo si trovava in posizione verticistica,
agiva come detentore della sostanza stupefacente e fissava le modalità ed il
prezzo degli scambi, smerciandola attraverso giovani tossicodipendenti, quali
erano il LAURIA ed il Montagna Né appare elemento diversificativo la
circostanza, eccessivamente valorizzata dai giudici, che egli detenesse le chiavi
dell’appartamento del Di Lorenzo, in quanto il ricorrente accedeva
all’appartamento del Di Lorenzo esclusivamente per prelevare, quando questi
era assente, le dosi già confezionate e richieste via telefono. E’ illogico, quindi,
per il ricorrente ritenere una sua posizione quasi paritetica a quella del Di
Lorenzo. Per altro / anche gli altri coimputati si recavano a casa del Di Lorenzo
per fornirsi di droga da consegnare ai clienti su indicazione del Di Lorenzo
stesso a mezzo delle chiavi da lui consegnate.
Con il quarto motivo si deduce contraddittorietà della motivazione sempre
con riferimento alla disparità di trattamento sanzionatorio del ricorrente rispetto
ad altri correi.
RITENUTO IN DIRITTO
I motivi esposti sono infondati sicché i ricorsi vanno rigettati.
Quanto alla primaria censura del TRICARICO, circa la incongruità della
motivazione relativamente alla misura della pena ritenuta a titolo di
continuazione, si evidenzia che la Corte milanese ha evidenziato che l’aumento
di pena per i reati avvinti (capi sotto i nn. 48, 51 e 52) dal vicolo della
continuazione effettuato dal primo giudice nella misura di mesi due è adeguata

Con il terzo motivo si denuncia altro vizio di motivazione in quanto si

alla gravità dei fatti contestati, non altrettanto adeguato è invece l’aumento di
un mese di reclusione, in riferimento ad altri reati (capi da 45 a 50), anch’essi
ritenuti in continuazione con quello più grave. Dunque, non emerge la
denunciata carenza di motivazione in sentenza, infatti la Corte distrettuale,
ritenendo tutti i reati avvinti dalla continuazione di pari gravità ed,
evidenziando correttamente che il primo giudice non aveva esposto le ragioni
che avevano determinato una diversificazione di pena, applicata tale titolo, ha
formulato un giudizio di congruità per quella di mesi due di reclusione, non

pena per i reati cui era stata applicata la pena di un mese di reclusione.
In ordine al motivo concernente la dedotta insussistenza del periculum in
mora posto a base del sequestro conservativo della somma di danaro, già
sottoposta a sequestro probatorio nella fase delle indagini, la motivazione sul
punto dell’impugnata sentenza è pienamente condivisibile in quanto aderente al
dato normativo ed alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui ricorre il
“periculum in mora”, presupposto del sequestro conservativo, se il rischio di
perdita delle garanzie del credito sia apprezzabile in relazione a concreti e
specifici elementi riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura del bene
oggetto del sequestro e, dall’altro, la situazione di possibile depauperamento
del patrimonio del debitore, da porsi in relazione con la composizione del
patrimonio stesso, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto
assunto dal debitore medesimo (V. da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 20923 del
15/03/2012 Cc. Rv. 252865). Nel caso di specie la Corte del merito ha
evidenziato che il sequestro è stato disposto nei confronti di un imputato privo
di beni patrimoniali e di attività lavorativa, lecita e stabile, sicché egli non è
certamente in grado di fornire alcuna concreta ed effettiva garanzia di poter far
fronte alle proprie obbligazioni verso l’erario dello Stato per il pagamento della
pena pecuniaria inflittagli, delle spese processuali e di ogni altra somma
eventualmente dovuta.
Quanto al ricorso del LAURIA, articolato su quattro motivi, sostanzialmente
il ricorrente critica la sentenza impugnata con riferimento alla quantificazione
della pena evidenziando contraddittorietà della motivazione per disparità di
trattamento con altro coimputato (Montagna) sia con riferimento al mancato
riconoscimento dell’attenuante speciale di cui al comma V dell’art. 73 d.P.R.
309/90, che ad una valutazione erronea delle condotte contestate.
Innanzitutto, la Corte del merito, su specifica doglianza della difesa, ha ben
evidenziato che non è stata operata alcuna disparità di trattamento quanto alla
dosimetria della pena con il coimputato Montagna Davide, non ricorrente. Per

procedendo ovviamente, per il divieto di reformatio in pejus, ad aumentare la

altro, con i motivi di appello, quest’ultimo ebbe a rappresentare alla Corte la
stessa doglianza, ed, in sentenza, bene viene sottolineato che l’attenuante
speciale è stata negata al LAURIA, a differenza del coimputato, per il rapporto
fiduciario che lo legava al Di Lorenzo – dominus dell’attività di spaccio nella
zona di Settimo Milanese – tanto che il LAURIA era custode delle chiavi
dell’abitazione ove il Di Lorenzo custodiva la sostanza stupefacente, che veniva,
di volta in volta, prelevata dal ricorrente per l’attività di spaccio. E proprio con
la conclamata e sistematica attività di spaccio svolta dal LAURIA è stata ritenuta

principi giurisprudenziali espressi da questa Corte, la minima offensività della
condotta.
In definitiva la Corte milanese ha dato ben conto del percorso
argomentativo svolto dal GUP circa i criteri di quantificazione della pena e da
essa recepito, non tralasciando si osservare che la determinazione della misura
della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra, invece, nell’ampio potere
discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia
valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. (da
ultimo, Cass., Sez. 4″, 13 gennaio 2004, Palumbo) A ciò dovendosi aggiungere
che non è neppure è necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la
scelta del giudice risulta contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena
edittale (di recente, Cass., Sez. 4″, 4 dicembre 2003, Cozzolino ed altri).
Nella specie, risulta evidente che il potere discrezionale in punto di
trattamento dosimetrico, alla luce della pena inflitta, è stato dal giudice
correttamente esercitato, con la concessione delle attenuanti generiche, così
dimostrando di aver tenuto conto degli elementi indicati nell’art. 133 c.p..
Al rigetto die ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta I ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 21 giugno 2013.

incompatibile la invocata attenuante, dovendosi escludere, in aderenza ai

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