Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37758 del 21/06/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 37758 Anno 2013
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Su)Iricorsq propostsp da:
1. LORENZETTI MORRIS

n. il 23.06.1967

2.MIRKOVIC PESOLA SANIA

n. il 30.07.1977

3.CORRADO MARCO JUNIOR

n. il 30.08.1978

avverso la sentenza n. 1028/12 della Corte d’appello di Trieste – del
4.07.2012.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 21 giugno 2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott.ssa Maria
Giuseppina Fodaroni che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

L’Avv. Alessandra Asseta, in sostituzione dell’avv. Sardella Costantino,
difensore della parte civile, chiede dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso.
L’avv. Scillitano Marco, difensora di fiducia del ricorrente, chiede
accogliersi il ricorso.

Data Udienza: 21/06/2013

RITENUTO IN FATTO
LORENZETTI Morris, MIRKOVIC in PESOLA Saja e CORRADO Marco
Junior ricorrono in Cassazione avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della
Corte d’appello di Trieste di conferma della sentenza di condanna emessa nei
loro confronti dal GUP del Tribunale dello stesso capoluogo 1’1.02.2012 in ordine
a più delitti di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R. 309/90.
Il LORENZETTI, con il primo motivo, denuncia violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione alla mancata assoluzione. Premesso che l’affermazione

intercettazioni telefoniche, si argomenta che la sentenza offre una motivazione
apparente, laddove si riportano conversazioni tra l’imputato e terze persone
valutate in modo acritico come probanti avvenuti episodi di cessione.
Si evidenzia che, di fronte ad espressioni che possono essere interpretate in
tutt’altro modo, non si evince il percorso logico-giuridico che ha portato la Corte
ad affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, la sussistenza dei fatti contestati.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante speciale di cui
all’art. 73, co. V. d.P.R. 309/90. si espone che la Corte triestina ha motivato la
propria decisione sul punto sull’asserita impossibilità di mitigare la pena in
presenza della forma più grave di recidiva contestata ed applicata e sulla base
del fatto che l’imputato è stato raggiunto in precedenza da più sentenze di
condanna, una in materia di sostanze stupefacenti ed altra per reati contro il
patrimonio, e vengono, altresì apprezzati negativamente il fatto attinente al dato
ponderale ed il rilievo che la condotta si sarebbe collocata in un contesto di
spaccio sistematico al minuto.
Si censura la motivazione evidenziandosi come la Corte abbia travisato la
reale portata dei fatti ascritti al ricorrente. Il LORENZETTI è stato raggiunto da
un solo precedente penale riguardante gli stupefacenti e quindi non pare che tale
dato sia rilevante ai fini del giudizio di lievità della condotta, nel mentre la
sistematicità dello spaccio appare contraddetta dal fatto stesso che l’imputato è
stato condannato per soli cinque episodi, elemento questo che risulta incoerente
rispetto alla pretesa sistematicità.
Inoltre si rappresenta che la recidiva poteva ben essere esclusa.
La ricorrente MIRKOVIC denuncia vizio di motivazione della sentenza
fondandosi l’affermazione di responsabilità su risultanze processuali tutt’altro
che univoche; è la stessa Corte ad affermare che la ricorrente è “stata coinvolta
nel procedimento a causa del marito”, e l’affermazione evidenzia tutta la
illogicità della condanna. Ed, infatti, quanto all’episodio di cessione del

di responsabilità nei suoi confronti è fondata esclusivamente sulle risultanze delle

18.02.2011, l’ipotesi accusatoria non ha trovato alcun riscontro, basandosi il
convincimento di colpevolezza dei giudici, che hanno ritenuto la MIRKOVIC come
“intermediaria” dell’acquisto di droga, sulla base delle dichiarazioni del
CORRADO e delle intercettazioni captate sull’utenza del PESOLA Franco,
laddove l’unico elemento, per altro del tutto neutro, è dato dalla dichiarazione
del Corrado secondo cui il PESOLA lo incaricò di accompagnare la moglie in
Slovenia in cambio di un grammo e mezzo di eroina. Ma la MIRKOVIC come
affermato dal marito, non si recò in Slovenia per acquistare droga, ma solo per

supermercati della Slovenia più convenienti per i prezzi inferiori dei prodotti. Per
altro, sebbene la P.G. avesse disposto un servizio di osservazione per seguire
l’auto con a bordo il Corrado e la MARKOVIC, i verbalizzanti nulla hanno potuto
riferire. Né può ritenersi elemento univoco di prova un’intercettazione in base
alla quale “al rientro in Italia Pesola disse alla moglie che avrebbe dovuto portare
lo stupefacente a Bernabich, cosa che fece direttamente il Corrado”,., in quanto il
fatto che la MORKOVC avatMe ricevuto ordini dal marito, poi eseguito da altra
persona, più che dimostrare il coinvolgimento della ricorrente, prova la sua
estraneità alla dazione, apparendo verosimile che essa si è rifiutata di fare quello
che il marito le aveva chiesto.
La motivazione della sentenza appare ancor più illogica in riferimento
all’accusa di cui al capo L) di importazione di 46,86 grammi in Italia il 3.03.2011.
Ed invero, il servizio di osservazione svolto dalla Polizia Slovena permetteva di
appurare unicamente che la MORKOVIC, unitamente al Bernabich, si recava in
Portorose ove entrambi incontravano il fornitore sloveno, successivamente, come
emerge dall’annotazione di P.G., la vettura faceva rientro in Italia con a bordo il
Bernabich a cui venivano sequestrati i circa 50 grammi di droga.
CORRADO Marco Junior denuncia violazione di legge per essere stata
inflitta una pena (anni due di reclusione ed € 6.000,00 di multa) superiore al
minimo concedibile. Si argomenta che per il ruolo marginale svolto dal
ricorrente, riconosciuto dai giudici del merito, la pena da comminare avrebbe
dovuto essere equa e commisurata all’effettivo disvalore del fatto reato
consumato.

RITENUTO IN DIRITTO
I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
I motivi posti a base dei ricorsi dei primi due ricorrenti, con riferimento alla
ritenuta responsabilità per i reati rispettivamente contestati, non sono consentiti
nel giudizio di legittimità.

fare la spesa, come la maggior parte dei cittadini di Trieste, che trovano i

Il problema che si pone a questa Corte è, invero, quello di verificare se i
giudici di merito abbiano logicamente giustificato la loro valutazione sulla
sufficienza degli elementi di natura indiziaria acquisiti al processo al fine di
pervenire all’affermazione che LORENZETTI e MIRKOVIC PESOLA dovevano
ritenersi, in riferimento alle rispettive imputazioni, responsabili della detenzione
illegale e della cessione a fine di lucro di sostanza stupefacente a terzi, e se
abbiano correttamente applicato i criteri di valutazione della prova indiziaria
previsti dall’art. 192 c.p.p..

ricorrente ha indicato, come motivo della sua impugnazione, il vizio di manifesta
illogicità della motivazione della decisione gravata, non avendo, però,
prospettato alcuna reale contraddizione logica, intesa come implausibilità delle
premesse dell’argomentazione, irrazionalità delle regole di inferenza, ovvero
manifesto ed insanabile contrasto tra quelle premesse e le conclusioni; ne’
essendo stata lamentata, come pure sarebbe stato astrattamente possibile, una
incompleta descrizione degli elementi di prova rilevanti per la decisione, intesa
come incompletezza dei dati informativi desumibili dalle carte del procedimento.
Il ricorrente, invero, si è limitato a criticare il significato che la Corte di
appello di Trieste aveva dato al tenore delle conversazioni intercettate durante la
fase delle indagini. E, tuttavia, bisogna rilevare come il ricorso, lungi dal
proporre un “travisamento delle prove”, vale a dire una incompatibilità tra
l’apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti
del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell’intera motivazione,
è stato presentato per sostenere, in pratica, un’ipotesi di “travisamento dei fatti”
oggetto di analisi, sollecitando un’inammissibile rivalutazione dell’intero
materiale d’indagine, rispetto al quale è stata proposta dalla difesa una
spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dalla Corte territoriale
nell’ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente.
Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio di
diritto secondo il quale, a seguito delle modifiche dell’art. 606 cod. proc. pen.,
comma 1, lett. e), ad opera della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8 mentre è
consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di “travisamento della
prova”, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio
convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova
obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è affatto
permesso dedurre il vizio del “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il
giudice di legittimità a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che,

—4—

Ebbene, quanto alla primaria censura del LORENZETTI solo formalmente il

in tal caso, si domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione
estranea al giudizio di legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli
elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (così, tra le
tante, Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623; Sez. 5, n. 39048
del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215). E questo è tanto più vero laddove con
l’impugnazione venga posto un mero problema di interpretazione delle frasi e del
linguaggio usato dai soggetti interessati alle conversazioni intercettate,
trattandosi di questione di fatto, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito,

valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (così,
ex plurimis, Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, Gionta, Rv. 239724).
La motivazione contenuta nella sentenza impugnata possiede, dunque, una
stringente e completa capacità persuasiva, nella quale non sono riconoscibili vizi
di manifesta illogicità, avendo la Corte territoriale analiticamente e
convincentemente -oltre ad evidenziare che per le cessioni contestate ai capi A
e B vi era confessione dell’imputato – spiegato le ragioni (V. pagg. 4- 6 della
sentenza) per le quali il tenore delle conversazioni, per ogni singola imputazione,
captate dagli inquirenti fosse inequivocabile e consentissero l’unica
interpretazione possibile riferentesi alla cessione illegale di sostanze
stupefacenti.
Quanto, poi, alla censura relativa al mancato riconoscimento
dell’attenuante speciale di cui all’art. 73 comma V del d.P.R. 309/90, essa
appare manifestamente infondata risultando la motivazione dell’impugnata
sentenza sul punto pienamente condivisibile in quanto conforme al dettato
normativo ed alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la circostanza
attenuante speciale del fatto di lieve entità può essere riconosciuta soltanto
nell’ipotesi di minima offensività penale della condotta, da escludersi nel caso di
specie in considerazione della provata reiterazione delle condotte che sono
state attuate un contesto di spaccio sistematico al minuto.
Altrettanto congrua è la motivazione nella parte riguardante la ritenuta
recidiva.
Con riguardo alle censure poste a base del ricorso della MARKOVIC
PESOLA, come già evidenziato in premessa, anche esse implicano una
rivalutazione delle risultanze probatorie. Se è pur vero, come rileva la ricorrente,
che la Corte triestina ha dato atto che essa è stata coinvolta nel procedimento a
causa del marito (PESOLA Franco non ricorrente), è stato comunque ben
evidenziato che i risultati delle prove acquisite pongono in evidenza una sua
partecipazione attiva nella consumazione dei delitti a lei contestati in concorso

che si sottrae al giudizio di legittimità se – come nella fattispecie è accaduto – la

con il marito e con gli altri coimputati, e non di mera connivenza come si
pretende far apparire.
Ci si riporta a quanto già esposto in merito alla valutazione delle
intercettazioni telefoniche che coinvolgono anche la ricorrente da cui emerge
inequivocabilmente che essa assume il ruolo di intermediario ricevendo dal
marito le indicazioni sulla persona a cui la droga deve esser destinata anche se
materialmente la consegna viene eseguita dal coimputato CORRADO.
Da ultimo per quanto riguarda le critiche rivolte dal CORRADO alla

Corte ha dato ben conto del percorso argomentativo svolto dal GUP circa i criteri
di quantificazione della pena e da essa recepito, non tralasciando si osservare
che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale
rientra, invece, nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale
assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli
elementi indicati nell’art. 133 c.p. (da ultimo, Cass., Sez. 4″, 13 gennaio 2004,
Palumbo) A ciò dovendosi aggiungere che non è neppure è necessaria una
specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta contenuta in
una fascia medio bassa rispetto alla pena edittale (di recente, Cass., Sez. 4″, 4
dicembre 2003, Cozzolino ed altri).
Nella specie, risulta evidente che il potere discrezionale in punto di
trattamento dosimetrico, alla luce della pena inflitta, è stato dal giudice
correttamente esercitato, con la concessione delle attenuanti generiche, così
dimostrando di aver tenuto conto degli elementi indicati nell’art. 133 c.p..
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
.1
,
ricorrenti al pagamento delle
Dichiara inammissibili /L ricorsi e condanna

A,

spese processuali e ciascuno a quello della soma di € 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 21 giugno 201
Il Consigliere estensore

Il Pre idente

dosimetria della pena se ne evidenzia la manifesta infondatezza atteso che la

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