Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3774 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3774 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MELITA TERESA N. IL 20/02/1960
avverso la sentenza n. 28764/2011 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 30/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;
(ette/sentite le conclusioni del PG Dott. t ku-e-A-L scAP.mcc L ort-E

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Data Udienza: 03/10/2013

N.972/13-RUOLO N.21 C.C.P. (2257)

RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 30 maggio 2012 la quinta sezione di questa Corte di
Cassazione ha respinto il ricorso proposto da MELITA Teresa avverso la sentenza
del 15 maggio 2009, con la quale la Corte d’appello di Catania aveva confermato
la pena inflittagli dal Tribunale di Catania per il reato di bancarotta patrimoniale,
commesso quale amministratrice di diritto della s.r.l. “GIS IMMOBILIARE”,

2.Avverso detta sentenza della Corte di Cassazione MELITA Teresa propone
ricorso straordinario per cassazione ex art. 625 bis cod. proc. pen. per il tramite
del suo difensore, che ha dedotto errore di fatto, ravvisato nella mancata
declaratoria di estinzione del reato ascrittogli per intervenuta prescrizione;
invero, nella specie, la maturazione della prescrizione risultava dalla mera lettura
degli atti, in forza di un calcolo matematico che il giudice di legittimità era tenuta
a fare, in quanto la declaratoria di estinzione non derivava dall’applicazione di
giudizi valutativi o di apprezzamento dei fatti, di cui era processo.
D’altra parte nella specie in esame il giudizio di legittimità era stato ritenuto
ammissibile, con conseguente legittima e rituale instaurazione del giudizio di
impugnazione, si che la prescrizione maturata in epoca successiva alla pronuncia
della sentenza di appello ed alla presentazione dei motivi di ricorso per
cassazione, ma comunque nel corso del giudizio legittimamente incardinato
innanzi a quest’ultima Corte, avrebbe senz’altro imposto la pronuncia di una
sentenza di non doversi procedere, essendo chiaro l’errore di fatto in cui il
gravato provvedimento era incorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto da MELITA Teresa è infondato.

2.La ricorrente impugna innanzi a questa Corte, ex art. 625 bis cod. proc. pen.,
la sentenza resa nei suoi confronti dalla quinta sezione penale di questa Corte di
Cassazione il 30 maggio 2012, ritenendo che la stessa sia incorsa in errore
materiale, per non aver ritenuto che il reato ascrittole fosse all’epoca ormai
prescritto.

3.E’ noto che il ricorso straordinario per errore di fatto, di cui all’art. 625 bis
c.p.p., è uno speciale mezzo di impugnazione introdotto non per dedurre
eventuali errori valutativi o di giudizio, si da far luogo ad un ulteriore grado di
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dichiarata fallita il 2 settembre 1998.

giudizio, non previsto dal nostro sistema processuale penale e tale da porsi in
contrasto con il principio della ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111
secondo comma della Costituzione, ma al solo fine di porre riparo a mere sviste
od errori di percezione nei quali sia incorso il giudice di legittimità, la cui
presenza sia immediatamente e palesemente percepibile sulla base di un
semplice controllo del contenuto del ricorso e che siano stati determinanti
nell’assunzione della decisione, la quale pertanto sarebbe stata sostanzialmente
diversa, se le sviste o gli errori di percezione non si fossero verificati (cfr. Cass.
5^, 5.4.05 n. 37725, Rv. 232313; Cass. 6^, 19.2.08 n. 27035 Rv. 240973).

4.Questa Corte è recentemente intervenuta sul tema del ricorso straordinario per
errore di fatto sulla prescrizione del reato (cfr. Cass. SS.UU. n. 37505 del
14/7/2011, Coesini, Rv. 250528), ritenendolo ammissibile, in quanto la Corte di
Cassazione si era pronunciata su detta causa di estinzione con statuizione
risultata viziata da un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco;
anche in tale occasione è stato tuttavia ribadito il consolidato orientamento
giurisprudenziale, alla stregua del quale il ricorso straordinario non è proponibile
allorché il preteso errore sulla causa estintiva possa ritenersi derivato da una
qualsiasi valutazione giuridica o da un apprezzamento di fatto.

5.La giurisprudenza anzidetta non è pertanto applicabile alla specie in esame,
nella quale si verte nella diversa ipotesi di una sentenza della Corte di
Cassazione che, secondo la prospettazione della ricorrente, ha omesso di
applicare la prescrizione al reato ascrittole.
Nella specie invero non appare ravvisabile un errore di fatto, concernente la data
del reato, ovvero il computo di un termine prescrizionale, ovvero il conteggio di
eventuali pendi di sospensione dei termini prescrizionali.
Neppure appare riscontrabile un errore di diritto astrattamente riconducibile
all’ipotesi prevista dall’art. 609 comma 2 cod. proc. pen., in relazione all’art. 129
cod. proc. pen., atteso che, nella presente sede di legittimità, la rilevabilità
d’ufficio di qualsiasi tipo di questione deve in ogni caso coniugarsi con i limiti
propri dello scrutinio di legittimità; ed è noto che fra i doveri del giudice di
legittimità non vi è quello di attivarsi per ricercare gli elementi di fatto che
costituiscano il fondamento di dette questioni (cfr. Cass. Sez. 1 n. 26492 del
9/6/2009, Bellocco, Rv. 244039).
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percezione e l’accertamento della prescrizione invocata

dalla ricorrente non è frutto di un mero calcolo aritmetico eseguibile mediante la
semplice consultazione di un calendario, tenendo conto solo della data del reato
e del relativo termine prescrizionale; l’applicazione della prescrizione costituisce
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invero un’operazione più complessa, comportando essa la verifica dell’effettivo
decorso del termine prescrizionale nell’ambito di quello specifico procedimento e
l’accertamento di eventuali periodi di sospensione che possano essersi verificati
nel corso dei vari gradi del giudizio di merito; è quindi indispensabile esaminare
atti, di cui questa Corte non dispone nell’ambito del procedimento di cui all’art.
625 bis cod. proc. pen.
Pertanto, nella specie in esame, l’eventuale decorso del termine prescrizionale
non costituisce, di per sé solo, un dato di palmare evidenza che il giudice di

proc. pen. (cfr. Cass. SS.UU. n. 39061 del 16/7/2009, De brio, Rv. 244328;
Cass. Sez. 6 n. 21877 del 24/5/2011, C. e altro, Rv. 250263).

6.Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso in esame, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.O.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 3 ottobre 2013.

legittimità sarebbe tenuto a rilevare d’ufficio ai sensi dell’art. 609 comma 2 cod.

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