Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37730 del 19/06/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 37730 Anno 2018
Presidente: TRONCI ANDREA
Relatore: CRISCUOLO ANNA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CARROCCIA GIUSEPPE nato a GALLIPOLI il 15/02/1959

avverso la sentenza del 10/11/2017 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO;

Data Udienza: 19/06/2018

Motivi della decisione

Ne chiede l’annullamento per: 1) mancanza e manifesta illogicità della motivazione per
essersi la Corte di appello limitata a confermare la sentenza di primo grado senza alcun
approfondimento sugli elementi costitutivi del reato; 2) manifesta contraddittorietà della
motivazione, per essere la decisione fondata sulle sole dichiarazioni della persona offesa, pur non
costitita parte civile, mentre sono state ritenute irrilevanti le dichiarazioni dei testi Fiore e De
Vittorio, sebbene relative al punto centrale del processo, escludendo che il Carroccia si fosse
recato dal medico fiscale per costringerlo a dichiarare il falso, bensì a chiedergli una rettifica
dell’orario riportato nel verbale della visita di controllo, in quanto si trovava all’interno
dell’abitazione: solo dopo la risposta non garbata del medico, il ricorrente ha reagito, senza però
usare violenza o minaccia; la Corte di appello non ha accolto la richiesta di rinnovazione
dibattimentale avente ad oggetto l’acquisizione dei verbali delle visite domiciliari effettuate il 5
settembre 2012 dal dr. Morciano, che avrebbero consentito di verificare esattamente l’orario della
visita; 3) inosservanza o erronea applicazione dell’art. 133 cod. pen., in quanto la Corte di
appello ha ritenuto di valorizzare la gravità del fatto e i precedenti dell’imputato a fronte della
tenuità del fatto contestato ed alla personalità dell’imputato, che ha tenuto un comportamento
collaborativo e rispettoso, dimostrando che i precedenti remoti non hanno alcuna attualità,
cosicché potevano concedersi le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza e rideterminare
la pena.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, in quanto il ricorrente
reitera pedissequamente e con argomentazioni in fatto, le censure già formulate in appello e
disattese con motivazione lineare ed esaustiva dai giudici di appello.
Contrariamente all’assunto difensivo, l’affermazione di responsabilità è stata fondata non
solo sulle dichiarazioni della persona offesa, neppure costituitasi parte civile, il che esclude che
sia portatrice di interessi che possano minarne l’attendibilità, ma anche sulle dichiarazioni dei CC
casualmente presenti sul luogo dell’aggressione, che videro nettamente il ricorrente colpire con
calci, schiaffi e pugni la persona offesa.
A fronte di tale aggressione la prospettazione riduttiva della difesa è stata coerentemente
respinta, non potendo risultare giustificata la condotta dalla richiesta di una mera rettifica
dell’orario della visita in contrasto con la dichiarazione della persona offesa e non scalfita dalle
deposizioni dei testi circa l’orario della visita di pochi minuti dopo le ore 12.00, in quanto entro
tale ora il ricorrente doveva trovarsi presso l’abitazione.
Per le stesse ragioni deve ritenersi giustificato il rigetto dell’istanza di rinnovazione
dibattimentale.
Inammissibile per genericità è anche l’ultimo motivo, avendo i giudici ampiamente
giustificato il diniego delle attenuanti, attribuendo rilievo assorbente alla gravità della condotta,
connotata da violenza ed intensità di dolo ed ai precedenti, anche gravi ( tra i quali un tentato
omicidio in concorso), ritenuti indicativi di propensione alla violenza e di spiccata pericolosità.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende, equitativamente determinata in euro tremila.

11 difensore di Carroccia Giuseppe ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di Lecce ha confermato la sentenza emessa il 2 luglio 2014 dal
Tribunale di Lecce, che aveva dichiarato l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 336 cod.
pen. così qualificati i fatti contestati al capo a) e lo aveva condannato alla pena di mesi 9 di
reclusione.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2018

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